Lettera ai moralisti/3

Umberto Silva

Infine, una domanda ad me ipsum: perché tanto furore? Cosa ha scatenato la mia ira contro l'appello dei tre giuristi? Stanotte mi sono messo a frugare tra pensieri e ricordi, e risalendo il fiume degli anni è affiorata la reminescenza dolorosa, l'immagine intollerabile che ha scatenato la mia furia. E' sempre lui, il Sessantotto, l'anno fatale in cui in modo surreale si esibì il crimine miccia di ogni altro: lo spaccio.

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    Infine, una domanda ad me ipsum: perché tanto furore? Cosa ha scatenato la mia ira contro l'appello dei tre giuristi? Stanotte mi sono messo a frugare tra pensieri e ricordi, e risalendo il fiume degli anni è affiorata la reminescenza dolorosa, l'immagine intollerabile che ha scatenato la mia furia. E' sempre lui, il Sessantotto, l'anno fatale in cui in modo surreale si esibì il crimine miccia di ogni altro: lo spaccio. Invocando la libertà milioni di giovani scesero in piazza per rovesciare la democrazia e instaurare spietati regimi dittatoriali. Si negò l'evidenza, ma anche tra i benpensanti pochi furono quelli che si scandalizzarono per l'offesa alla logica, si preferì buttarla sulla morale e disquisire sui pro e i contro, le attenuanti e le aggravanti. Era accaduto ben altro, la psicosi allucinatoria aveva fatto una massiccia irruzione nella nostra psiche. Avevano così luogo violenti fenomeni proiettivi, applauditissimi: i veri fascisti, i maoisti, chiamavano fascisti gli antifascisti di diritto e di fatto. Agli occhi di molti i poliziotti divennero delinquenti, santi i loro assassini.

    Anche allora si fecero grandi appelli e solo perché ero chissà dove schivai il più iniquo, ma la mia pur distratta partecipazione a quei giorni di piazza e di pazzia ancora oggi mi brucia. Correvamo all'appuntamento con il nulla… spacciandolo per il tutto.
    Con il delirio al potere del Sessantotto lo spaccio toccò uno dei suoi apici, ma già in precedenza i comunisti si mostrarono maestri d'illusionismo. Fin dalle origini spacciarono per generosità il sadismo e per libertà l'asservimento, da guadagnarsi peraltro a caro prezzo. Stalin era l'uomo più buono del mondo, Fidel Castro è tutt'oggi il benefattore di Cuba e così via, all'infinito. Tutto un imbroglio, un'allucinazione che, quando non intesa e non articolata, è destinata a ripetersi. E non è affatto vero che la prima volta la storia si presenta come tragedia e la seconda come farsa. Non fu così nemmeno per l'evento che aveva suggerito a Marx il suo celebre aforisma: la dittatura di Napoleone il Piccolo sfociò infatti nei disastri di Sedan e della Comune.

    Anche in Italia a tragedia segue tragedia, nonostante si cerchi di esorcizzarle con i nostri eterni ghigni. Ed ora di nuovo si dà del “fascista!”, mentre ingiuriosi appelli vengono promossi da pastori che non fanno quello che sanno… Perché in cuor loro sanno benissimo che la libertà di stampa è in Italia l'unica cosa libera, liberissima fino alla nausea dell'arroganza. Tutto questo in un paese ove ogni cosa è prigioniera, a cominciare dalla giustizia minacciata dall'uno e strattonata dall'altro; dal commercio taglieggiato dalla mafia e dalle mazzette; dall'università e dalla ricerca soffocate dal nepotismo. Posso comprendere i delitti più orrendi, ma lo spaccio mi fa uscire di testa. Ci siamo dentro fino ai capelli; impolverati di neve non riusciamo a vedere più in là del nostro naso ma, per il noto effetto della magica polverina, parliamo e straparliamo ininterrottamente. Non è la libertà di stampa a mancare, quanto un pensiero libero dalle ossessioni, un'opinione che non sia prestampata, manca una parola autentica. Per anni e anni siamo vissuti in una bolla non solo finanziaria quanto soprattutto psichica, tra titoli e rifiuti tossici spacciati per valori, in un consumismo talmente sfrenato da non riuscire più a essere consumato, e nemmeno eliminato. I rifiuti assediano i templi della Magna Grecia, ma ancora di più i templi cristiani, i rifiuti assediano le nostre anime.

    A questo punto che si fa, ci si mette a pensare? Ce ne guardi Iddio! Per non accedere all'intendimento, alla responsabilità e all'impegno che ne deriverebbe, ci si affanna nella ricerca di un capro espiatorio, di un tiranno colpevole di tutto, tutore della nostra incapacità d'intendere e di volere. E a chi scaricare addosso i nostri rifiuti di pensare, di mutare rotta, se non al premier? Non è forse stato lui a cercarli, a correre a Napoli, a gloriarsi di averli di persona smaltiti? Già, ma dove? E' evidente che li ha ingurgitati, magari ha fiutato chissà quale affare, ha trovato pepite d'oro. Ma se le tenga, però si tenga anche le nostre ingiurie, non faccia il santerellino, lui e le sue mignotte, sappiamo di che pasta è fatto, di quali menzogne è capace, sempre così contraddittorio e fumoso, non si lamenti se gli pisciamo addosso e tutto il resto. Vuole fare il tiranno? Benissimo, a noi ci vai bene, stupratore di minorenni, pattumiera di tutte le nostre storie, corruttore di giudici ora pro nobis, golpista imparruccato demitte nobis debita nostra… E chi più ne ha, più ne metta d'ingiuriosi salamelecchi. Già, perché, sfortunatamente per i suoi fan, con tutti i suoi vezzi e i suoi vizi Berlusconi tiranno non è. Tocca farlo diventare. Chissà che a furia di banderillas en los cojones non si trasformi almeno in un Chávez! Non Geo Chávez, che “per la conquista del cielo, primo trasvolando le alpi, sacrificò la giovinezza ardente” recita il monumento di Domodossola, ma Hugo il macho, uno che ci sa fare con la censura. Sicché per l'ultimo assalto che mai ultimo è, ecco pronti gli attempati giovanotti.

    Cavaliere, perché quella brutta faccia? Capisco che preferirebbe cavalcare nel deserto libico ma non sia triste; io l'ammiro, e sa perché? Lei è il tipo capace di fare il baciamano alle puttane, come un mio zio brianzolo che per la sua grande umanità veniva deriso dai servi. Unico suo neo, se mi consente, le barzellette, sempre maleodoranti come ogni motto di spirito preconfezionato. L'idea di condividere la triste passione con Antonio Di Pietro può dissuaderla dal perseverare? Sorrida sempre, la prego, che se fa il torvo poi dicono che è il Duce. Basta un sorriso: l'anima fa capolino e i fantasmi del passato fuggono via e quelli del presente svaniscono.

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