I due fronti sulla giustizia dentro il Pd

Marianna Venturini

Un tono basso e uno alto, e così le posizioni del Pd si alternano tra le proposte di apertura per riformare la giustizia e i no secchi. Nel giorno in cui parte del centrosinistra scenderà in piazza per il NoBDay, il partito guidato da Pier Luigi Bersani si trova diviso da una sottile frattura. I toni alti sono quelli di chi invoca la chiusura totale con la maggioranza, di chi non crede sia possibile trovare soluzioni condivise sulla riforma della giustizia con il Pdl.

    Un tono basso e uno alto, e così le posizioni del Pd si alternano tra le proposte di apertura per riformare la giustizia e i no secchi. Nel giorno in cui parte del centrosinistra scenderà in piazza per il NoBDay, il partito guidato da Pier Luigi Bersani si trova diviso da una sottile frattura. I toni alti sono quelli di chi invoca la chiusura totale con la maggioranza, di chi non crede sia possibile trovare soluzioni condivise sulla riforma della giustizia con il Pdl. Un fronte oggi sarà a Roma a manifestare (c'è il presidente del Pd Rosy Bindi e c'è l'ex segretario Dario Franceschini). I toni bassi, invece, sono di chi è più favorevole al confronto sulle riforme, in particolare sui punti della bozza Violante (indicata ormai da tutti come necessaria base di partenza): lo stesso fronte che in piazza alla fine non dovrebbe proprio andarci. Pochi giorni fa, in un'intervista al Corriere della Sera, il vice segretario del Pd Enrico Letta ha detto che “è legittimo che il presidente del Consiglio si difenda nei processi e dai processi”.

    E la sua dichiarazione è stata utile per capire i fronti in campo.
    Su questo tema, Andrea Orlando, responsabile Giustizia del Pd, ha pochi dubbi. “Nel Pd – dice al Foglio – resta la disponibilità ad affrontare il tema della giustizia a patto che questa non serva a strumentalizzare le posizioni di Berlusconi. Inoltre, per quanto mi riguarda, il Pd è pronto a ridiscutere tutto l'impianto, compresa l'immunità per le cariche istituzionali, che se fosse contestualizzata al meglio e senza il riferimento diretto al premier potrebbe essere tranquillamente introdotta”. Secondo Orlando “è indubbio che ci sia un problema di equilibrio tra i poteri, ma è altrettanto vero che il governo persevera nel presentare leggi a favore di Berlusconi”. Il responsabile Giustizia del Pd è così convinto che la bozza Violante possa essere davvero “un ottimo punto di partenza per un'ampia riforma istituzionale perché è già stata condivisa in passato e può essere lo spunto per il complessivo processo riformatore”. Parlando con il Foglio, poi, il deputato del Pd Lanfranco Tenaglia (ex responsabile Giustizia del partito) spiega però come in questo clima sia “difficile affrontare questo tema con serenità”.

    Nonostante ciò, si schiera anche lui su quel fronte più dialogante del Pd – ferocemente criticato da Marco Travaglio nell'ultimo numero di MicroMega – e concorda nel definire la bozza Violante “l'inizio auspicabile di un discorso più ampio perché può servire per ridefinire l'assetto istituzionale”. Lo stesso vale per la reintroduzione dell'immunità , che rientra in una discussione che potrebbe essere affrontata in futuro. “A condizione però – specifica Tenaglia – che non si trasformi l'immunità in impunità”. Dunque soltanto il ritiro del ddl sul processo breve sarebbe “il primo passo per proseguire un dialogo più ampio sulla riforma della giustizia”. E chi potrebbero essere gli interlocutori con cui poter lavorare in Parlamento? “Per ora – dice Orlando – ci sono state intenzioni generiche, ma è evidente che le nostre idee trovano riscontro nell'Udc. Per quanto riguarda il partito di Di Pietro confesso che per noi resta su posizioni aventiniane”.