In Massachusetts

Chi è il repubblicano che ha tolto a Obama la maggioranza per approvare la riforma sanitaria

Christian Rocca

Chi diavolo è Scott Brown? Se lo chiede il mondo liberal americano, attonito di fronte alla concreta possibilità (realizzatasi ieri) che un perfetto sconosciuto al pubblico nazionale possa scippare il seggio senatoriale che appartiene alla famiglia Kennedy da cinquantotto anni (1952-1962 John Fitzgerald, 1962-2009 Edward detto Ted) e violare una delle più solide roccaforti del Partito democratico.

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    "Questo seggio del Senato non appartiene ad una persona, non appartiene ad un partito ma e' il seggio del popolo". Cosi' Scott Brown ha celebrato la sua incredibile vittoria in Massachusetts che lo ha portato a compiere quello che fino a poche settimane fa sembrava impensabile: strappare ai democratici il seggio che e' stato di Ted Kennedy per 47 anni, fino alla sua morte lo scorso agosto, e controllato dalla famiglia democratica piu' potente d'America sin dal 1952, anno dell'elezione al Senato di Jfk. Una debacle di portata storica per il partito democratico, uno vero e proprio tsunami che si abbatte, amara ironia della sorte, su Barack Obama proprio nel giorno del primo anniversario dal suo insediamento alla Casa Bianca.

    Dal Foglio del 19 gennaio

    Chi diavolo è Scott Brown? Se lo chiede il mondo liberal americano, attonito di fronte alla concreta possibilità che un perfetto sconosciuto al pubblico nazionale possa scippare il seggio senatoriale che appartiene alla famiglia Kennedy da cinquantotto anni (1952-1962 John Fitzgerald, 1962-2009 Edward detto Ted) e violare una delle più solide roccaforti del Partito democratico. Ma al di là della profanazione dell'eterno mito dei Kennedy e delle prospettive funeree per i democratici in vista delle elezioni di metà mandato di novembre, il gran problema per Barack Obama è che un eventuale successo repubblicano, stasera alle suppletive del Massachusetts, sgretolerebbe il numero magico di sessanta senatori di centrosinistra, quello necessario a bloccare l'ostruzionismo parlamentare dell'opposizione conservatrice. L'intera agenda di politica interna della Casa Bianca sarebbe a rischio e, in particolare, quella riforma della sanità su cui si gioca il futuro di Obama e che è stata la battaglia della vita di Ted Kennedy.

    Il probabile usurpatore è un senatore dell'assemblea statale del Massachusetts. Si chiama Scott Brown. Ancora un mese fa era considerato assolutamente spacciato. La favorita era l'attorney general statale, Martha Coakley, una fedele associata al clan kennediano. La sua elezione era così sicura che Coakley aveva quasi smesso di fare campagna elettorale, una volta vinte le primarie democratiche. Senonché è arrivato il cinquantenne Brown. Il suo curriculum è perfetto, pare creato da un brillante sceneggiatore di Hollywood. Laureato in legge, di bell'aspetto, con trent'anni di servizio nella National Guard. Tenente colonnello dell'esercito, triatleta e “signor mamma” rispetto all'impegnatissima moglie, la giornalista televisiva di Boston Gail Huff. Una delle due figlie della coppia è stata semifinalista 2006 ad “American Idol”, il più popolare talent show televisivo d'America. Il quadro cinematografico ha una sola macchia: un doppio paginone di Cosmopolitan del giugno 1982 che lo ritrae completamente nudo, fatta eccezione per le parti intime. Brown era stato scelto come “uomo più sexy d'America” dal leggendario magazine femminile diretto da Helen Gurley Brown (non parente). Brown aveva 22 anni, frequentava Legge al Boston College e posava per raccattare qualche dollaro per pagarsi gli studi. Nell'intervista mostrava anche il suo lato politico, autodefinendosi “patriota”.

