Merry veda

Sandra Petrignani

Cominciamo dalla leggenda, che risale ai Veda, libri sacri dell'induismo più antico, per cui una bevanda a base di funghi allucinogeni, gli amanita muscaria, quelli rossi a puntini bianchi, belli quanto micidiali, e di urina di renna, ma anche di canarino e di topo, con aggiunta di qualche insetto, avvicinerebbe alla divinità.

    Cominciamo dalla leggenda, che risale ai Veda, libri sacri dell'induismo più antico, per cui una bevanda a base di funghi allucinogeni, gli amanita muscaria, quelli rossi a puntini bianchi, belli quanto micidiali, e di urina di renna, ma anche di canarino e di topo, con aggiunta di qualche insetto, avvicinerebbe alla divinità. Sareste disposti, per sperimentarlo, a sborsare mille euro (in due) per bere la pozione passando una notte intera in compagnia di uccellini cinguettanti, in voliere mai abbastanza grandi, e di dodici renne deliziose quanto puzzolenti di stalla?

    Non è una domanda ipotetica, è quanto offre di più “avanguardistico” al momento l'arte contemporanea a Berlino nei rasserenanti, mastodontici spazi dell'Hamburger Bahnhof, l'ex stazione principale della città prima del Muro, in Invalidenstrasse, oggi sede delle mostre più azzardate. Questa si chiama “Soma”, ed è un'invenzione del belga Carsten Höller, nato a Bruxelles nel 1961, domiciliato in Svezia, e ospite dei templi artistici più reputati, dalla Svizzera alla California, passando per la Tate Modern, il Castello di Rivoli, la Biennale di Venezia, il MoMa. Nasce biologo (si definisce anzi un “ecologo evoluzionista”) e il suo lavoro mira all'incontro fra scienza e arte, godendo così del sostegno di alcune case farmaceutiche pronte a sponsorizzarne gli “esperimenti”.

    Quello di “Soma” promette una non meglio identificata “felicità”, che fa leva sull'infantilismo dei nostri giorni e sul miraggio sottaciuto di una copula da sballo, con il pretesto di entrare dentro un'opera d'arte. Tant'è che i due posti disponibili quotidianamente fino al 6 febbraio sono già tutti prenotati e, a meno di defezioni o prolungamento dell'esposizione, non sarà più possibile occupare la stanza da letto con ascensore posizionata al centro dell'installazione e bere il miscuglio, ma solo pagare otto euro e stare a guardare.

    Così ho fatto (del resto nemmeno gratis avrei accettato di ingurgitare la brodaglia vedica) e in una Berlino a meno dieci sono entrata nella maestosa navata centrale della Hamburger Bahnhof, trasformata da Höller in una specie di asettico maneggio dove elegantissime renne andavano su e giù, mangiucchiando biada (questo sembrava) da altrettanto eleganti mangiatoie, in un décor bianco come la neve all'esterno, ma ben riscaldato e piacevolmente silente.

    Confesso che mi sono disinteressata delle puntigliose spiegazioni su quantità di amanita e urina necessarie alla preparazione di un cocktail perfetto, né saprò mai quale sia l'apporto esatto di insetti, topi e canarini. Pazienza poi se mi resterà per sempre oscuro il sapore di una bibita tanto gradita ai sacerdoti preinduisti che vedevano Dio. Il punto è che non mi sono tanto divertita. Anzi un senso di pena per quegli animali, che in un altro viaggio avevo visto scorrazzare liberi nelle strade della Finlandia, è il magro bilancio dell'esperienza. Con un'unica inebriante scoperta: a un certo punto una renna si è avvicinata alla staccionata, non ho resistito e le ho toccato le corna. Be', sono morbide, vive, e ricoperte di una calda pelliccetta, sensibilissime. La renna scuoteva e spostava la testa a ogni tocco per poi tornare subito dopo a farsi accarezzare di nuovo. Questo in Finlandia non lo avrei mai potuto fare.