Le donne contro il regime castrista

Le dame in bianco di Cuba

Maurizio Stefanini

La repressione a Cuba continua, ed ha ora preso di petto le “Damas de Blanco”. Omologhe cubane di quello che furono le Madri di Plaza de Mayo in argentina, vestite di bianco ed armate di gladioli, le Damas de Blanco sono le parenti dei 75 dissidenti arrestati nel 2007. Alle 11 locali di mercoledì, 45 di loro si erano recate nella chiesa di Santa Bárbara, nel quartiere di Párraga, nella parte sud dell'Avana. E lì hanno pregato  per il defunto Orlando Zapata Tamayo e per Guillermo Fariñas Hernández, che è in imminente pericolo di vita.

    La repressione a Cuba continua, ed ha ora preso di petto le “Damas de Blanco”. Omologhe cubane di quello che furono le Madri di Plaza de Mayo in argentina, vestite di bianco ed armate di gladioli, le Damas de Blanco sono le parenti dei 75 dissidenti arrestati nel 2007. Alle 11 locali di mercoledì, 45 di loro si erano recate nella chiesa di Santa Bárbara, nel quartiere di Párraga, nella parte sud dell'Avana. E lì hanno pregato  per il defunto Orlando Zapata Tamayo e per Guillermo Fariñas Hernández, che è in imminente pericolo di vita. Ma quando sono uscite dalla chiesa con l'intenzione di dirigersi verso la casa di Orlando Fundora, un altro oppositore che pure è in sciopero della fame, una folla di circa 300 sostenitori del regime le ha circondate, scandendo slogan a favore dei fratelli Castro.

    Dopo due chilometri di marcia, in cui alcune delle “Damas” avevano risposto scandendo “Libertà! Libertà!”, alcuni agenti in borghese o in uniformi del ministero dell'Interno le hanno caricate a forza in due autobus che le hanno portate via, e altri poliziotti in uniforme bloccavano le strade adiacenti. Tra di loro anche Reyna Tamayo, la madre di Orlando Zapata Tamayol morto dopo 85 giorni di sciopero della fame.



    Il convoglio, composto anche da un'ambulanza
    e da un veicolo delle brigate speciali della polizia, ha poi condotto tutte a casa di Laura Pollán, portavoce del gruppo, che ha parlato di “sequestro”. Le foto mostrano due donne afferrate per le mani e l'altra bloccata per il collo. Alcuni di loro, compresa Reyna Tamayo, hanno poi dovuto ricorrere a un ospedale.  Cinque di loro hanno dovuto essere sottoposte a radiografia, e la Pollán ha avuto un braccio ingessato. Un'altra ha dovuto essere visitata in chirurgia per una contusione al collo, a tre hanno dovuto mettere un braccio al collo e una ha avuto un forte colpo in un occhio. I medici non hanno rilasciato certificati ma hanno cercato di iniettare loro sedativi che le Damas hanno rifiutato. 

    Anche il giorno prima le Damas de Blanco erano state aggredite da 150 attivisti pro-regime durante una protesta davanti all'ufficiale Unione dei Giornalisti di Cuba, ma solo verbalmente. Mentre il venerdì precedente un'altra manifestazione era stata occasione di una dura aggressione fisica, da parte di un centinaio di agenti e circa 200 civili. Erano stati infatti usati i cosiddetti “colpi tecnici”: tecniche di karate che fanno male senza lasciare segni.
    Le Damas, comunque, non si sono scoraggiate. E sono tornate in piazza anche i giorni successivi fino a domenica, passando anche davanti alle sedi del governo e del Comitato Centrale del Partito Comunista.