Foto via Flickr dall'account Obama White House

Obama al cospetto dell'islam

Redazione

Il rapporto tra l’islam e l’occidente comprende secoli di coesistenza e cooperazione, ma anche conflitti e guerre di religione

Pubblichiamo gli stralci più significativi del discorso che Barack Obama ha tenuto ieri al Cairo.

   

L’America e l’islam. “Il rapporto tra l’islam e l’occidente comprende secoli di coesistenza e cooperazione, ma anche conflitti e guerre di religione. Più di recente, le tensioni sono state alimentate dal colonialismo, che ha negato diritti e opportunità ai musulmani, e da una Guerra fredda in cui i paesi a maggioranza islamica sono stati trattati troppo spesso come pedine senza riguardo alle loro aspirazioni. In più il cambiamento radicale portato dalla modernità e dalla globalizzazione ha condotto molti musulmani a considerare l’occidente ostile alle tradizioni dell’islam. Estremisti violenti hanno strumentalizzato queste tensioni fomentando una minoranza – piccola ma potente – di musulmani. Gli attacchi dell’11 settembre e lo sforzo continuo da parte di questi estremisti nell’usare la violenza contro i civili ha portato alcuni nel mio paese a considerare l’islam inevitabilmente ostile non soltanto all’America e ai paesi occidentali, ma anche ai diritti umani. Questa convinzione ha generato paura e sfiducia. Fino a che la nostra relazione sarà definita dalle differenze che ci sono tra noi, rafforzeremo coloro che seminano odio invece che pace, che promuovono i conflitti invece che una cooperazione capace di aiutare tutti noi a trovare giustizia e prosperità. Questo circolo di sospetti e discordia deve finire. Sono venuto qui a cercare un nuovo inizio tra Stati Uniti e musulmani di tutto il mondo: un nuovo inizio fondato su mutuo interesse e mutuo rispetto, fondato sul fatto vero che islam e America non sono esclusivi, e non hanno bisogno di essere in competizione. Al contrario si sovrappongono e condividono principi comuni – principi di giustizia e progresso, tolleranza e dignità di tutti gli esseri umani. So che le cose non possono cambiare in un giorno. Nessun singolo discorso può sradicare anni di sfiducia (…). Ma sono convinto che per andare avanti dobbiamo dire apertamente ciò che abbiamo nei nostri cuori e che troppo spesso diciamo soltanto in privato. Dobbiamo sforzarci di ascoltarci l’un l’altro, di imparare uno dall’altro, di rispettarci e di cercare un territorio comune. Come dice il Corano, “sii conscio di Dio e di’ sempre la verità”. Questo è quello che farò – dire la verità meglio che posso, umile di fronte ai compiti che ci aspettano e determinato nella mia convinzione che gli interessi che condividiamo come esseri umani sono più potenti delle forze che ci separano. (…) Non ci sono dubbi: l’islam è parte dell’America. E sono convinto che l’America sappia che al di là della razza, della religione, tutti condividiamo le stesse aspirazioni – vivere in pace e in sicurezza, andare a scuola e lavorare con dignità, amare le nostre famiglie, le nostre comunità, il nostro Dio. Condividiamo queste ambizioni. Questa è la speranza di tutta l’umanità”.

   

