Così Thaksin va alla guerra (diplomatica) tra Thailandia e Cambogia

Massimo Morello

La crisi è iniziata a fine ottobre, durante il Summit dell'Asean, l'organizzazione delle nazioni del sud-est asiatico, quando il primo ministro cambogiano Hun Sen disse che aveva intenzione di dare asilo all'ex premier thai Thaksin Shinawatra e nominarlo consigliere economico. Thaksin, deposto da un colpo di stato nel 2006 e condannato a due anni per corruzione, vive in esilio tra Centro America, Dubai, Sud Africa e Cambogia.

    "Vai in Cambogia?". Per il funzionario del Ministero degli Esteri thailandese è scontato che in questo momento la meta di un giornalista residente a Bangkok sia la Cambogia. Il che non rassicura circa l'evolversi della crisi tra i due paesi. La crisi è iniziata a fine ottobre, durante il Summit dell'Asean, l'organizzazione delle nazioni del sud-est asiatico, quando il primo ministro cambogiano Hun Sen disse che aveva intenzione di dare asilo all'ex premier thai Thaksin Shinawatra e nominarlo consigliere economico. Thaksin, deposto da un colpo di stato nel 2006 e condannato a due anni per corruzione, vive in esilio tra Centro America, Dubai, Sud Africa e Cambogia.

    Nonostante le proteste del governo thai, che ha giudicato la dichiarazione come un'interferenza nei suoi affari interni, il premier cambogiano ha mantenuto l'impegno: la settimana scorsa, con decreto firmato dal re di Cambogia Norodom Sihamoni, ha nominato Thaksin consigliere economico. Pochi giorni dopo, il 10 novembre, il “fuggitivo”, come lo definiscono in Thailandia, è arrivato a Phnom Penh, accolto con tutti gli onori. "Può aiutare la Cambogia a diventare ricca come la Thailandia" ha dichiarato Hun Sen. Speranza che Thaksin alimenta dallo scorso anno, quando ha presentato un piano per trasformare in una “seconda Hong Kong” la provincia marittima cambogiana di Koh Kong, dove si dice abbia una base segreta.

    In questo scenario, la richiesta di arresti ed estradizione di Thaksin rivolta al governo cambogiano da parte del procuratore generale thailandese appare del tutto formale. Il portavoce del Ministero degli Esteri cambogiano Koy Kuong ha replicato: "Non concederemo l'estradizione di Thaksin. Per noi è un perseguitato politico". Secondo il suo “eterno” e “fraterno amico” Hun Sen, Thaksin è così perseguitato da paragonarlo ad Aung San Suu Kyi, leader dell'opposizione birmana e premio Nobel per la pace, che ha trascorso gli ultimi vent'anni agli arresti.

    Nel frattempo i due paesi hanno richiamato i rispettivi ambasciatori e la Thailandia ha cancellato il memorandum d'intesa con la Cambogia circa le zone di “sovrapposizione” ai loro confini. Come se tutto ciò non bastasse, Thaksin ha rilasciato un'intervista al Times in cui sembra auspicare una riforma della monarchia thai, istituzione considerata sacra, tanto più in un momento delicato per le condizioni di salute del venerato monarca Bhumibol Adulyadej. Insomma, nonostante la dichiarazione che non avrebbe mai agito contro gli interessi del suo paese, Thaksin si è trasformato nel detonatore di una crisi che potrebbe sfociare in un conflitto in cui la Thailandia ha tutto da perdere. Secondo alcuni osservatori, un piccolo, povero paese come la Cambogia, che tutti ricordano per gli orrori subiti durante il periodo dei khmer rossi (di cui Hun Sen fu tra i protagonisti), susciterebbe molta più simpatia della Thailandia.

    Hun Sen, invece, non ha nulla da perdere. Anzi, la crisi sta già canalizzando il nazionalismo khmer nella direzione che vuole lui: contro i thailandesi, nemici storici dal IX secolo, all'epoca dell'impero khmer in perenne lotta con il regno del Siam. In questo modo Hun Sen riesce a distrarre la popolazione dalla crescente insofferenza verso vietnamiti, che hanno invaso il paese nel 1979, lo hanno insediato come primo ministro nel 1985 e in modo più o meno occulto continuano a controllare il governo. C'è da chiedersi se gli Stati Uniti sosterranno la causa cambogiana in appoggio ai vietnamiti (che si stanno dimostrando i migliori alleati nell'area) sacrificando lo storico alleato thai, mentre i cinesi si schiereranno con i thai in funzione antivietnamita e antiamericana, sacrificando Thaksin che consideravano un partner affidabile ed è sangue del loro sangue. E' l'ennesima mano di un gioco cominciato trent'anni fa. A carte rimescolate.