That win the best - La rubrica del Foglio sul calcio inglese

Guardare i gol dell'Arsenal e sentirsi come Zucconi che scrive di Libia

Jack O'Malley

Non fosse per le immagini del ginocchio di Stuart Holden aperto in due dopo un'entrata di Evans più tagliente di un tweet di Beppe Severgnini, la scena di Ferguson che alza da terra un telefono bianco in stile anni Novanta per comunicare un cambio alla panchina farebbe ridere ancora di più. Va bene. Il Chelsea ha vinto. Carlo Ancelotti ha battuto Roberto Mancini e ha riportato i Blues nei posti alti della classifica. E allora? La vera notizia resta un'altra. Dell'Arsenal si potrebbe ripetere l'abusato cliché della squadra bella ma immatura.

    Non fosse per le immagini del ginocchio di Stuart Holden aperto in due dopo un'entrata di Evans più tagliente di un tweet di Beppe Severgnini, la scena di Ferguson che alza da terra un telefono bianco in stile anni Novanta per comunicare un cambio alla panchina farebbe ridere ancora di più. Ferguson è in tribuna per squalifica e – oltre a dovere coprire il buco lasciato dall'espulsione di Evans il Macellaio – non sa come lo United possa buttarla dentro. All'87mo il Bolton regge ancora a Old Trafford. Chi dunque, per dirla in modo originale, poteva togliere le castagne dal fuoco a sir Alex se non il sosia bulgaro di Andy Garcia, quel Berbatov che o segna quattro gol in mezz'ora o gioca come se indossasse le ciabatte da doccia? Il gol vincente, a due minuti dalla fine, è bruttissimo: su tiro da fuori di Nani, il portiere del Bolton sembra un sacco dell'immondizia: la palla gli rimbalza addosso e lui si affloscia. Berbatov arriva a passo di danza, svirgola il pallone toccandolo con la suola e lo guarda rotolare in rete alla stessa velocità con cui Thiago Motta imposta un'azione d'attacco: quando Berbatov esulta, praticamente è iniziato il recupero. United primo. Non lo prende più nessuno.

    Va bene. Il Chelsea ha vinto. Carlo Ancelotti ha battuto Roberto Mancini e ha riportato i Blues nei posti alti della classifica. E allora? La vera notizia resta un'altra. La vera notizia si chiama Fernando Torres. Il biondino (che poi si è mai visto uno spagnolo biondo? ma dai) è stato ancora una volta sostituito. Ancora a secco di gol. Di qui la domanda: ma li vale davvero quei 50 milioni di sterline che Roman Abramovich ha speso per lui? Chi scrive è per un calcio che torni a quando gli stranieri ammessi nei nostri club erano due, al massimo tre. Chi scrive può anche accettare gli stranieri purché non spagnoli. Ai tempi dell'acquisto lo avevo scritto più volte, spiegando ad Abramovich che gli spagnoli, che al Mondiale correvano come pazzi, oggi non ne hanno più (di fiato, naturalmente). Non mi ha ascoltato. E oggi ne paga le conseguenze.

    Dell'Arsenal si potrebbe ripetere l'abusato cliché della squadra bella ma immatura, troppo giovane per giocare male e troppo inesperta per vincere qualcosa. Potrei ripetervi che gioca bene ma è sfortunata, che Wenger – nonostante tutto – è un grande allenatore, che combatte con l'avarizia dei proprietari dei Gunners tirando fuori ogni anno squadre divertenti. Ecco, divertenti. Come un bel film, o una frequentatrice di salotti bene. Potrei dire che comunque ha recuperato due gol al West Bromwich di Hodgson, dimostrando cuore, grinta e resistenza fisica. Potrei spiegarvi che in 11 contro 11 non sarebbe uscita da una Champions League che per fare fuori almeno un'inglese deve farle scontrare tra loro ai quarti. Potrei dire che l'Arsenal merita di più. Ma mi sentirei come Vittorio Zucconi che per convincerci che Obama è più buono di Bush dice che “Odissey Dawn” è chiaramente un nome da pacifisti. E allora non lo faccio.