Attesa per il cda di Fiat in Brasile

Marchionne dei due mondi non è tenero nemmeno con le union

Ugo Bertone

La prima buona nuova dalle Americhe per il pianeta Fiat è arrivata nel pomeriggio di ieri: la Cnh, la controllata di Fiat Industrial di camion ed escavatrici che ha sede a Racine nel cuore del Midwest, ha quasi raddoppiato i profitti, trainando al rialzo il titolo Fiat Industrial del 3,3 per cento in una giornata cupa per la Borsa italiana. Un buon biglietto da visita per presentarsi ai consiglieri del Lingotto.

    La prima buona nuova dalle Americhe per il pianeta Fiat è arrivata nel pomeriggio di ieri: la Cnh, la controllata di Fiat Industrial di camion ed escavatrici che ha sede a Racine nel cuore del Midwest, ha quasi raddoppiato i profitti, trainando al rialzo il titolo Fiat Industrial del 3,3 per cento in una giornata cupa per la Borsa italiana. Un buon biglietto da visita per presentarsi ai consiglieri del Lingotto che, nel fine settimana, sono approdati alla spicciolata a Belo Horizonte per il cda Fiat, per la prima volta in quella terra carioca che ha consentito all'azienda torinese di superare l'anno orribile (meno 12 per cento di vendite in Europa). Per Fiat Industrial Marchionne ieri ha parlato di “un trimestre molto buono”, con utili netti per 353 milioni nel primo semestre (più 257 per cento rispetto a un anno fa), e ha ipotizzato un rialzo delle stime per il secondo semestre. Anche questi numeri spiegano perché oggi, sotto i cieli del Brasile, Fiat Auto compirà un altro passo verso la globalizzazione. E, di riflesso, di distacco dalla “culla” italiana. Come vuole Marchionne che, nella nuova organizzazione del gruppo da lui studiata in prima persona, assumerà direttamente sulle sue spalle, oltre all'incarico di numero uno di Fiat e di Chrysler, la gestione diretta della casa di Detroit, a dimostrazione che lì, più che nelle diatribe italiane tra Confindustria e Fiom, si gioca il futuro del “matrimonio di fatto” tra Torino e Detroit.

    Dopo l'approvazione dei conti di oggi, infatti, Marchionne annuncerà la nuova mappa del gruppo a quattro ruote, in cui c'è meno Torino. Anzi, meno Italia. Certo, alla guida di una delle quattro province dell'impero (Europa, nord America, Brasile e Asia) ci sarà un piemontese purosangue, quel Gianni Coda che potrebbe accollarsi anche la responsabilità degli acquisti sia per Fiat sia per Chrysler. Ma tra i 25 cavalieri che risponderanno direttamente al capo, secondo le anticipazioni di Automotive News, figura ben poca Italia: tra i promossi ci sarà Lorenzo Ramaciotti, ex Pininfarina, erede della grande scuola del design torinese. Ma, per il resto, la componente europea del team avrà ben poco di tricolore: ci saranno i tedeschi Harald Wester, responsabile dell'engineering dei prodotti, e Stefan Ketter (manufacturing) assieme agli inglesi Mike Morley e Richard Palmer (finanza), e il mago del marketing, il parigino Olivier François. Più l'immancabile ticinese Alessandro Baldi, il controller che Marchionne si è portato con sé da Ginevra. Per il resto ampio spazio agli uomini Chrysler, da Dan Knott (acquisti) a Doug Betts (qualità) o Joe Veltri (pianificazione) che avranno l'ultima parola pure sotto la Mole.

    Marchionne, infatti, controcorrente
    rispetto ad altri concorrenti – come sottolineava ieri il Financial Times –, ritiene che Fiat e Chrysler possano sopravvivere solo sotto una guida comune. Cioè la sua. Una convinzione che convince il socio americano, il sindacato Uaw, che proprio oggi dà inizio alle trattative per il rinnovo del contratto. Anche in Chrysler, visto il miglioramento dei conti, si può parlare di aumenti. Ma Marchionne ha già fatto sapere a Bob King, leader dell'Uaw e suo amico, che non accetterà aumenti automatici legati al costo della vita, come concederanno Ford e Gm. In Chrysler, anticipano i giornali di Detroit, Marchionne accetterà solo aumenti individuali, legati alle prestazioni. Tutto qui, prendere o lasciare, perché in Chrysler il sindacato si è impegnato a non scioperare fino al 2015. In caso di dissidio, recita il contratto, si va a un arbitrato, cosa che non vogliono né Marchionne né King. Il terreno d'incontro, del resto, c'è: la cura Fiat si è già tradotta in 3 miliardi di investimenti e 2 mila nuovi posti di lavoro negli States. Una boccata d'ossigeno per il Michigan e per l'Uaw che ha bisogno di nuovi iscritti.