La terza e ultima puntata domenica 15 giugno sul Foglio.it

I duellanti - Seconda puntata /2

Marco Ferrante

G - Nell'ottobre del 2006, dopo l'uscita di Unicredit e Intesa da Olimpia (la società che detiene il pacchetto di controllo della Telecom e che fa capo a Tronchetti Provera), Geronzi inizia a studiare il dossier su possibili nuovi azionisti per il gruppo telefonico.

    G - Nell'ottobre del 2006, dopo l'uscita di Unicredit e Intesa da Olimpia (la società che detiene il pacchetto di controllo della Telecom e che fa capo a Tronchetti Provera), Geronzi inizia a studiare il dossier su possibili nuovi azionisti per il gruppo telefonico.
    Alla fine del 2006, il 15 dicembre, Mediobanca si rafforza in Generali: annuncia l'acquisto dell'1,86 per cento delle assicurazioni triestine da Monte dei Paschi di Siena. Profumo, socio di Mediobanca con una quota uguale a quella di Capitalia, non è d'accordo. La cosa si fa lo stesso.

    N - Il 7 dicembre del 2006, Giuseppe Rotelli, uomo forte della sanità lombarda, sottoscrive dalla ex Banca popolare di Lodi opzioni che gli consentono di raggiungere il 5 per cento del Corriere entro il 2009. Impropriamente considerato un bazoliano, in realtà è autonomo, finanziariamente molto liquido, ha ottimi rapporti con il sistema Mediaset, a partire dall'amministratore delegato Giuliano Adreani. E' in rapporti diretti con Berlusconi, è legato a Bruno Ermolli e Roberto Formigoni.

    N - A gennaio 2007, i Toti, importanti costruttori romani, entrano in Gemina. Con i Benetton, che saranno chiamati nell'azionariato di Mediobanca (e delle Generali), vengono indicati tra i principali alleati di Geronzi. In realtà la questione è un po' più complessa. Geronzi era amico di Toti padre. Pierluigi, l'erede, ha simpatie generazionali arpian-veltroniane. Dunque il sistema geronziano li considera alleati, ma con riserva.

    B - A gennaio nasce il fondo infrastrutturale F2I, partecipato da Cassa depositi e prestiti, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Lehman Brothers con quote del 14,3 per cento, poi c'è la cassa di previdenza dei geometri e un gruppo di fondazioni.
    A guidarlo arriva un uomo di antica colleganza con Massimo D'Alema, Vito Gamberale. Si è trovato dalla parte di Prodi nello scontro con i Benetton, nel 2006 li ha lasciati in disaccordo con il progetto di fusione con gli spagnoli di Abertis, fortemente osteggiato dal presidente del Consiglio. Nel complesso il fondo viene considerato decisamente orientato dalla parte di Intesa: oltre che per la quota della banca (bilanciata da quella paritetica di Unicredit), per il ruolo del Tesoro, per quello delle fondazioni guidate da Giuseppe Guzzetti – socio forte di Intesa Sanpaolo con la sua Cariplo –, per la scelta dell'amministratore.

    B - A gennaio si inizia a parlare della fusione tra la Mittel, finanziaria bresciana di osservanza e controllo bazoliani e la Hopa – la finanziaria dei bresciani sconfitti nelle scalate bancarie del 2005, Gnutti & co – che ha in pancia tra l'altro una partecipazione in Mps e una, ambitissima, in Telecom. Si attende il perfezionamento della fusione tra Banca lombarda e Popolari Unite. Questo è il momento di massima espansione bazoliana.

    G - Ma già a febbraio 2007, il 17, la fusione Mittel-Hopa naufraga per il no alle condizioni dell'accordo pronunciato da Carlo Salvatori, ex ad di Capitalia, ex ad di Intesa (i suoi rapporti con Bazoli vengono detti freddi) ed ex presidente Unicredit. Salvatori è il nuovo capo di Unipol (assicurazione controllata dalle cooperative), socio di peso in Hopa. Qualcuno ritiene che i buoni rapporti tra Geronzi e D'Alema potrebbero aver indirettamente contato sulla scelta di Unipol.