    I sondaggi lo danno in vantaggio, di quattro o cinque punti. Si fosse votato martedì scorso, ha detto il democratico John Podesta, avrebbe vinto certamente lui. Una settimana dopo, grazie anche all'intervento di Obama e alla gran paura di perdere la maggioranza al Senato e la speranza di una riforma sanitaria accettabile, la candidata kennediana potrebbe aver recuperato. Ma il fascino da uomo comune di Brown, in estenuante giro per lo stato con il suo pick-up, sembra inarrestabile. L'ultimo repubblicano a essere stato eletto senatore del Massachusetts, tra il 1967 e il 1979, è stato Edward Brooke, il primo senatore afroamericano degli Stati Uniti (Obama è stato il terzo). Ma non mancano altri esempi di politici conservatori capaci di conquistare la carica di governatore dello stato simbolo del New England e del liberalismo dell'East coast americana. Dal 1990 al 2006, infatti, i repubblicani hanno guidato ininterrottamente il Massachusetts, prima con William Weld e alla fine con Mitt Romney. Sono politici di destra anomali rispetto all'ortodossia di moda in questi giorni, più liberal che conservatori sulle questioni sociali, altrimenti sarebbe stato impossibile vincere in uno stato dove il numero di iscritti alle liste elettorali come democratici è tre volte superiore a quello dei repubblicani.

    Romney è diventato uno dei paladini del conservatorismo economico sociale soltanto dopo l'esperienza da governatore a Boston, durante la quale semmai ha approvato una riforma di copertura sanitaria universale che è stata presa a modello dagli obamiani per la battaglia di questi mesi al Congresso.
    Anche Scott Brown è della stessa genia. Fino al 2004 era favorevole alla sentenza della Corte Suprema Roe contro Wade, quella che nel 1973 ha liberalizzato l'aborto. Militanti antiabortisti come l'ex senatore della Pennsylvania Rick Santorum non glielo perdonano, malgrado ora le sue posizioni su diritti delle donne e cellule staminali siano perfettamente in sintonia con i gruppi antiabortisti.

    La grande novità, però, è quella del sostegno che Brown riceve dai Tea parties, i gruppi ribelli, populisti e iperconservatori noti fin qui per le battaglie interne alla Right Nation a favore della salvaguardia della purezza ideologica dei candidati repubblicani. Questa volta hanno deciso che il seggio di Kennedy e il sessantesimo seggio al Senato sono troppo importanti per il paese e si sono mostrati disponibili al compromesso pragmatico puntando apertamente su Brown, “un Jfk repubblicano”, malgrado non sia il candidato dei loro sogni. Al contrario di quanto è avvenuto a novembre alle suppletive nel collegio 23 dello stato di New York, dove la divisione tra i puristi e i moderati ha portato alla vittoria di un democratico in una circoscrizione da oltre cento anni rappresentata dai repubblicani, la mobilitazione dei ribelli ha generato ogni giorno donazioni online milionarie per Brown.
    I Tea parties, il cui nome deriva dalla rivolta del tè condotta nel dicembre del 1773 dai coloni americani proprio a Boston contro le tasse imposte dal governo britannico, sono diventati un elemento decisivo della politica americana di questi tempi. Nati come un fenomeno folcloristico, di scombinata ribellione populista e libertaria contro le tasse, il deficit pubblico e l'intervento dello stato nell'economia, i vari gruppi di “patrioti” disseminati in tutto il paese sono ora la forza motrice del revival repubblicano di questi mesi che ha già portato alla conquista di due governatori, in Virginia e in New Jersey. I Tea parties avranno un ruolo centrale perlomeno fino a quando l'economia comincerà a dare segnali di rilancio, i posti di lavoro torneranno a disposizione dei disoccupati e Obama sarà capace di capitalizzare politicamente la ripresa.

    Brown ha condotto una campagna elettorale oculata e intelligente, presentandosi come candidato indipendente e favorevole alla decisione obamiana di inviare più truppe in Afghanistan, al contrario della sua sfidante, ma anche come agente del cambiamento, sulla scia di Obama quindici mesi fa. Il candidato repubblicano, inoltre, è un fautore della riduzione delle tasse come strumento di rilancio dell'economia. Ai liberal disgustati dalla solita retorica contro le tasse dei repubblicani, Brown ha risposto con un efficacissimo spot televisivo che lega la sua posizione a quelle identiche, ma ormai dimenticate, del presidente Kennedy.
    La chiave populista è stata decisiva, a cominciare dalla sua storia personale, figlio di genitori poveri, cantante e attore per guadagnarsi da vivere e perfetto padre di famiglia una volta raggiunto il successo in politica. Lo spot “Hi, dad”, con lui che gira lo stato con il pick-up e poi rientra a casa salutato dalla figlia, è da manuale. La candidata democratica Martha Coakley sta cercando di recuperare anche su questo terreno, oltre a quello degli attacchi personali, anche se non è stata aiutata da Patrick Kennedy, il deputato e figlio di Ted capace di sbagliare per tutto il discorso di investitura il suo nome (“Marcia” invece di “Martha”), né potrà trarre vantaggio dalla presenza sulla scheda elettorale di un Joseph Kennedy (non parente) candidato con il Partito libertario.

