Che fine ha fatto il federalismo?

Arnaldo Ferrari Nasi

La Lega è oggi favorevole al 95 per cento, mentre il Pd al 38 per cento e Sel solo al 7 per cento. Non è plausibile pensare che quote così importanti di cittadini abbiano radicalmente cambiato parere in così poco tempo. E' molto più probabile che le valutazioni di questo periodo siano legate ai tatticismi che si stanno facendo in politica e che vengono ripresi dai media nazionali e che quindi le posizioni si stiano polarizzando e radicalizzando in funzione dello schieramento o del partito di appartenenza. La pubblica opinione non subisce mai sconvolgimenti, solo in campagna elettorale si possono registrare, storicamente, variazioni di questa entità.

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    Ma il federalismo che fine ha fatto? E' diventato oggetto di scambio politico. Lo abbiamo anche visto con la vicenda del pareggio al voto della “bicameralina”.

    Eppure il federalismo era una riforma condivisa
    dalla gran parte degli italiani, anche in meridione. Con la comparsa del Carroccio sulla scena politica, è diventato una delle principali voci d'agenda dei governi. Lo è praticamente da venti anni. Lo stesso centrosinistra della XIII Legislatura, apportando le modifiche al Titolo V della Costituzione, ha di fatto legittimato le richieste della Lega.

    Tanto è vero che nel maggio 2009 – con al governo il centrodestra – all'indomani della promulgazione della Legge 42, la legge delega sul federalismo fiscale, il 65 per cento degli italiani riteneva opportuna l'applicazione di questa dottrina economico-politica. Anzi, tra quel 42 per cento che si riteneva ben informato al riguardo, il dato arrivava fino a quota 71 per cento. Persino nel Sud Italia la maggioranza era a favore: 62 per cento e addirittura 72 per cento tra i ben informati. Stesso risultato all'interno dei partiti: l'apprezzamento di una riforma in senso federale era assolutamente trasversale. In tutti i gruppi parlamentari, anche in quelli della sinistra, la maggioranza era a favore, e anche in questo caso, tra i meglio informati, il favore aumentava. All'interno del partito Sinistra e Libertà, per esempio, il 54 per cento delle persone era a favore, il 61 per cento tra i bene informati. Nel Pd, era favorevole al federalismo il 73 per cento delle persone, dato che saliva al 78 per cento tra chi conosceva bene la materia.
    Unici in controtendenza proprio i leghisti: il 78 per cento tra tutto il partito e solo il 65 per cento tra i meglio informati. Al tempo, alcuni parlamentari di Bossi, mi spiegarono che in fondo, per loro, la sintesi approvata in Parlamento era forse un po' troppo blanda e che comunque erano stati previsti dei forti paracadute per le regioni meridionali, che altro non significavano che ulteriore esborso di danaro.

    Oggi siamo in un clima pre-elettorale e, ovviamente, le cose cambiano. Il federalismo fiscale è diventata una issue di partito e anche la pubblica opinione ne da un giudizio a seconda dell'appartenenza politica. La quota di italiani che lo ritiene “opportuno” scende di oltre venti punti rispetto a meno di tre anni prima e cala fino al 44 per cento. Praticamente la quota a cui viene indicata la coalizione PdL-Lega-Destra dai sondaggi di questi ultimi giorni. Non che tutti, in quei partiti, siano a favore e tutti gli altri siano contrari, ma il dato è emblematico. E', infatti, proprio nei partiti che la situazione è radicalmente cambiata. La Lega è oggi favorevole al 95 per cento, mentre il Pd al 38 per cento e Sel solo al 7 per cento.

    Non è plausibile pensare che quote così importanti di cittadini abbiano radicalmente cambiato parere in così poco tempo.
    E' molto più probabile che le valutazioni di questo periodo siano legate ai tatticismi che si stanno facendo in politica e che vengono ripresi dai media nazionali e che, quindi posizioni, si stiano polarizzando e radicalizzando in funzione dello schieramento o del partito di appartenenza. La pubblica opinione non subisce mai sconvolgimenti, solo in campagna elettorale si possono registrare, storicamente, variazioni di questa entità.

    Il dato era più affidabile nel 2009, quando la maggioranza era schiacciante e, non essendoci il minimo sentore di una possibilità di crisi, gli animi e i metri valutativi erano più sereni.
    E forse questo è un bene, perché che il federalismo sia il futuro, per l'Italia, ce lo ricordano comunque le due categorie (forse) più importanti del paese: gli unici due segmenti dove anche oggi l'apprezzamento del federalismo rimane maggioranza sono i giovani, cioè il futuro biologico della nazione (58 per cento), e i lavoratori autonomi – commercianti, partite Iva, professionisti – ormai indicati dai più come il futuro economico (55 per cento). Un piccolo regalo per il ventesimo compleanno della Lega Nord che si festeggia in questi giorni di febbraio.

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