    N - Mentre i due continuano a incontrarsi periodicamente, e a tenersi sotto controllo sul fronte Generali e Corriere (dove si sta rafforzando ancora Rotelli), a marzo ricostruzioni di stampa danno conto di un progetto di matrimonio tra Capitalia e Monte dei Paschi di Siena, tramontato per la profonda contrarietà di Giuseppe Mussari, presidente della banca senese (legato a Franco Bassanini ma anche a Giuseppe Guzzetti), che non vuole essere preda. Mussari lavora a progetti di aggregazioni gestiti da lui.

    B - Il primo aprile del 2007, Bazoli porta a casa la fusione tra Banca Lombarda – banca bresciana di cui è azionista – e Banche Popolari Unite. Nasce Ubi Banca.

    G - Il 28 aprile entrano nel cda di Generali Francesco Gaetano Caltagirone, Leonardo Del Vecchio (fondatore di Luxottica), Lorenzo Pellicioli (per il gruppo De Agostini) e Paolo Scaroni, amministratore delegato dell'Eni. I primi tre sono azionisti di Generali. E' una mossa geronziana. L'obiettivo è quello di rafforzare un gruppo di imprenditori italiani, liquidi e operativi, dentro alle assicurazioni di Trieste.

    G - Fallita l'ipotesi di un accordo tra Unicredit e Société Générale, messa sotto opa Abn Amro (azionista di riferimento di Capitalia) – contesa tra Barclays Bank e il consorzio formato da Royal Bank of Scotland, Fortis, Santander – il quadro del risiko bancario italiano si semplifica. Geronzi e Profumo portano a termine quella che sin dall'inizio sembra l'unica mossa possibile: la fusione Unicredit-Capitalia. La fusione viene approvata dai cda il 20 maggio 2007. Sostanzialmente è Milano, quattro volte più grande, che compra Roma.
    Matteo Arpe rassegna le dimissioni.
    (Nota di psicologia del potere: della loro vita insieme Geronzi e Arpe non hanno mai parlato. Il giovane, in un'intervista all'Espresso – Paola Pilati, 22 novembre 2007 – ha parlato della sua nuova iniziativa, il fondo d'investimento Sator. A proposito della fusione Unicredit-Capitalia ha detto di non sentirsi vittima – come aveva scritto il Financial Times – perché “nell'economia non ci sono né vittime né carnefici”. Quanto al rapporto diretto con Geronzi, non una parola. Arpe è una personalità non semplice. Dal punto di vista della dimensione psicologica, a causa di una sfumatura di incongruenza esistenziale, la cosa più interessante di quell'intervista è a margine: un box in cui c'è scritto che sta per pubblicare un saggio scientifico. Dopo una procedura d'ammissione durata due anni, una rivista internazionale di matematica pubblicherà una tesi di Arpe sulla relazione tra i numeri primi: cioè, che cosa lega la serie infinita di quei numeri che possono essere divisi solo per uno e per loro stessi. Il banchiere quarantaquattrenne, liquidato con 32 milioni di euro, star delle conference call con gli analisti, non guarda a se stesso come a un mago del denaro, ma aspira al riconoscimento dell'intelligenza astratta che si cimenta con i numeri).

    G - Geronzi ottiene il risultato massimo: il 27 giugno viene nominato alla presidenza del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, che è ancora lo snodo del potere economico e finanziario italiano: tra le partecipazioni, c'è il 14 per cento del Corriere della Sera e il 14 per cento delle assicurazioni Generali, un polmone finanziario che ogni anno respira 400 miliardi di euro. Simbolicamente Mediobanca significa Milano e soprattutto Cuccia.

    N - La querelle Telecom entra nel vivo. La partita sarà risolta con una mediazione Geronzi-Bazoli. Marco Tronchetti Provera lascia la Telecom. Dopo il tentativo sostenuto da Corrado Passera che aveva preso in mano il pallino della trattattiva con la cordata America Movil + At&t (cui si era opposto tenacemente Prodi, che aveva già detto “no” agli spagnoli per Autostrade, e agli americani di Texas Pacific Group per Alitalia) la spagnola Telefonica entra in Telecom rilevando la posizione di Olimpia.
    Dopo una lunga trattativa si trova una soluzione di accordo sull'amministratore delegato, Franco Bernabè. Per lui è un ritorno.
    E' il momento della massima collaborazione tra Bazoli e Geronzi.

