"Sull'Unione bisogna votare ovunque". Parla Lucio Caracciolo

Marco Ferrante

Lucio Caracciolo, direttore di Limes, e l'esito del referendum irlandese: "Vogliamo fare uno stato europeo, che è l'unico modo per istituire una democrazia europea? Bene, allora è necessario che alcuni leader continentali prendano questa decisione e la sottopongano ai loro rispettivi popoli".

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    Roma. Lucio Caracciolo, direttore di Limes, commentando l'esito del referendum irlandese ha fatto una proposta in un editoriale pubblicato da Repubblica. Basta con il noioso equivoco della sovrapposizone tra democrazia e Unione europea, ha detto. Vogliamo fare uno stato europeo, che è l'unico modo per istituire una democrazia europea? Bene, allora è necessario che alcuni leader continentali prendano questa decisione e la sottopongano ai loro rispettivi popoli. Spiega Caracciolo al Foglio: “Esiste un palese problema di legittimazione democratica dell'Unione europea che fa parte del suo stesso codice genetico. Non abbiamo mai voluto risolverlo, perché se avessimo cercato una soluzione avremmo dovuto cessare l'iter di costruzione dell'Unione. In questi cinquant'anni abbiamo sottratto quote di sovranità alle democrazie nazionali senza che da ciò sia scaturita una democrazia europea. Perché significherebbe costruire uno stato europeo, e nessuno dei nostri leader oggi sembra volerlo”.
    La soluzione indicata da Caracciolo è di brutale semplicità. “Bisogna prendere una decisione chiara e netta: vogliamo costruire uno stato europeo? Se sì dobbiamo definirne scopo e confini. Oppure rinunciamo e torniamo alle democrazie nazionali. Questa condizione di liquidità e ambiguità delegittima contemporaneamente l'Europa e le democrazie nazionali e sollecita per reazione nuovi particolarismi e vecchi nazionalismi”. I leader europei non sembrano animati dalla stessa voglia di chiarezza. “No di certo. La reazione al referendum irlandese è stata esattamente contraria. E cioè: qual è il modo di aggirare il risultato dell'Irlanda? L'istituzione europea è intoccabile, ma le regole del gioco no, quelle si possono infrangere se il risultato non aggrada, e non è la prima volta che succede. Ma allora perché votare, se non può finire che in un solo modo?”.

    Come si può mettere mano tecnicamente al lodo Caracciolo? Come si definisce l'Europa? Quali sono gli stati autorizzati a partecipare al processo costitutivo di una vera democrazia politica in un nuovo stato? Chi dovrebbe assumere l'iniziativa? “Ci vogliono dei governi che dicano: vogliamo costruire una democrazia europea. Questi paesi sottopongono la loro idea ai rispettivi popoli. E si stabilisce chi ci sta e chi no. Solo così si può interrompere il processo di erosione della democrazia europea. Tutti coloro i quali dicono che non si può affidare a quattro gatti irlandesi il destino dell'Europa sono gli stessi che non volevano far votare gli altri cittadini europei. Sapevano che avrebbero rischiato la bocciatura. Questo non può essere solo un processo di classi dirigenti. Dopo la Seconda guerra mondiale in Europa occidentale abbiamo costruito stati democratici. Eppure nella prassi dell'Unione europea attuale diciamo chissenefrega delle democrazie, dobbiamo soltanto avere persone competenti che decidano. Una tecnocrazia, il che è legittimo, ma bisogna dirlo, non camuffarlo da democrazia”. C'è un nucleo di stati che ha l'omogeneità sufficiente per tentare la strada dell'unificazione politica? “Forse sì, in Europa occidentale. L'Europa politica a 27 non ha senso. L'ideale sarebbero i sei paesi fondatori (Italia, Francia, Germania, Olanda, Belgio e Lussemburgo) più Spagna e Portogallo. Noi ci illudiamo che esista una civiltà europea che vada dalle Azzorre a Riga, e da Cipro a Dublino. Non è così. Se proprio vogliamo vedere la questione in termini di civiltà, c'è un'Europa occidentale di matrice romano-germanica, cioè quella carolingia, che ha una effettiva vitalità e profondità storica. Questa Europa di matrice carolingia è diversa dal resto dei paesi integrati nell'Unione, molti dei quali sono in realtà in una fase risorgimentale, di rinascita nazionale dopo l'emancipazione dall'impero sovietico. Naturalmente questi paesi possono stare in una più vasta unione economica europea. Aggiungo una nota scettica per concludere. Conoscendo la forza inerziale delle istituzioni credo che non accadrà nulla di ciò. Il nostro ruolo nel mondo sembra destinato a declinare ancora, in assenza di un soggetto politico europeo. Ma l'Unione europea nella sua ambigua configurazione continuerà a esistere finché non sarà spazzata via da qualche evento traumatico”. Una specie di Sacro Romano Impero.

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