That win the best - La rubrica del Foglio sul calcio inglese

Breve disamina sulle bombe mirate di Rooney, Drogba e Giulia Innocenzi

Jack O'Malley

Il Manchester United non è l'Inter, e Wayne Rooney non è Samuel Eto'o: quando c'è da vincere la partita decisiva dell'anno, i ragazzi di Ferguson lo fanno. A modo loro, ma lo fanno. Una volta ogni tanto anche Roy Hodgson merita una rivincita e dati i trascorsi il rischio che abusi del genere non esiste. Dovevate esserci, sabato, al Britannia Stadium. Lo Stoke City affrontava il Chelsea e riusciva a infiammare gli spalti come non capitava da tempo.

    Il Manchester United non è l'Inter, e Wayne Rooney non è Samuel Eto'o: quando c'è da vincere la partita decisiva dell'anno, i ragazzi di Ferguson lo fanno. A modo loro, ma lo fanno. Tre gol di Rooney (bomba mirata su punizione, destro su azione e rete su rigore, ne mancava una di mano) e il quarto facile facile di Hernandez (tap-in vincente, direbbero a Rai Sport), dopo un assist di Giggs che passa sotto le gambe di tre (tre) avversari. Tutto nel secondo tempo, dato che il primo era finito 2-0 per i padroni di casa del West Ham (due gol su rigore). Vedere a posteriori l'esultanza di Noble dopo la doppietta fa quasi tenerezza: ci credevano davvero, gli Hammers. Nella sagra del penalty succede che al Manchester ne danno uno molto generoso (nulla di scandaloso: a rigori così a Napoli ci hanno fatto l'abitudine), ma a conti fatti non c'è partita. Il titolo ormai è una formalità. Ora, come scriverebbe in modo originale Tuttosport, il Manchester può pensare all'Europa che conta.

    Una volta ogni tanto anche Roy Hodgson merita una rivincita e dati i trascorsi il rischio che abusi del genere non esiste. Le rivalse dell'ex allenatore di Inter, Emirati Arabi Uniti, Grasshopper ecc. non sono un atteggiamento di fondo, più che altro sono bombe mirate, come quelle che secondo Giulia Innocenzi i francesi stanno gettando sulla Libia. Sabato Hodgson ha servito il piatto della vendetta al Liverpool, la squadra che a gennaio l'ha cacciato a pedate, costringendolo a un più umile piazzamento nel West Albion Bromwich, il club dove Roberto Di Matteo prometteva miracoli riusciti solo a metà. Salto a piedi pari la premessa sul divario tecnico (ringrazio i giornalisti della Gazzetta per quest'espressione) fra le squadre in campo e arrivo all'inizio del secondo tempo, quando Skrtel la mette dentro di testa e sembra che tutto per il Liverpool vada per forza d'inerzia nel verso giusto. E invece no. Il beffardo Hodgson aveva in saccoccia due colpi di bravura materializzati sul campo sotto forma di due rigori concessi e trasformati, per compiere la vendetta nel modo più hodgsoniano.

    Dovevate esserci, sabato, al Britannia Stadium. Lo Stoke City affrontava il Chelsea e riusciva a infiammare gli spalti come non capitava da tempo. E' finita uno a uno, rete di Walters e pareggio di Drogba, ma più del risultato conta il cuore che i padroni di casa hanno messo sul terreno di gioco soprattutto negli ultimi dieci minuti. Prima la partita è stata equilibrata. Drogba ha pure preso un legno e sembrava poter trascinare i suoi a un successo sudato ma importante. Invece, a un certo punto, proprio quando Ancelotti sostituiva Anelka con il biondino Torres, lo Stoke si è messo a giocare e c'è voluta una dose non piccola di fortuna perché i Blues non capitolassero. Uscito Anelka, è salito in cattedra Ricardo Dwayne Fuller, attaccante giamaicano dello Stoke. Noto ai più perché nel 2008 venne espulso per una raffica di schiaffi data sul campo al suo capitano Griffin in un match contro il West Ham di Gianfranco Zola, Fuller c'ha messo cuore e rabbia. Ha sbagliato gol clamorosi ma dalla tre quarti fino all'area piccola è stato una furia incontenibile. Poi è sceso dalla cattedra.