Oltre Milano

Da Napoli al caso Grillo. Tutti i dossier che preoccupano Bersani

Alessandra Sardoni

Untouchable. In lingua originale o nel sottotitolo italiano è “intoccabile” l'aggettivo che l'intero Pd con differenti stati d'animo – rassegnazione o rivalsa a seconda della corrente d'appartenenza – assegna a Pier Luigi Bersani il giorno dopo il primo round delle amministrative. Pazienza per Napoli dove la catastrofe era annunciata e le responsabilità di Rosa Russo Iervolino sono un viatico poco incoraggiante.

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    Untouchable. In lingua originale o nel sottotitolo italiano è “intoccabile” l'aggettivo che l'intero Pd con differenti stati d'animo – rassegnazione o rivalsa a seconda della corrente d'appartenenza – assegna a Pier Luigi Bersani il giorno dopo il primo round delle amministrative. Pazienza per Napoli dove la catastrofe era annunciata e le responsabilità di Rosa Russo Iervolino sono un viatico poco incoraggiante: ogni discussione oggi è accantonata se anche Walter Veltroni durante il coordinamento del Partito democratico, per una volta poco profilato sulla modalità psicodramma, scandisce che “non serve il dibattito, condividiamo Bersani” e punto. Se il sindaco di Firenze Matteo Renzi sul Corriere della Sera riconosce meriti al segretario e propone di accantonare il terzopolismo spinto per una versione più ponderata e prudente.

    Così Bersani, di solito parco quanto al genere, convoca la seconda conferenza stampa in ventiquattro ore e giura che questo è solo il primo colpo assestato a Berlusconi, che il centrosinistra e il Pd sono i vincitori e sorride comme il faut perché Bologna è salva, Fassino vittorioso e a Milano il ballottaggio con sorpasso e Lega in calo è un miracolo inatteso nonostante proprio Bersani ripeta che lui invece l'aveva detto. Eppure nessuno al Nazareno e dintorni nasconde che il percorso del Pd, ammesso anche che sia in atto il primo assaggio di sgretolamento del centrodestra, è tutt'altro che facile. I radicalismi arrembanti in questa tornata amministrativa, compreso il fenomeno grillini e lo stato contraddittorio del Terzo polo (ancora in pista al sud molto meno al nord, finiani in difficoltà ecc.), rendono molto più insidiosa la politica delle alleanze, non a caso la domanda alla quale Bersani concedeva a caldo le risposte più evasive, e anche le scelte politiche di merito.

    Le narrazioni di sinistra di Nichi Vendola, l'antipolitica di Beppe Grillo e il giustizialismo di Luigi De Magistris con le sponde più intellettuali di Repubblica tirano in realtà in direzioni diverse a volte anche opposte.

    Europa, lo scrive Stefano Menichini, consiglia di fare presto a costruire l'alternativa per smontare la tesi della deriva estremista, a “rompere la continuità con il peggio di sé”. “Prima il programma poi le alleanze” è la massima del segretario, la trincea per arginare i radicalismi.

    I bersaniani traggono dall'analisi del voto gli argomenti per corroborare la linea della santa alleanza per le politiche quando verranno e nell'attesa per scegliere il da farsi caso per caso. I veltroniani, riposte le questioni di politica interna al partito e pronti a darsi da fare per i ballottaggi (Veltroni è stato in 39 località sottolineano e continuerà a darsi da fare), si concentrano sulle analisi che escludono le seduzioni delle estreme. “Evitiamo di fare ragionamenti sul breve periodo – dice al Foglio Stefano Ceccanti, senatore di Modem – il centrodestra non manterrà lo stesso assetto radicale, non rimarrà uguale a se stesso. Se dovesse perdere a Milano, Berlusconi potrebbe essere sostituito da Tremonti a maggioranza invariata e allora la competizione sarebbe di nuovo al centro. Inutile perciò blindarsi sul dipietrismo e l'antipolitica”. Walter Verini fedelissimo di Veltroni sottintende scenari analoghi, spiega che a suo avviso “il risultato elettorale che è innegabilmente un colpo al berlusconismo apre una partita politica in cui il Pd dovrà aumentare le sue responsabilità, investire su se stesso. Dopo aver fatto questo ci sarà lo spazio per definire le alleanze”. E', con parole non a caso diverse, il rilancio della vocazione maggioritaria. Attraverso il richiamo a un contenuto forte, per Modem è il Lingotto, comunque un terreno economico, che consenta al Pd di non farsi strattonare più di tanto. Per Beppe Fioroni, ex popolare veltroniano, dato eternamente in partenza per il Terzo polo ed eternamente impegnato a smentire la tesi, l'ancoraggio del Pd deve essere sulle primarie, paletto tattico quanto identitario visto che i veltroniani ne hanno fatto una proposta di legge. Le amministrative dimostrano che hanno vinto i candidati selezionati con le primarie, osserva Fioroni. Quelle primarie che alla maggioranza bersaniandalemiana non sono mai piaciute, e che per la minoranza potrebbero rimanere l'unico mezzo per riaprire, certo non ora, la questione della leadership e della premiership. E tuttavia nell'insieme quella dei veltroniani è – e non può che essere – una frenata che punta al'inclusione e che confida peraltro nella volontà ugualmente inclusiva di Bersani. La cartina di tornasole potrebbe essere l'ingresso dell'ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, uomo vicino a Veltroni, in segreteria.

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