Gli estremisti, Kabul e Baghdad. “Ad Ankara ho chiarito che l’America non è e non sarà mai in guerra con l’islam. Ma combatteremo senza tregua gli estremisti che minacciano la nostra sicurezza. (…) La situazione in Afghanistan dimostra gli obiettivi dell’America e la necessità di lavorare insieme. Più di sette anni fa, gli Stati Uniti hanno combattuto al Qaida e i talebani con un consenso internazionale. Non siamo andati là per scelta, ma per necessità. So che alcuni mettono in dubbio o giustificano l’11 settembre. Ma fatemi essere chiaro: al Qaida ha ucciso tremila persone quel giorno. Le vittime erano uomini, donne e bambini innocenti, americani e di ogni parte del mondo. (…) Non vogliamo tenere le truppe in Afghanistan. Non vogliamo creare una base là. Saremmo ben più felici di portare ogni singolo soldato a casa se fossimo convinti che non ci siano estremisti violenti in Afghanistan e Pakistan che vogliono ammazzare più americani possibile. Ma non è questo il caso. Ecco perché siamo in una coalizione di 46 stati e, nonostante i costi, l’impegno americano non si indebolirà. Nessuno di noi deve tollerare questi estremisti. Hanno commesso omicidi in molti paesi. Hanno ucciso persone di fedi diverse – soprattutto, più di altri, hanno ucciso musulmani. (…) L’Iraq è stata una guerra fatta per scelta che ha provocato grandi divergenze in tutto il mondo. Nonostante sia convinto che gli iracheni stiano meglio oggi senza la tirannia di Saddam Hussein, credo anche che gli eventi iracheni abbiano ricordato all’America la necessità di usare la diplomazia e costruire un consenso internazionale per risolvere i problemi ogni volta che sia possibile. Thomas Jefferson diceva: “Spero che la nostra saggezza crescerà assieme al nostro potere e che ci insegni che meno usiamo il nostro potere più il potere sarà grande”.

   

I principi americani. “Così come l’America non potrà mai tollerare la violenza degli estremisti, così non dobbiamo mai alterare i nostri principi. L’11 settembre è stato un grande trauma per il nostro paese. La paura e la rabbia che ha provocato sono comprensibili, ma in un certo senso ci hanno portati a comportarci al contrario di quel che i nostri valori prevedono. Stiamo facendo cose concrete per invertire questa tendenza. Ho inequivocabilmente proibito l’uso della tortura da parte degli Stati Uniti e ho ordinato che la prigione di Guantanamo sia chiusa entro l’inizio dell’anno prossimo. L’America difenderà se stessa in rispetto della sovranità delle nazioni e dello stato di diritto. E lo farà collaborando con le comunità di musulmani che sono anch’esse minacciate. Prima gli estremisti saranno isolati e cacciati dalle comunità musulmane, prima saremo tutti più al sicuro”.

   

La questione israelo-palestinese. “I legami forti tra Israele e l’America sono noti a tutti. Tale legame non può essere spezzato. Si fonda su fattori culturali e storici e il riconoscimento dell’aspirazione a una terra per gli ebrei è radicato in una storia tragica che non può essere negata. Nel mondo, gli ebrei sono stati perseguitati per anni e l’antisemitismo in Europa è sfociato in un Olocausto senza precedenti. Domani sarò a Buchenwald, che fa parte di una rete di campi in cui gli ebrei sono stati rinchiusi, torturati, uccisi e gasati dal Terzo Reich. Sei milioni di ebrei sono stati uccisi – più dell’intera popolazione di Israele di oggi. Negare questo fatto è senza fondamento, ignorante e odioso. Minacciare Israele di distruzione – o ripetere vili stereotipi sugli ebrei – è profondamente sbagliato e serve soltanto a riportare alla mente agli israeliani i ricordi più dolorosi impedendo la pace che i popoli di questa regione meritano. D’altro canto, è anche innegabile che il popolo palestinese – musulmano e cristiano – ha sofferto nella ricerca di una terra. Per più di sessanta anni ha sopportato il dolore dello sradicamento. Molti aspettano in campi profughi in Cisgiordania, Gaza e nelle terre vicine una vita in pace e sicurezza come quella che non hanno mai avuto. Sopportano umiliazioni quotidiane – grandi e piccole – che derivano dall’occupazione. Non ci sono dubbi: la situazione del popolo palestinese è intollerabile. L’America non volterà le spalle alla legittima aspirazione dei palestinesi alla dignità, alle opportunità e a un loro stato. (…) Se guardiamo il conflitto soltanto da una parte o dall’altra, non riusciremo a vedere la verità: l’unica soluzione è rispondere alle aspirazioni di entrambe le parti attraverso la creazione di due stati, in cui palestinesi e israeliani possano vivere in pace e sicurezza. Questa soluzione è nell’interesse dei palestinesi, degli israeliani, degli americani e di tutto il mondo. Ecco perché voglio perseguire questo obiettivo personalmente con tutta la pazienza che questo richiede. (…) I palestinesi devono rinunciare alla violenza (…) ed è il momento per loro di pensare a quello che possono costruire. L’Autorità palestinese deve sviluppare capacità di governo, con istituzioni in grado di servire i bisogni della gente. Hamas ha il sostegno di parte dei palestinesi, ma ha anche delle responsabilità. Per soddisfare le ambizioni dei palestinesi e unificare il popolo palestinese, Hamas deve mettere fine alla violenza, riconoscere gli accordi passati e riconoscere il diritto di Israele a esistere. Allo stesso tempo, Israele deve comprendere che come il suo diritto a esistere non può essere negato,  così vale per quello dei palestinesi. Gli Stati Uniti non accettano la legittimazione degli insediamenti di Israele. La loro costruzione viola gli accordi passati e sminuisce gli sforzi per la pace. E’ ora che questi insediamenti siano fermati. Infine gli stati arabi devono riconoscere che l’Arab Peace Initiative rappresentava un inizio importante, ma non certo la fine delle loro responsabilità. Il conflitto arabo-israeliano non può più essere usato per distrarre le nazioni arabe da altri problemi. (…) Non possiamo imporre la pace, ma in privato molti musulmani dicono che Israele non scomparirà, così come molti israeliani riconoscono la necessità di uno stato palestinese”.

