Il giallo del segretario laziale

Storia di uno strano pasticcio del Pd di Bersani

Alessandra Sardoni

“Perché è il leghista Borghezio e non siamo noi a paragonare la Roma di Alemanno a Calcutta?”, si chiedeva qualche giorno fa un esponente del Pd a Montecitorio. Passata la fase calda dello scontro fra Bossi e il sindaco di Roma sul decentramento dei ministeri, domande di questo tenore cominciano a circolare nel partito di Bersani che pregusta il ritorno in Campidoglio ma si avviluppa in un dilemma: puntare a trasformare il caso Roma in un argomento nazionale o aspettare che la stagione del centrodestra si consumi da sé?

    “Perché è il leghista Borghezio e non siamo noi a paragonare la Roma di Alemanno a Calcutta?”, si chiedeva qualche giorno fa un esponente del Pd a Montecitorio. Passata la fase calda dello scontro fra Bossi e il sindaco di Roma sul decentramento dei ministeri, domande di questo tenore cominciano a circolare nel partito di Bersani che pregusta il ritorno in Campidoglio ma si avviluppa in un dilemma: puntare a trasformare il caso Roma in un argomento nazionale o aspettare che la stagione del centrodestra si consumi da sé, fra emergenza nettezza urbana, naufragio della tolleranza zero e inchieste genere parentopoli?

    “Rischiamo di perdere delle buone occasioni per dettare l'agenda” lamentano voci non proprio isolate. La stessa Rosy Bindi alla festa romana della Federazione della sinistra, in piena guerra Lega-Alemanno, invitava il suo partito a non fare sconti al sindaco sul degrado della capitale. I più inquieti nel Pd capitolino per rappresentare la situazione consegnata dal segretario nelle mani di Vannino Chiti toscanissimo commissario straordinario usano l'immagine, “pantano”. I nostalgici semplificano nella formula che forse manca il Bettini che costruì le glorie dei tre lustri del centrosinistra in Campidoglio.

    Il tutto si traduce nel rimprovero vicendevole di non fare un'opposizione incisiva. Il partito locale attribuisce la responsabilità alle esitazioni di quello nazionale. Il Pd nazionale scuote la testa sulla fragilità della classe politica locale. Un dirigente romano approdato in Parlamento ricorda il passato recente: “Dicevamo che era debole anche l'opposizione del centrodestra contro Veltroni: il fatto è che al di là degli scontri per non uscire dal sistema di potere e dalle municipalizzate si fanno compromessi”.

    A conferma del concetto, un articolo dell'edizione romana del Sole 24 Ore sottolineava qualche giorno fa il voto unanime della giunta sull'alienazione dei beni dell'Atac, l'azienda dei trasporti, e la conseguente attenzione, trasversale, alla redistribuzione degli stessi. Nei dintorni della provincia, zona Zingaretti, si ammette che, sì, l'opposizione è stata debole ma appunto in passato, e che il Pd “dichiara puntualmente sulle grandi questioni”. Matteo Orfini, dalemiano, responsabile della Cultura della segreteria Bersani sottolinea che “sulla emergenza criminalità emersa dopo il secondo omicidio in Prati nel giro di pochi mesi, il Pd si è pronunciato eccome”. E al Foglio spiega che lo sforzo sulla comunicazione c'è: “Facciamo manifesti su tutto. Semmai è vero che dobbiamo cominciare a dare corpo alla candidatura Zingaretti”. In realtà alla costruzione della candidatura, Zingaretti si sta dedicando con impegno e attenzione ai network che contano (ad agosto è stato invitato dall'uomo forte della Compagnia delle opere Giorgio Vittadini al Meeting di Rimini, il palco di Cl) e la sua strategia punta sulla pazienza, attendere sulla riva del fiume, lasciare che “Alemanno si faccia male da solo”, a monitorare con i sondaggi la distanza in termini di popolarità piuttosto che rischiare con un'opposizione più visibile, di finire nel gorgo dei rinfacci sulle passate gestioni del centrosinistra.

    Ma ad impantanare il partito è la questione del segretario regionale: nel tiro alla fune fra chi vuole le primarie e chi preferisce la modalità assemblea di iscritti in attesa delle modifiche allo statuto, resta in piedi la soluzione Chiti. Beppe Fioroni e Lucio D'Ubaldo (ex popolari) sono per le primarie alle quali vorrebbero candidare Enrico Gasbarra, che in caso di vittoria spera di trasformare la segreteria regionale in trampolino per eventuali primarie per il candidato sindaco. Contro Zingaretti.