“Sto passando un'ottima crisi, grazie”. Soros e i suoi fratelli
“Sto passando un'ottima crisi”, dice il principe della finanza George Soros al quotidiano The Australian. Soros, così dice lui, aveva previsto tutto: crisi, credit crunch, collasso di mutui e banche. Così si è premunito, ha avuto il tempo per proteggere i fondi d'investimento e grazie al fiuto intonso da vecchia volpe di Wall Street ha pure trovato il modo di far fruttare i denari con la speculazione al ribasso. “E' il momento più alto della mia carriera”
Washington. “Sto passando un'ottima crisi”, dice il principe della finanza George Soros al quotidiano The Australian. Soros, così dice lui, aveva previsto tutto: crisi, credit crunch, collasso di mutui e banche. Così si è premunito, ha avuto il tempo per proteggere i fondi d'investimento e grazie al fiuto intonso da vecchia volpe di Wall Street ha pure trovato il modo di far fruttare i denari con la speculazione al ribasso. “E' il momento più alto della mia carriera”, dice Soros a settantotto anni e nel mezzo della tempesta. Nel 2007 Soros ha annunciato di voler tornare in campo, abbandonando la pensione perché nell'aria sentiva puzza di bruciato; la sola mossa gli fruttò, attraverso movimenti di capitali, 2,9 miliardi di dollari.
L'anno scorso ha messo insieme oltre un miliardo di dollari; 1,1 per la precisione, che, ironia della sorte, è la stessa cifra che Soros guadagnò d'amblai il 16 settembre 1992, nel mercoledì nero della borsa inglese, quando architettò un abile colpo speculativo con l'involontario appoggio della Banca d'Inghilterra. Il filantropo di origine ungherese è il quarto classificato fra i moneymaker del 2008 e la crisi è un toccasana per i suoi affari. Più attivo che mai, Soros approfitta del momento in cui gli investitori affondano nelle sabbie mobili di una sfiducia che supera i dati reali per muovere fondi speculativi e giocare al ribasso.
Ma di investitori danarosi e coraggiosi a dispetto della crisi – meglio: proprio grazie alla crisi – in giro ce n'è un manipolo ben armato. I numeri di Forbes dicono che Wilbur Ross è oggi il titolare della più grande aziende indipendente che offre mutui, con un portfolio di 110 miliardi di dollari. La sua American Home Mortgage, con sede in Texas, ha approfittato della crisi dei supermercati della finanza per riscattare a prezzo stracciato i mutui rischiosi degli altri. L'ambizione del nuovo re dei mutui è quella di raddoppiare entro la fine dell'anno il suo giro d'affari arrivando a un totale di un milione di contratti stipulati fra mutui subprime e i meno rischiosi Alternative-A Papers.
Il tutto per un valore complessivo di oltre duecento miliardi di dollari. “Vuole creare il Wal-Mart dei mutui”, ha scritto Maurna Desmond su Forbes, sottolineando che la distanza fra il giro d'affari della sua azienda e quello delle grandi banche non è poi siderale, con le dovute proporzioni. Wells Fargo, Bank of America, Citigroup e JP Morgan Chase insieme gestiscono mutui per un totale di seimila miliardi di dollari, ma il modello del grande istituto soffre di un moto endemico di sfiducia da parte dei risparmiatori. Ross negli ultimi mesi ha volato in circolo come un avvoltoio sulla testa delle piccole-medie aziende che prestano denaro, in attesa che queste stramazzassero al suolo trascinate dalla crisi, o anche soltanto dai suoi riflessi psicologici. A quel punto Ross ha inglobato a velocità sostenuta una serie di istituti che avevano prestato denaro ai quattro venti, ha dato garanzie con capitali estremamente affidabili e ha rimesso in moto un pezzo di mercato bloccato. Ora Wilbur Ross ha molte buone ragioni per dire che “siamo nella posizione giusta per espandere i nostri affari”.
Il miliardario del New Jersey – quello che sostiene che la differenza fra un milionario e un miliardario sta in “due o tre decisioni azzeccate” – si è fatto strada ristrutturando e rivendendo aziende sull'orlo del fallimento; si è occupato di industria tessile, combustibili, siderurgia, investimenti esteri e un mucchio di altre cose, finché i capitali non sono stati sufficienti a fargli capire che poteva fare concorrenza alle banche con i mutui. A settembre, alla domanda su quali rapporti si fosse lasciato alle spalle una volta diventato ricco, il manager settantenne del New Jersey ha risposto con acume quasi sarcastico: “Ho abbandonato il rapporto con la mia banca commerciale; invece di prestarmi i soldi a tassi alti, ora sono io che li presto a loro a tassi bassi”.


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