    Nel suo comizio di domenica a favore di Coakley, Obama ha rimodulato
    la sua nuova anima populista, difendendo la tassa imposta alle banche, che Brown contesta perché costringerà gli istituti finanziari a restringere il credito a favore della working class e ad aumentare la commissione sui prelievi bancomat, ma anche dicendo che “i banchieri non hanno bisogno di un altro voto al Senato. Ne hanno già moltissimi”. Un'accusa che fin qui è stata rivolta alla Casa Bianca e alla sua politica a favore del salvataggio degli istituti di credito.

    Un altro aspetto della gara in Massachusetts,
    secondo l'editorialista Andrew Sullivan, è quello dell'eredità dei Kennedy. Secondo il giornalista dell'Atlantic, la corsa è all'ultimo voto non soltanto perché Martha Coakley è una pessima candidata né soltanto perché la critica di destra alla riforma sanitaria è ogni giorno più popolare: “C'entrano anche i Kennedy”, dice. “Parte di questa rivolta – continua Sullivan – si basa sul fatto che Coakley appare come una compare del clan dei Kennedy e sembra imbevuta della tipica arroganza dell'élite del Partito democratico. Molti elettori sanno che potrebbe spadroneggiare per decenni, ma sono certi che potranno liberarsi di Brown in pochi anni. Quindi c'è una resistenza a un'organizzazione politica in un seggio controllato da sempre dalle élite; c'è, inoltre, un'atmosfera di fermento e malcontento dopo due anni di recessione; c'è una base repubblicana montata dalla frenesia di Fox News contro la fine dell'America; e, infine, c'è l'elettore tipo stanco del sistema di potere dei Kennedy. Neanche Obama può evitare questa tempesta perfetta”. Anche tra chi ha un giudizio favorevole del presidente, infatti, ci sono parecchi elettori di Brown. Qui, del resto, alle elezioni primarie del Partito democratico del 2008, nonostante il gran sostegno del senatore Ted e di tutto il clan, gli elettori del Massachusetts gli preferirono Hillary Clinton.

    A Boston è partita l'avventura politica di Barack Obama
    , quando nel corso della convention del Partito democratico del 2004 ha stupito il mondo giornalistico e politico americano con uno straordinario discorso che è diventato il canovaccio della sua campagna elettorale del 2008. Qui può perdere la speranza di approvare la riforma sanitaria che aveva promesso agli elettori. In entrambi i casi c'entra John Kerry, il senatore anziano del Massachusetts. E' stato lui, cinque anni e mezzo fa, ad aver lanciato Obama sulla scena politica, affidandogli lo spazio in prime time televisivo nel corso della convention che lo ha nominato ufficialmente come sfidante di George W. Bush. Ma oggi è per colpa sua se, nel periodo decisivo e più negativo della presidenza Obama, si vota per scegliere il sostituto di Ted Kennedy.

    La legge del Massachusetts, infatti, era stata cambiata nel 2004
    proprio per evitare che in caso di vittoria presidenziale del senatore Kerry il governatore del Massachusetts, allora il repubblicano Mitt Romney, nominasse un conservatore al suo posto, anziché un liberal. Per scongiurare l'eventualità, il Senato statale cambiò la legge e impose un'elezione suppletiva entro tre mesi dalle dimissioni o dalla morte del senatore in carica, in teoria una formalità per qualsiasi candidato democratico in uno stato liberal come il Massachusetts. Alla morte di Kennedy, nell'agosto scorso, per evitare il filibustering dei repubblicani, i democratici hanno avuto bisogno subito del sessantesimo voto al Senato. Nel frattempo uno di loro, l'afroamericano Deval Patrick, la cui campagna è stata una prova generale del lancio politico di Obama, è diventato governatore del Massachusetts e quindi i democratici hanno pensato bene di tornare alle vecchie regole cambiate per evitare che Romney scegliesse un repubblicano al posto di Kerry. Il governatore Patrick, appellandosi all'emergenza che la situazione sanitaria richiedeva, ha nominato ad interim il senatore Paul Kirk in attesa delle suppletive di questa mattina.

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