Ecco due problemi non risolti di cui alla Fao non parleranno

Maurizio Stefanini

“Il sistema del commercio multilaterale deve liberarsi dei vergognosi sussidi agricoli ai paesi ricchi”, ha detto Lula. “C'è un nuovo feudalesimo per il quale  i paesi ricchi stanno comprando la terra in Africa”, ha denunciato Gheddafi. Ecco due temi che riassumono i dilemmi dell'agricoltura mondiale, nel momento in cui per la prima volta nella storia la cifra degli affamati ha superato la barriera del miliardo, e che la Fao per come è fatta non affronterà.

    Il sistema del commercio multilaterale deve liberarsi dei vergognosi sussidi agricoli ai paesi ricchi”, ha detto Lula. “C'è un nuovo feudalesimo per il quale  i paesi ricchi stanno comprando la terra in Africa”, ha denunciato Gheddafi. Ecco due temi che riassumono i dilemmi dell'agricoltura mondiale, nel momento in cui per la prima volta nella storia la cifra degli affamati ha superato la barriera del miliardo, e che la Fao per come è fatta non affronterà. Lula si è presentato col fiore all'occhiello del programma “Fame Zero”, che ha liberato dalla fame 20,4 milioni di persone e ha ridotto la malnutrizione infantile del 62 per cento. Lo strumento non è stata però la riforma agraria che il suo partito aveva chiesto da opposizione, bensì il via libera alla grande agroindustria, cui ha garantito non solo la tutela della proprietà, ma anche il pieno appoggio politico in tutte le querelle a livello planetario: dalla battaglia contro i sussidi e i dazi doganali del Nord del Mondo, appunto, alla promozione del biocarburante. In cambio, l'agroindustria ha fornito le risorse per i piani assistenziali che hanno trasformato 20 milioni di marginali in consumatori.

    Il problema del nuovo feudalesimo in Africa, di cui parlava Gheddafi, è noto almeno da un paio d'anni, da quando cioè esperti e think tank hanno lanciato la definizione del “farmland grab”. Sebbene l'Europa non sia del tutto estranea a questa “incetta”, sono soprattutto i paesi ricchi non occidentali i “nuovi feudatari”. Dal marzo del 2008, sono oltre 30 milioni gli ettari che hanno cambiato proprietà. Per avere un termine di raffronto: l'intera superfice coltivabile europea ammonta a 40 milioni di ettari. In alcuni casi a muoversi sono società private. Sud-coreane, ad esempio: il contratto di affitto per 25 anni di 92.000 ettari nella regione filippina del Mindoro orientale firmato dalla Jeonnam Feedstock per produrre grano; i 6 milioni e mezzo di dollari versati dalla Hyundai per il pacchetto di maggioranza della Khorol Zerno, proprietaria di 10.000 ettari nella Siberia Orientale;  i 700.000 ettari affittati da altri interessi sud-coreani in Sudan. E poi ci sono i 120.000 ettari acquistati dalla svedese Alpcot Agro in Russia; i 900.000 della Benetton in Argentina; i  100.000 della giapponese Mitsui in Brasile; e, ultimissimi, i 200.000 ettari che la Confagricoltura sudafricana ha acquistato in Congo.

    Ma altre volte sarebbero stati direttamente i governi a investire in terra: il Kuwait ha ottenuto 130.000 ettari di risaie in Cambogia; l'Egitto 40.000 ettari in Uganda; l'Arabia Saudita 500.000 ettari in Tanzania. Altre volte ancora governi e privati cooperano strettamente: il governo di New Delhi, in particolare, ha finanziato l'ottantina di società private che hanno cercato di comprare 350.000 ettari in Tanzania; mentre il governo di Pechino e alcuni privati cinesi stanno invece agendo assieme in Congo. Il contratto di affitto per 99 anni di 1,3 milioni di ettari della Daewoo è stato però uno dei fattori che ha scatenato la rivolta che in Madagascar ha deposto il presidente Marc Ravalomanana, e anche in Ucraina l'acquisto di 40.000 ettari da parte di Morgan Stanley e l'affitto di altri 67.000 da parte della britannica Landkom International ha provocato un'inchiesta da parte della premier Yulia Tymoshenko.