L'ex ministro della Difesa è il presidente più votato della storia colombiana

Juan Manuel Santos è il nuovo presidente colombiano

Maurizio Stefanini

Anche Íngrid Betancourt si è ritrovata schierata col 69,5 per cento di colombiani che ha votato Juan Manuel Santos alle elezioni presidenziali. “Sono una Verde”, ha spiegato, ricordando la sua vicinanza ideologica all'altro candidato, Antanas Mockus. “Ma è stato Juan Manuel Santos, da ministro della Difesa, a liberarmi”. Con 9 milioni di voti, Santos è il presidente più votato di tutta la storia colombiana – anche oltre ai 7,4 milioni che Álvaro Uribe Vélez aveva ottenuto quattro anni fa.

    Anche Íngrid Betancourt si è ritrovata schierata col 69,5 per cento di colombiani che ha votato Juan Manuel Santos alle elezioni presidenziali. “Sono una Verde”, ha spiegato, ricordando la sua vicinanza ideologica all'altro candidato, Antanas Mockus. “Ma è stato Juan Manuel Santos, da ministro della Difesa, a liberarmi”. Con 9 milioni di voti, Santos è il presidente più votato di tutta la storia colombiana – anche oltre ai 7,4 milioni che Álvaro Uribe Vélez aveva ottenuto quattro anni fa. Il suo risultato è molto vicino, guarda caso, all'indice di popolarità che i sondaggi davano a Uribe dopo gli spettacolari successi contro le Farc nelle ultime settimane. L'ultima operazione, ad appena una settimana dal voto, aveva portato alla liberazione di quattro militari tenuti in ostaggio da dodici anni.

    Stando ai sondaggi, quindi, Uribe avrebbe preso il 70 per cento dei voti se la Corte Costituzionale non avesse bloccato il processo di revisione costituzionale che gli avrebbe permesso di candidarsi per la terza volta. Invece la sua coalizione si è presentata al primo turno frammentata in tre candidati differenti e a un certo punto Santos, il più forte dei tre, è sembrato persino vicino alla sconfitta. Ma alla fine, al secondo turno elettorale, il fronte uribista si è ricompattato portando Santos a un trionfo.

    Adesso, però, il delfino deve decidere cosa farà da grande. Le Farc hanno cercato disperatamente di farsi notare nel giorno del voto – uccidendo 10 persone in vari attacchi –, ma un paragone con gli atti dimostrativi messi a segno in occasioni analoghe dimostra che il loro ruolo è sempre meno significativo. “Alle Farc e ai violenti è scaduto il tempo, e so come combatterli”, ha detto lo stesso Santos dopo la vittoria.

    Ma in campagna elettorale, ormai, l'economia è diventata più importante dei temi legati all'ordine pubblico. La grande promessa di Santos è stata la creazione di 2 milioni e mezzo di posti di lavoro, per far calare un tasso di disoccupazione ormai all'11,8 per cento. E l'ultimo grave errore del suo avversario, Antanas Mockus, è stato di bollare come “clientelista” il programma di sussidi pubblici “Familias en Acción” – salvo poi, resosi conto dell'errore, impegnarsi formalmente presso un notaio a mantenerlo.
    In più c'è il problema delle relazioni con i governi di sinistra della regione. È vero che Chávez e il presidente ecuadoregno Correa hanno abbassato i toni dei loro attacchi, una volta compreso che non sarebbe riusciti a influenzare la campagna elettorale per impedire l'elezione di un uribista. Ma adesso tocca anche al “falco” Santos, finora distintosi soprattutto come ministro dell'Economia e della Difesa, far vedere se ha anche doti di diplomatico.

    Resta poi l'incognita sul futuro di Uribe,
    dopo che il 7 agosto avrà concluso il suo mandato. Famoso per il suo iperattivismo, ha spiegato che intende “vedere l'alba in tutti i luoghi della Colombia”: obiettivo turistico, che forse nasconde anche altre intenzioni. Dedicandosi alla sua Fondazione e al seguitissimo Twitter personale, in molti sospettano che continuerà a indirizzare il suo successore. O, almeno, ci proverà.