Si schianta in Antartide il razzo della Nasa che doveva studiare la CO2

Cade il satellite e si rompe il blocco degli ecocatastrofisti

Piero Vietti

Sembra non funzionare più il gioco di chi, per sostenere la scientificità delle teorie catastrofiste, cita a sostegno delle proprie ragioni “i migliori 2.500 scienziati del clima al mondo”, ovviamente membri dell'Ipcc. Durante una recente conferenza il professor William Schlesinger, tra i più attivi scienziati dell'Ipcc, ha ammesso che solo “qualcosa come il venti per cento ha avuto in qualche modo a che fare con il clima”

    Quando si è più vulnerabili e contraddetti dai fatti, è quello il momento in cui si hanno reazioni sproporzionate, si minaccia l'avversario, si prova a spaventarlo. Questo succede da un po' di tempo ai sostenitori della teoria del global warming di origine antropica, che fino a qualche mese fa sembravano destinati a percorrere una strada sempre più in discesa e a fare breccia in maniera sempre più decisiva nelle idee degli abitanti di un pianeta che in realtà ha smesso di riscaldarsi dieci anni fa. Quella strada non è più così in discesa, ma il treno ad alta velocità guidato da “esperti” e politici di mezzo mondo aveva raggiunto una velocità troppo elevata per poterlo fermare. C'è chi è riuscito a scendere in corsa e chi invece continua a spingere la leva dell'acceleratore.

    Tra questi uno degli uomini più fidati di Al Gore, James Hansen il quale, nonostante il suo ex superiore alla Nasa l'abbia ripudiato per le sue posizioni, ha scritto pochi giorni fa sull'inglese Guardian che “il clima è vicino al punto di non ritorno. I cambiamenti cominciano a palesarsi e c'è spazio per altri cambiamenti esplosivi, effetti irreversibili”. Nemmeno i ghiacci artici in aumento (il cui scioglimento era stato più volte battezzato come “irreversibile”) e le ultime ammissioni di diversi scienziati sull'alta possibilità di errori nei modelli usati per prevedere i cambiamenti climatici sono riusciti a temperare il linguaggio di chi, nello stesso articolo, paragona i treni carichi di carbone a quelli usati dai nazisti per trasportare i prigionieri ebrei nei campi di concentramento. Fatto sta che il fronte ambientalista sembra perdere colpi: è dell'altro ieri il pentimento pubblico, sulle pagine dell'Independent, di quattro esponenti del movimento verde in Inghilterra, di colpo convertitisi al nucleare (e le parole di Stephen Tindale, ex leader di Greenpeace, dicono molto del carattere ideologico della sua battaglia: “E' stata come una conversione religiosa”).

    Sembra anche non funzionare più il gioco di chi, per sostenere la scientificità delle teorie catastrofiste, citava a sostegno delle proprie ragioni “i migliori 2.500 scienziati del clima al mondo”, ovviamente membri dell'Ipcc, il panel intergovernativo dell'Onu che studia i cambiamenti climatici. Durante una recente conferenza il professor William Schlesinger, tra i più attivi scienziati dell'Ipcc, ha ammesso che solo “qualcosa come il venti per cento (dei membri del panel Onu, ndr) ha avuto in qualche modo a che fare con il clima”. Di questa confusione – denuncia il quotidiano britannico Telegraph – approfitta da sempre la Bbc, non senza gaffe: la scorsa settimana la tv pubblica inglese dava infatti risalto all'allarme sul global warming lanciato da Chris Feld, presentato come “uno dei maggiori scienziati climatici”. Secondo Feld l'Ipcc avrebbe “sottostimato” la questione. Peccato che poche ore dopo sia emerso come “uno dei maggiori scienziati climatici” altri non era che un biologo evoluzionista.
    Si dovrà invece aspettare per avere dati più precisi sulla presenza di anidride carbonica nella nostra atmosfera, dato che ieri il satellite lanciato dalla Nasa che avrebbe dovuto effettuare questa operazione, si è schiantato in Antartide poco dopo il lancio.

    Dovremo così continuare a fare riferimento alle cifre dell'Ipcc anche se andrebbero riviste dopo uno studio presentato dal professor David Rutledge al meeting dell'American geophysical union di due mesi fa e non citato dai media. Nella sua relazione Rutledge spiegava come le riserve di combustibili fossili sulla Terra siano in realtà di molto inferiori a quelle che l'Ipcc ha stimato per formulare i suoi scenari di riscaldamento globale nei prossimi anni. In poche parole, ci sono troppe poche riserve da bruciare perché il nostro pianeta si riscaldi come paventato. Intanto le paure climatiche creano i primi “ecomigratori”: il Washington Post racconta la storia di Adam Fier, che ha lasciato la sua contea negli Stati Uniti per trasferisrsi in Nuova Zelanda proprio a causa del global warming. Pare ci siano milioni di ecomigranti che stanno lasciando le loro case a Kiribati, in Bangladesh, nelle Filippine. Ora la stessa cosa succede anche in America. Nell'articolo, gli esperti di turno incensano la “scelta razionale” di emigrare e spiegano, come in un disco rotto, che “faremo i conti con grandi cambiamenti climatici” e che “disastri come l'uragano Katrina saranno la norma”. Peccato che le statistiche da anni dicano il contrario, e che a supprtare i catastrofisti, in attesa di un nuovo satellite della Nasa, siano rimasti solo i modelli climatici, ogni giorno più sfiduciati anche dai loro stessi inventori.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.