I 140 caratteri che hanno cambiato la cronaca della tragedia

Marianna Venturini

In tempo reale, minuto dopo minuto, Internet ha raccolto i commenti, le prime reazioni e gli appelli che sono arrivati da Haiti dopo il terremoto. Le richieste di aiuto e le immagini delle case distrutte si sono sommate sul Web prima che arrivassero le televisioni o le agenzie di stampa. I giornali di ieri avevano sulle prime pagine le fotografie apparse su Twitter pochi minuti dopo il disastro. Così la rete è diventata il catalizzatore principale per seguire gli avvenimenti in diretta da più fonti, soprattutto da chi si trovava sul posto.

    In tempo reale, minuto dopo minuto, Internet ha raccolto i commenti, le prime reazioni e gli appelli che sono arrivati da Haiti dopo il terremoto. Le richieste di aiuto e le immagini delle case distrutte si sono sommate sul Web prima che arrivassero le televisioni o le agenzie di stampa. I giornali di ieri avevano sulle prime pagine le fotografie apparse su Twitter pochi minuti dopo il disastro. Così la rete è diventata il catalizzatore principale per seguire gli avvenimenti in diretta da più fonti, soprattutto da chi si trovava sul posto. Nel paese i collegamenti telefonici sono stati a lungo interrotti ma non la connessione Internet, che è rimasta l'unico mezzo di comunicazione funzionante e ha permesso alle storie a lieto fine di intrecciarsi con quelle più infelici. Twitter in particolare ha raccolto i pensieri, sia di chi si trova sul posto del disastro sia di chi è in cerca di informazioni utili per ritrovare amici e parenti. Lisandro Suero, per esempio, è un ragazzo che vive a Haiti e ha raccolto molte immagini scattate sui luoghi colpiti dal terremoto. Sul suo spazio ha pubblicato anche le ultime novità sugli aiuti internazionali e su cosa sta succedendo a Haiti: durante tutta la giornata di ieri ha tenuto costantemente aggiornata la situazione con brevi informazioni e molte immagini.

    “Devastazione” è la parola più frequente che ricorre nei commenti dei testimoni. Carel Pedre è un presentatore televisivo e radiofonico di Haiti e attraverso la Rete ha tenuto i collegamenti con i media internazionali per raccontare quello che stava succedendo nella capitale. Frederic Dupoux spiega quanto sia difficile per i soccorritori aiutare le centinaia di persone che avrebbero bisogno di sostegno e invita chiunque abbia la possibilità a scendere in strada per dare una mano. Richard Morse, invece, è americano e fino a qualche giorno fa scriveva su Twitter i suoi commenti sulle serate a Port-au-Prince fatte di balli e divertimento. Ora ha cambiato il tono dei messaggi e comunica i numeri utili per i soccorritori e i contatti delle ambasciate per gli stranieri che come lui si trovano nel paese. Joshua Zook vive a Washington e sua sorella è missionaria a Haiti. Grazie al supporto di Twitter è riuscito prima a lanciare l'allarme per la sua scomparsa, poi si è messo in contatto con lei, ricoverata in ospedale.   

    Persone da tutto il globo hanno declinato i 140 caratteri a disposizione per scrivere in ogni modo: c'è chi prega, chi chiede aiuto, chi spera di ritrovare i dispersi, chi fa circolare le informazioni. Il Los Angeles Times ha immediatamente aperto una pagina apposta per aggregare molti dei commenti degli utenti di Twitter da Haiti e le prime iniziative sulla raccolta fondi. Si trovano anche le precauzioni in caso ci fossero nuove scosse di terremoto e i video con le prime immagini dopo il sisma. Speranza e disperazione si alternano nei messaggi che a ripetizione appaiono sulla pagina del quotidiano americano: una ragazza chiede di potere riascoltare la voce del padre (forse travolto dalle macerie), un altro ringrazia per le preghiere e dice che a Haiti “è tutto impazzito: abbondano devastazione, paura, panico e choc”. C'è poi chi costantemente aggiorna il numero dei recuperati vivi sotto i resti del crollo.

    L'italiana Fiammetta Cappellini, rappresentante di Avsi a Haiti, è riuscita a entrare in contatto con i suoi colleghi italiani attraverso Skype e a raccontare come è riuscita a salvarsi. Anche sul social network più famoso, Facebook, sono nati i gruppi per sostenere gli haitiani, come “Haiti Needs Us, And We Need Haiti” che ha già raggruppato migliaia di persone. In altri gruppi si ritrovano le persone alla ricerca dei propri familiari in una particolare località o in un preciso albergo, come il Christopher Hotel.