E se Assange fosse il vendicatore postumo di Lehman Brothers?

Michele Masneri

Julian Assange è un fantasma, il fantasma della defunta Lehman Brothers. E' questa la teoria esoterica di Julie Weiner, blogger di punta del mensile Vanity Fair Usa. Secondo la Weiner, non c'è dubbio che il pallido attivista australiano sia una creatura ectoplasmatica (il colorito lo confermerebbe), che non darà pace alla sua prossima vittima, Bank of America. Che il nuovo obiettivo di Assange fosse una banca, e probabilmente Bank of America, si sapeva da tempo.

    Julian Assange è un fantasma, il fantasma della defunta Lehman Brothers. E' questa la teoria esoterica di Julie Weiner, blogger di punta del mensile Vanity Fair Usa. Secondo la Weiner, non c'è dubbio che il pallido attivista australiano sia una creatura ectoplasmatica (il colorito lo confermerebbe), che non darà pace alla sua prossima vittima, Bank of America. Che il nuovo obiettivo di Assange fosse una banca, e probabilmente Bank of America, si sapeva da tempo. Secondo l'intervista rilasciata a Forbes Magazine il 17 novembre, è “una grande banca americana sopravvissuta alla crisi”. Naturale che tutti gli occhi siano puntati su Bank of America, il più grande istituto statunitense, che amministra il 12,2 per cento di tutti i risparmi degli americani, e più grande gestore di patrimoni del mondo dopo l'acquisizione di Merrill Lynch nel 2008. Anche perché in una precedente intervista, rilasciata nel 2009, Assange diceva en passant che “siamo seduti su 5 giga di documenti rubati a un top manager di Bank of America”.

    Ma perché proprio BofA,
    come viene chiamata da trader e analisti? Forse perché con l'acquisizione di Merrill nel 2008 ha creato una serie di misteri molto più sfiziosi del botox del colonnello Gheddafi o dei wild parties italici. Misteri che non sono stati svelati dalla Sec, la Consob americana, che invece si è accontentata di una multa da 150 milioni di dollari. Altro mistero: né gli azionisti né i consiglieri di amministrazione di BofA erano stati messi al corrente della situazione finanziaria di Merrill; né, ancora, si è mai saputa la cifra esatta erogata dai contribuenti americani alla banca (ufficialmente, 45 miliardi di dollari ricevuti tra fondi Tarp, ma secondo diverse inchieste parlamentari ci sarebbero anche altri 5,2 miliardi di dollari passati dal governo a BofA tramite il gruppo Aig); né infine si sono mai saputi i criteri per i bonus più clamorosi della storia (3,6 miliardi di dollari in totale al personale Merrill prima della fusione). Ma i misteri più soprannaturali riguardano il 17 novembre scorso. In quella data già di per sé iettatoria, ricostruisce la Weiner, Assange dà la sua intervista a Forbes (quella in cui annuncia: “Abbiamo una banca”), e nelle stesse ore il tribunale fallimentare di New York condanna BofA a risarcire 500 milioni di dollari a Lehman. Lo stesso giorno, sempre il 17 novembre, sempre Lehman fa un'altra causa a BofA, per riavere indietro altri 150 milioni di dollari. Sono crediti legati a transazioni tra i due istituti, inesigibili in quanto Lehman era stata posta sotto amministrazione controllata. Ma al netto delle spiegazioni razionali, dietro la banca morta che fa causa alla sua assassina non può esserci che l'occulto, sostiene Weiner.

    Anche perché pochi sanno che nel settembre 2008
    gli azionisti e i membri del board di BofA non solo non conoscevano la situazione di Merrill, ma addirittura entrarono in assemblea pensando di dover votare l'acquisizione di Lehman, banca più antica e prestigiosa. All'improvviso invece l'amministratore delegato di BofA, Kenneth Lewis, annunciò che la preda era cambiata, arrivò Merrill e Lehman venne lasciata fallire, in quello che verrà ricordato come il più grande crac della storia americana. Adesso è l'ora della vendetta, e a BofA sentono già il rumore di catene trascinate dal fantasma australiano.