Qui a Roma l'Apocalisse è come l'esondazione del Tevere, non c'è

Nunzia Penelope

La crisi dell'economia assomiglia alla piena del Tevere del 12 dicembre scorso: stando agli allarmi ufficiali, pareva dovesse replicarsi l'alluvione di Firenze. Ma il popolo romano di quel che dicono le autorità, come al solito, se n'è fregato. E quindi alè, tutti in strada fino a notte fonda, per non perdersi lo spettacolo di un'esondazione, che poi non c'è stata. Così la crisi dei consumi.

    La crisi dell'economia assomiglia alla piena del Tevere del 12 dicembre scorso: stando agli allarmi ufficiali, pareva dovesse replicarsi l'alluvione di Firenze. Ma il popolo romano di quel che dicono le autorità, come al solito, se n'è fregato. E quindi alè, tutti in strada fino a notte fonda, per non perdersi lo spettacolo di un'esondazione, che poi non c'è stata. Così la crisi dei consumi: economisti, giornali e tv ad annunciare il collasso, ignorati dagli italiani che hanno continuato a spendere. E quello che si prospettava come il Natale più triste e povero dagli anni Trenta, è stato come tutti gli altri. I dati della Confcommercio dimostrano che i consumi hanno tenuto in quasi tutti i settori: gioielleria, elettronica, arredamento, articoli sportivi, profumeria. Abbigliamento e alimentari, dati per spacciati, hanno avuto incrementi del 2 per cento e del 5 per cento. I numeri sono stati accolti dai media con sentimenti oscillanti fra la sorpresa e la diffidenza. In realtà i segnali che ci fosse un po' di esagerazione nel dipingere un'intera nazione in miseria c'erano da tempo. Chi vive a Roma, per esempio, non può non aver notato le strade intasate di auto, i negozi affollati, i carrelli strapieni nei supermercati, dove il filetto e il Parma sono già finiti alle 11 di mattina. E mica ai Parioli: alla Coop di Prati, quartiere di ceto medio, di quelli che dovrebbero soffrire la crisi. E invece: dal macellaio di via Tacito le signore pretendono la chianina, 50 euro al chilo; quando mi scandalizzo per il prezzo, il gestore replica che io, con i miei hamburger, sono praticamente l'unica cliente micragnosa.

    Scopro anche di essere la sola a comprare insalata da pulire: il resto del mondo, mi rivela la commessa del supermercato di Piazza Adriana, preferisce quella in busta, già lavata: 18 euro al chilo. La gente al tempo della crisi spende per divertirsi, per mangiare, per curarsi e farsi bella. Scordatevi di entrare senza prenotazione da Zen, ristorante giapponese di tendenza, 50 euro minimo a testa; o all'Hammam di via Plinio, massaggi da 160 a 250 euro; o in qualunque centro estetico per la ricostruzione delle unghie, 70 euro. Da Gente, boutique super chic, alcuni articoli non andranno in saldo: si vendono come il pane, perché scontarli? Davanti al negozio di Louis Vuitton, Piazza in Lucina, c'era la fila già prima dei saldi. Forse al nord, colpito dalla crisi industriale e dalla cassa integrazione, è un'altra musica. Però Giorgio Bocca racconta che quest'anno su strade e autostrade della Val d'Aosta ha visto le code più lunghe a memoria d'uomo: di Suv, non di utilitarie. Le località sciistiche sono piene, alle Maldive non c'è un atollo libero. I soldi, insomma, in giro ci sono. E se non ci sono, ci pensano le banche a fornirli: a novembre l'agenzia della Bpm presso cui ho il conto mi ha telefonato per offrirmi un prestito personale al tasso del 6 per cento. Al mio stupore hanno risposto così: “Siamo pieni di soldi, a qualcuno dobbiamo pur darli”. Ma allora, il credit crunch? Altra leggenda metropolitana?

    Che ci sia una crisi virtuale creata dai media, e una reale, meno grave di quel che si dice, è possibile. Esiste una situazione mondiale di difficoltà, che tuttavia per ora non si trasferisce nei comportamenti dei consumatori. Spiega il semiologo Ugo Volli che la gente dà sempre meno ascolto a giornali e tv: “I grandi media hanno deciso che il loro compito non è informare, ma orientare: è il meccanismo dell'annuncio che anticipa tendenze, delle profezie che si autorealizzano. Ma non funziona più: il monopolio dell'informazione è caduto, la gente ha altri strumenti per sapere come vanno le cose, a partire da Internet. Pensano con la loro testa, vedono quello che c'è da vedere, si regolano come credono. E finché ci sono soldi, li spendono. Del resto, crisi o non crisi, gli stipendi vengono pagati ogni mese, chi ha perso il lavoro ha comunque la cassa integrazione'', almeno nelle grandi aziende. Potrà andare peggio nei prossimi mesi? Forse. Ma fors'anche no. Confindustria ha calcolato che nel 2009 gli italiani risparmieranno oltre 800 euro di bollette grazie al calo del petrolio, e circa 2.000 di interessi sui mutui. Da quel che si è visto a Natale, non li metteranno sotto il materasso.