L'opera struggente di una formidabile Cenerentola/2

La voce di Susan Boyle dice che la normalità è una corazza salutare

Alessandro Schwed

Se non fosse finita sotto le luci della tv, sarebbe stata una normale persona tra la folla. 47 anni, priva di attrattiva, insomma brutta. Tarchiata, i capelli un cespuglio di filo spinato, disabituata a parlare; corista, volontaria in una parrocchia del nord-est scozzese.

    Se non fosse finita sotto le luci della tv, sarebbe stata una normale persona tra la folla. 47 anni, priva di attrattiva, insomma brutta. Tarchiata, i capelli un cespuglio di filo spinato, disabituata a parlare; corista, volontaria in una parrocchia del nord-est scozzese. Mai baciata da uomo. Si è presentata in modo inadeguato alla tv: una casalinga austera che di solito sfaccenda; strano che non avesse un piumino per spolverare. Quando ha smesso di cantare, era una star planetaria.

    La rivelazione del reality inglese “Britains got Talent”, un programma seguito dal Regno Unito agli Stati Uniti. In poco più di un mese, la Boyle e la sua voce hanno spopolato su YouTube e la Bruttona di Scozia è diventata la persona più cliccata nella storia del sito, dato che una persona veramente normale ce l'ha fatta ad arrivare lassù. Demy Moore ci va pazza. Sarà per quello che Demy ultimamente si fa fotografare bella e brutta che sorride allegramente con un foro nero tra i denti, come le facce sui cartelloni dove i ragazzi ritoccano la bocca annerendo la chiostra dentale. Come tutti i reality, “Britains got Talent” è fatto per esaltare la normalità, ma attenzione, è una normalità da musical.  Ci vanno padri e figli a fare i ballerini del tip tap irlandese con le gambe rigide come legno, tutte ritmate sui tacchi; famigliole inglesi dove cantano i bimbi e babbo e mamma;  gruppi di adolescenti colored che fanno break dance con la facilità con cui una persona si soffia il naso. La novità è che il successo mondiale di Susan Boyle dipende da una perversione eminentemente televisiva a causa della quale invece di presentarsi con il seno rifatto, ha i capelli tagliati sotto casa e non è per niente sexy, ma una tizia con la voce di un arcangelo disceso in tv, come in un film di Frank Capra – solo che questa qui è la realtà.

    E infatti, è proprio una regola della commedia americana che se il protagonista è socialmente segnato, magari nero come l'eroe  di “Indovina chi viene a cena”, per essere vincente deve presentarsi bello, intelligente, sensibile. Un gigante di disumana perfezione, e allora pace se è nero. Fu in tal modo insopportabile che 40 anni fa Sidney Poitier convinse il pubblico e i traumatizzati e bianchissimi Spencer Tracy e Katharine Hepburn di essere un genero nero meraviglioso. All'eroe del XXI secolo, la parrocchiana scozzese Susan Boyle, è successo qualcosa di uguale e contrario: è brutta e la sua conversazione è ordinaria; ma quando è apparsa in pubblico e si è messa a cantare, si è trasfigurata in una creatura sublime – come solo la musica permette. E  anche se unicamente per qualche settimana, è stato trasfigurato il canone sexy di quei corpi maschili e femminili, disegnati come fossero sempre la stessa persona. Trasfigurato il canone “sono come tu mi vuoi”, la Boyle ha trasfigurato il pubblico. E' stata la sua bruttezza a mettere in rilievo il talento. Se a possedere quella voce fosse stata Angelina Jolie, l'effetto sarebbe stato ampiamente stucchevole.

    Però adesso la fiaba della Brutta Addormentata nel chiostro ha un andamento sussultorio, chissà come andrà a finire. Intanto, come prima cosa, a Hollywood non possono ridisegnare il canone femminile sulla base di quei capelli da casalinga trascurata, poi il passaggio dalla normalità al successo ha minato il morale di Susan. In finale, ha perso con i cantanti ragazzini. Quando è tornata in albergo ha avuto una crisi di nervi e l'hanno dovuta ricoverare in clinica. Capite bene, la vituperata normalità è una corazza salutare. La gente non nasce attaccata al microfono, ma al cordone ombelicale. Dopo 47 anni di penombra è meglio non essere sbalzati sotto le luci della fama televisiva, fa male diventare l'ennesima attrazione mediatica, sentirsi dire ogni giorno quanto sei brutta e come canti bene. In questa fiaba postmoderna, quando il Principe azzurro è arrivato da Susan e l'ha baciata, lei ha avuto le convulsioni. Povera Boyle. Adesso che ha sfondato, è una metafora.