Haiti tra gli dèi del vudu e gli aiuti dall'estero

Maurizio Stefanini

Nel vudu, il culto sincretico che è la grande icona di Haiti nella cultura di massa, c'è Mambo, la Loa che porta le tempeste. Ci sono Azaka-Tonnerre, Diable Tonnerre e Sobo: ben tre Loa del Tuono. C'è Clermeil, il Loa delle inondazioni. E c'è soprattutto Ogoun, dio fabbro del fuoco terrestre e del ferro, come il vulcano classico, anche lui è associato al tuono e presiede alla guerra e alla politica.

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    Circa 100 bambini sarebbero rimasti sepolti sotto le macerie di una scuola crollata nel villaggio di Leogane, a un'ora di viaggio da Port-au-Prince, che è stato completamente distrutto. La Farnesina ha detto che sono sette gli italiani che ancora mancano all'appello e si teme che tre di loro non siano sopravvissuti al sisma. Intanto è stata confermata la morte di Guido Galli, funzionario della missione delle Nazioni Unite, rimasto ucciso nel terremoto di lunedì scorso.

    Nel vudu, il culto sincretico che è la grande icona di Haiti nella cultura di massa
    , c'è Mambo, la Loa che porta le tempeste. Ci sono Azaka-Tonnerre, Diable Tonnerre e Sobo: ben tre Loa del Tuono. C'è Clermeil, il Loa delle inondazioni. E c'è soprattutto Ogoun, dio fabbro del fuoco terrestre e del ferro, come il vulcano classico, anche lui è associato al tuono e presiede alla guerra e alla politica. Due attività che nella turbolenta storia haitiana sono state quasi sempre collegate. Non c'è però un dio dei terremoti. Segno inequivocabile che a Haiti e nei Caraibi in genere i terremoti stessi sono sempre stati considerati un problema minore, rispetto alla tremenda frequenza degli uragani, nome anch'esso che deriva da una divinità caraibica, dei tempi precolombiani. Molto frequenti anche le inondazioni, in un'isola crudelmente deforestata. Quanto ai vulcani, nella memoria collettiva caraibica c'è il ricordo della Pelée, il vulcano della Martinica la cui eruzione nel 1902 uccise ventimila persone, trasformando la città di Saint-Pierre nella “Pompei americana”.
    Questo non vuol dire che la terra ogni tanto non tremi. Ma, da quando Cristoforo Colombo è arrivato nelle Bahamas, è questo il più micidiale terremoto che si ricordi in tutta la storia dei Caraibi.

    Le decine di migliaia di morti di cui si parla in queste ore vanno raffrontate alle cinquemila vittime che fece il sisma delle Leeward Islands nel 1843: quello che finora era stato il più cruento della regione. E quanto al più famoso, quello che in Giamaica nel 1692 sprofondò in mare la “capitale dei pirati” Port Royal, non oltrepassò le duemila vittime. Fu però quel sisma a sradicare la pirateria caraibica che fino a quel momento aveva imperversato senza che nessuno riuscisse ad arginarla. La mentalità dell'epoca vi lesse una punizione divina verso i predoni. Sulla rete in questo momento non mancano di circolare tesi del genere, con vari internauti americani che parlano di “castigo di Dio sui pagani” proprio per la diffusione del vudu a Haiti.
    Il terremoto arriva in un momento geopolitico particolare, con tre paesi che stanno rivaleggiando per la leadership dell'emisfero: gli Stati Uniti di Barack Obama, che stanno prudentemente tornando a guardare il “cortile di casa” dopo essersi dedicati ai problemi mediorientali; il Venezuela di Hugo Chávez, la cui sfida a Washington è ormai da tempo dichiarata; e il Brasile di Lula, che dice di voler fare da cerniera andando d'accordo con gli uni e con gli altri a un tempo, ma che in pratica sta facendo concorrenza a entrambi.

    La poverissima Haiti, con gli indici economici e di sviluppo umano peggiori di tutto l'emisfero occidentale e con i due quinti del bilancio pubblico rappresentato da aiuti allo sviluppo, stava in questo momento cercando di attingere da tutti e tre. Gli Stati Uniti restano il principale partner, ma dalla visita fatta a Haiti nel marzo 2007 anche Chávez ha sviluppato un imponente programma di aiuti: almeno un miliardo di dollari nei settori di energia, sanità e infrastrutture. Nel pacchetto erano comprese quattro centrali elettriche da costruire a Port-au-Prince, Cap-Haïtien e Gonaïves; una raffineria da diecimila barili al giorno; una fornitura da altri quattordicimila barili di petrolio al giorno, ai prezzi favorevoli riservati ai soci dell'Alba sebbene Haiti non ne faccia parte. D'altra parte è il Brasile è presente in loco: attraverso il comando, affidato al generale Luiz Carlos da Costa, e il principale contingente, 1.266 uomini su 9.065, della Minustah, la missione dell'Onu per la stabilizzazione di Haiti, inviata dopo la guerra civile che nel 2004 costrinse all'esilio il presidente Aristide. Stati Uniti, Venezuela e Brasile sono in prima linea per gli aiuti. Il Brasile ha subito ordinato ai propri Caschi blu di mobilitarsi alla ricerca dei sopravvissuti. Chávez ha inviato un primo gruppo di 50 specialisti nel recupero di vittime di calamità.

    Gli Stati Uniti a loro volta invieranno due di queste squadre
    , una dalla California e una dalla Virginia, in attesa di una possibile mobilitazione dell'intero Comando sud. Emergenze di questo tipo erano la motivazione ufficiale per cui è stata di recente ricostituita la Quarta flotta dei Caraibi: accusata da Chávez di essere l'apripista a un “ritorno imperiale” nella regione. Nella partita è anche Bill Clinton, inviato speciale delle Nazioni Unite a Haiti.
    Il guaio, però, è che in un primo momento il presidente brasiliano Lula è apparso più preoccupato di salvare gli stessi soldati brasiliani, che non di mandarli a salvare gli haitiani. Almeno undici di loro sono morti, la sede dell'Onu e la maggior parte delle installazioni del contingente sono andate in briciole, e al momento in cui scriviamo risulta disperso il generale da Costa, oltre al suo superiore civile, il tunisino Heddi Annaba. Quanto a Chávez, in questo momento la situazione è tremenda anche a casa sua, con l'annuncio di un severo razionamento dell'energia e i militari mandati demagogicamente in strada a cercare di fermare la penuria chiudendo i negozi degli “speculatori”. Restano gli Stati Uniti, pronti a mandare una nave ospedale, mentre c'è già chi chiede alle banche salvate dallo stato di usare quei soldi per fare un bailout di Haiti.

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