La versione tremontiana dell'art. 41 e la “svolta liberale” spiegata da Ostellino, Panebianco, Ricolfi e Sapelli

Marco Valerio Lo Prete

“Rendere possibile tutto ciò che non è vietato”. Prendere questa regola aurea del liberalismo, inserirla in un riformato articolo 41 della Costituzione italiana e promuovere l'idea in un'Europa che non accetti di morire di inedia e di trasformarsi in un “guardiano di un cimitero”. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha colto l'occasione del G20 finanziario per alimentare di nuova linfa la “rivoluzione liberale” berlusconiana.

Leggi Agenda Tremonti & Giavazzi

    “Rendere possibile tutto ciò che non è vietato”. Prendere questa regola aurea del liberalismo, inserirla in un riformato articolo 41 della Costituzione italiana e promuovere l'idea in un'Europa che non accetti di morire di inedia e di trasformarsi in un “guardiano di un cimitero”. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha colto l'occasione del G20 finanziario per alimentare di nuova linfa la “rivoluzione liberale” berlusconiana.

    “Sono d'accordissimo, sarebbe una rivoluzione
    per una società statalista come la nostra”, commenta Angelo Panebianco, editorialista del Corriere della Sera e politologo dell'Università di Bologna, “anche se rischia di restare fantascienza”, aggiunge. Lasciare che sia permesso tutto ciò che non è proibito è “ancora più liberale di un abbassamento delle tasse che, da un punto di vista teorico, è pur sempre una concessione del sovrano”. Mentre l'ultima trovata tremontiana “intaccherebbe in maniera strutturale la situazione odierna, nella quale il potere statale continua ad avere la primazia sulla società”. Giulio Sapelli, docente di Storia economica all'Università di Milano, è sulla stessa lunghezza d'onda: “Da anni attendiamo una semplificazione del genere. Insieme o in alternativa a una defiscalizzazione importante – che sarebbe comunque più efficace di un taglio degli stipendi – una misura del genere servirebbe per dare un segnale ai mercati: stiamo lavorando per garantire la crescita”. Sapelli poi scherza, ma non troppo: “Nella Silicon Valley se due ragazzi aprono un laboratorio in un garage, dopo qualche settimana nasce Google.

    In Italia se due ragazzi fanno lo stesso,
    dopo qualche ora arrivano la Asl e l'ispettore del lavoro per chiudere tutto”. Secondo l'economista non è detto che serva una modifica costituzionale; ci si potrebbe accontentare di snellire gli adempimenti e aumentare il ricorso alle autocertificazioni. Margaret Thatcher e Ronald Reagan insegnano: la loro rivoluzione non consisté soltanto in un abbassamento delle tasse – che pure in Italia non si è ancora materializzato, osservano unanimi gli analisti ascoltati dal Foglio – ma in una notevole enfasi sulla deregulation. “Nell'economia di mercato le regole ci devono essere – precisa Piero Ostellino, saggista e commentatore del Corriere della Sera – ma il disboscamento di quelle in eccesso costituirebbe la manovra propulsiva dell'attività economica per eccellenza”.

    Ostellino ritiene che “una moratoria di 2-3 anni
    come quella prevista dal ministro Tremonti non sarebbe sufficiente a mettere in discussione la cappa ideologica che sovrasta la società italiana, cristallizzata in una Costituzione che è frutto del compromesso tra solidarismo cattolico e comunismo”. Ma per modificare la prima parte della Carta, dice l'ex direttore del Corriere, “Tremonti prima superi la contraddizione delle due anime che l'hanno caratterizzato, quella liberista e quella socialista”. Il più scettico di tutti è Luca Ricolfi, sociologo dell'Università di Torino: “Rischia di essere l'ennesima enunciazione filosofica tremontiana – pur condivisibile da un punto di vista teorico – tesa a coprire una realtà nella quale non si riescono nemmeno ad abbassare le tasse”.

    Leggi Agenda Tremonti & Giavazzi