    

Le armi nucleari e l’Iran. “Per anni, l’Iran si è imposto in opposizione al mio paese, e certamente c’è una storia tumultuosa tra di noi. (…) Piuttosto che rimanere intrappolato nel passato, ho già fatto presente ai leader iraniani e al popolo iraniano che il mio paese è pronto a fare passi avanti. La domanda di oggi non è contro chi si pone l’Iran, ma quale futuro l’Iran vuole costruire. Sarà difficile superare decenni di sfiducia, ma andremo avanti con coraggio, rettitudine e determinazione. Ci sono molte questioni da discutere e abbiamo l’intenzione di avanzare senza precondizioni sulla base di un mutuo rispetto. Ma è chiaro che quando si tratta di armi nucleari, è stato messo un punto fermo. Non si tratta soltanto dell’interesse americano. Si tratta di prevenire una corsa alle armi nucleari in tutto il medio oriente, una corsa che può portare questa regione e il mondo su un terreno pericoloso. Capisco chi protesta perché alcuni paesi hanno le armi e altri no. Nessuna nazione dovrebbe scegliere quale altra nazione può avere armi nucleari. Ecco perché confermo l’impegno americano a creare un mondo in cui nessuna nazione abbia armi nucleari. E ogni nazione – compreso l’Iran – dovrebbe avere il diritto a un programma nucleare pacifico se è conforme con le responsabilità prese con il Trattato di non proliferazione. Questo impegno è al cuore del Trattato e deve essere mantenuto per tutti coloro che lo rispettano. Spero che tutte le nazioni della regione condividano questo obiettivo”.

   

La democrazia. “Nessun sistema di governo può o dovrebbe essere imposto da una nazione a un’altra. Questo non fa diminuire il mio impegno a favorire governi che riflettono la volontà della popolazione. Ogni nazione dà vita ai suoi principi a modo suo, facendo riferimento alle tradizioni del suo popolo. L’America non ha la presunzione di sapere che cosa è meglio per tutti, così come non abbiamo la presunzione di scegliere il risultato di un’elezione. Ma credo fermamente che tutti desiderano certe cose: la possibilità di dire quello che pensano e di poterlo dire anche riguardo a come sono governati; la fiducia nello stato di diritto e l’equa amministrazione della giustizia; un governo trasparente che non rubi alla gente; la libertà di vivere come si è scelto. Queste non sono soltanto idee americane, sono diritti umani ed è per questo che li sosterremo in ogni parte del mondo”.

