Il Pdl addomestica la Bicamerale, ma il federalismo divide

Salvatore Merlo

La proposta di Gianfranco Fini per una Bicamerale che affianchi il governo nella scrittura del federalismo fiscale, respinta dai berlusconiani del Pdl e dalla Lega, viene adesso lentamente addomesticata.

    La proposta di Gianfranco Fini per una Bicamerale che affianchi il governo nella scrittura del federalismo fiscale, respinta dai berlusconiani del Pdl e dalla Lega, viene adesso lentamente addomesticata. Il capogruppo leghista alla Camera, Roberto Cota, ha proposto il “potenziamento” della commissione per gli Affari regionali, un'idea che il super finiano Adolfo Urso accoglie benevolmente: “Si potrebbe allargarla fornendole una missione specifica”. Così anche l'ultima delle recenti sortite di Fini che tanto hanno innervosito il solitamente placido e obbediente centrodestra berlusconiano – sul federalismo, sulla Finanziaria e sui regolamenti parlamentari – si indirizza verso una parziale accettazione. La Finanziaria non è più blindatissima ed è forse un po' meno nordista, come pure il federalismo ora passerà forse per una commissione Affari regionali “allargata” e dunque sarà – chissà – un po' meno padano. Ma il dibattito non è destinato a concludersi facilmente, nasconde un problema culturale e politico del Pdl nei confronti del federalismo.

    Ammesso che la mediazione interna tra Fini, Tremonti e Bossi abbia effettivamente funzionato, nel Palazzo rimane (anzi riesplode) la latente rivalità tra il localismo della Lega e la vocazione da destra nazionale di An e gran parte di FI. Specie adesso, dopo i dati delle elezioni amministrative in Trentino, dove Bossi ha superato in consensi il Cav: un fenomeno di erosione costante. Come dice al Foglio uno dei deputati più vicini a Fini, Fabio Granata: “E' urgente che il Pdl avanzi un proprio progetto federalista che non sia schiacciato sulla Lega”. C'è la perdita di consensi a vantaggio delle forze regionaliste (anche meridionali) e si mette in dubbio la bontà di un federalismo fiscale disgiunto da immediati adeguamenti istituzionali. “Il Pdl deve fare politica sul territorio e contenderlo a tutti i fenomeni di paraleghismo”, dice al Foglio il senatore siciliano Antonio D'Alì, che da tempo ha riunito circa sessanta deputati di An e FI intorno a un progetto federalista denominato “Pdl per il sud”.

    Dentro An e anche in FI avanzano due interrogativi gravidi: si può applicare il federalismo fiscale senza modificare l'assetto costituzionale e si può lasciare tutto nelle mani della Lega? Domenico Nania, anche lui siciliano e storico dirigente di An, ha partecipato all'incontro di Asolo tra Fini e D'Alema. Spiega al Foglio: “Quello che si propone è un federalismo per devoluzione, diverso da quello degli altri paesi dove si è arrivati al federalismo per unire popoli culturalmente diversi. Avanza un federalismo per cessione di potere che contiene implicitamente un rischio per lo stato unitario: se il sistema istituzionale resta com'è, le forze localistiche acquisiscono un potere inaudito”. Lunedì lo ha scritto anche il professor Alessandro Campi, da molti considerato l'ideologo di Fini: la destra nazionale, ha detto, non può eludere il tema del federalismo rischiando che in mano alla Lega diventi il “grimaldello con il quale scardinare in modo surrettizio lo stato nazionale”.

    Ma c'è di piu. Il problema è anche politico e riguarda la costante erosione di consenso subìta dal centrodestra a beneficio dei suoi alleati a vocazione regionale: la Lega e, in piccolo, anche l'Mpa, il Movimento autonomista siciliano. “O il Pdl riesce a declinare una propria interpretazione nazionale del federalismo oppure siamo destinati alla sconfitta – dice Granata – Il Pdl senza una visione diventa un semplice cartello elettorale destinato a scomparire dopo Berlusconi”. Urge dunque una visione alternativa del federalismo che recuperi il nord al Pdl senza ledere la storica vocazione nazionale di An. Anche perché i partiti localistici stanno crescendo persino al sud che resta, per ora, la riserva più cospicua dei consensi di An e FI. In Sicilia in particolar modo il modello leghista è già stato importato con successo dall'Mpa di Raffaele Lombardo, il governatore che sta rivolgendo la propria forza territoriale ed egemonica contro i suoi stessi alleati del Pdl. A Roma si allontana dalla maggioranza di governo, mentre a Palermo, dove FI trionfò nel 2001 con il plebiscitario sessantuno a zero rifilato al centrosinistra, minaccia rivolgimenti anti berlusconiani a Palazzo d'Orleans. “Si deve reagire. Ora o mai più”, dice Granata.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.