  

La libertà di religione. “L’islam ha un’orgogliosa tradizione di tolleranza. Lo si vede nella storia dell’Andalusia e di Cordoba durante l’Inquisizione. L’ho visto io quando ero bambino in Indonesia, dove i cristiani pregavano liberamente in una nazione a stragrande maggioranza musulmana. Questo è lo spirito di cui abbiamo bisogno oggi. Tutti in ogni paese devono essere liberi di scegliere e di vivere la loro fede fondata sulla convinzione di mente, cuore e anima. Questa tolleranza è essenziale affinché la religone prosperi, ma è stata messa in discussione in molti modi. Tra i musulmani c’è la tendenza fastidiosa a misurare la propria fede sulla base di quanto se ne rifiuta un’altra. La ricchezza della diversità religiosa deve essere sostenuta – sia che si tratti dei maroniti in Libano o dei copti in Egitto. E le ferite devono essere chiuse anche all’interno dei musulmani, dove lo scontro tra sciiti e sunniti ha portato a violenze tragiche, soprattutto in Iraq. La libertà di religione è centrale rispetto alla capacità delle persone di vivere insieme. (…) La fede dovrebbe unirci. Questo è il motivo per cui stiamo formando progetti in America che mettono insieme cristiani, musulmani ed ebrei. Questo è il motivo per cui accogliamo iniziative come quelle del re saudita Abdallah sul dialogo interreligioso e la leadership turca nell’Alleanza delle civilizzazioni”.

    

I diritti delle donne. “Rifiuto l’idea di alcuni in occidente secondo cui le donne che scelgono di coprire il capo siano in qualche modo meno uguali delle altre, ma credo che una donna cui è negata l’istruzione sia una donna cui è negata l’uguaglianza. E non è una coincidenza che i paesi in cui le donne sono più istruite sono quelli che hanno più possibilità di essere prosperi. La questione dell’uguaglianza di trattamento delle donne non è soltanto una questione che riguarda l’islam. In Turchia, Pakistan, Bangladesh e Indonesia, paesi a maggioranza musulmana, sono state elette donne nei loro governi. La lotta per la parità delle donne continua anche in molti aspetti della vita americana. Le nostre figlie possono contribuire alla società tanto quanto i nostri figli, e la nostra prosperità migliorerà nel momento in cui si permette a tutta l’umanità – uomini e donne – di esprimere il suo potenziale. Non penso che le donne debbano fare le stesse scelte degli uomini per essere uguali e rispetto le donne che scelgono di vivere la loro vita in ruoli tradizionali. Ma deve essere una loro scelta”.

   

Sviluppo e opportunità. “La faccia della globalizzazione è contraddittoria, (…) ma so che il progresso umano non può essere negato. Non c’è contraddizione tra sviluppo e tradizione. Paesi come il Giappone e la Corea del sud hanno fatto crescere le loro economie senza rinunciare alle loro culture. Lo stesso si può dire dei progressi pazzeschi in paesi a maggioranza musulmana da Kuala Lumpur a Dubai. In passato e ancora oggi, le comunità musulmane sono state all’avanguardia in termini di innovazione e istruzione”.

    

Il mondo da costruire. “E’ più facile iniziare le guerre piuttosto che finirle. E’ più facile prendersela con gli altri piuttosto che guardare se stessi. E’ più facile vedere le differenze piuttosto che le cose condivise. Ma dobbiamo scegliere la strada giusta, non la strada più facile. C’è una regola che sta alla base di ogni religione – non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Questa verità trascende nazioni e popoli – è una verità che non è nuova, che non è né nera né bianca né marrone, che non è né cristiana, né musulmana né ebrea. E’ una convinzione che si trasmette dalla culla della civiltà e ancora batte in miliardi di cuori. E’ la fiducia nelle altre persone, ed è quello che mi ha portato qui oggi. Abbiamo il potere di fare il mondo che vogliamo, ma soltanto se abbiamo il coraggio di cominciare un nuovo inizio, tenendo presente ciò che è stato scritto. Il Corano dice: “O uomini, vi abbiamo creato maschi e femmine e vi abbiamo messo in nazioni e tribù in modo che possiate conoscervi l’un l’altro”. Il Talmud dice: “Tutta la Torah è fatta con il proposito di promuovere la pace”. La Bibbia dice: “Beati i costruttori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”. I popoli possono vivere insieme in pace. Questa è la visione di Dio. E ora questo deve essere il nostro lavoro sulla terra. Che la pace di Dio sia con voi.

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