    N - Il 30 novembre Rotelli dice di essere al dieci per cento dei diritti di voto in Rcs.

    G - All'inizio di febbraio Zaleski, principale alleato di Bazoli, con una esposizione finanziaria di circa 7 miliardi di euro, a causa della diminuzione del valore di alcune delle sue partecipazioni vende una quota di Arcelor (realizza una plusvalenza di 80 milioni). La cessione viene interpretata dagli osservatori come un segno di sensibile indebolimento.

    G - Il 24 gennaio il governo Prodi cade. Il presidente della Repubblica indice le elezioni per il 13 e 14 aprile. Romano Prodi annuncia che non si presenterà alle elezioni. Bazoli perde la sua sponda naturale. Corrado Passera rilascia due interviste, una a Maurizio Belpietro per Panorama e una a Dario Di Vico per il Corriere della Sera, decisamente aperturiste nei confronti di Berlusconi. Nella seconda intervista, quella al Corriere, per sostenere un tentativo riformista del favorito Berlusconi alle imminenti elezioni, ipotizza una soluzione bipartisan sul genere di quella sperimentata in Francia con la commissione per le riforme presieduta da Jacques Attali. Passera e Berlusconi si conoscono da molti anni, e tra loro c'è una certa simpatia. La posizione di Passera suona implicitamente come una correzione del democratismo bazoliano. (Dopo alcune settimane di voci sui loro rapporti difficili e su un'ipotesi di sbarco in politica, Passera rilascerà una terza intervista – al Mondo, questa volta – in cui annuncia di restare al suo posto in banca. Su questo si registrano delle analisi interessanti: quello tra Bazoli e Passera è stato innanzitutto un grande rapporto personale. Vengono presentati da Vittorio Moccagatta, piemontese, nipote e omonimo del comandante della X Mas, eroe di guerra, comandante superiore in mare nell'azione di forzamento del porto inglese della Valletta, dove morì assieme a quaranta dei suoi uomini all'alba del 26 luglio del 1941. Moccagatta e Passera hanno lavorato insieme quando erano alla Cir di Carlo De Benedetti.
    Bazoli prese il giovane per guidare Ambroveneto. E' stato un rapporto di alti e bassi, quello tra un manager che vuole crescere e un signore sopra i settant'anni con un debole per la strategia e un talento cristallino nel rapporto con gli azionisti. Scrive Gallo: “Se dovessi considerare, insieme alle altre doti, una costante di eccellenza nell'azione di Bazoli in questi venticinque anni di Banca Intesa, la identificherei nella straordinaria capacità di gestire i rapporti con i diversi soci, nel superiore interesse dell'azienda”.
    Negli anni, il giovane ha cercato di accrescere il suo spazio di manovra. E nel caso della battaglia per Alitalia – Passera aveva un disegno suo, l'operazione AirOne, la nascita di una grande compagnia nazionale sostenuta da Intesa Sanpaolo, banca per il paese – per la prima volta il tema della strategia è stato apertamente un punto di contrasto. I vertici della banca hanno cercato di minimizzare, ma una nuova fase è cominciata, perché anche gli azionisti avvertono che qualcosa è cambiato).

    N - Il 4 marzo la Banca d'Italia emana le nuove disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche. Da una parte conferma l'impossibilità per i membri dei consigli di sorveglianza di avere incarichi nel board di una controllata, cosa che impone ad Antoine Bernheim, presidente di Generali, di lasciare il consiglio di sorveglianza di Mediobanca, azionista di riferimento. Dall'altra ribadisce il fatto che nei consigli di gestione devono esserci soltanto manager esecutivi e non rappresentanti degli azionisti, il che indebolisce la delicata costruzione della governance di Intesa Sanpaolo, il cui consiglio di gestione è fatto soprattutto di azionisti.

    Una spina e una piega
    Giovanni Bazoli aveva tre mesi quando sua madre, Beatrice Folonari, ventinove anni, bellissima, morì per un'infezione di setticemia dopo essersi ferita a una guancia con la spina di una rosa. Questo dice tutto di un grande romanzo esistenziale. I Bazoli sono una preminente famiglia bresciana. Vengono da Desenzano sul Garda, e avendo risolto in partenza ogni problema di guadagni materiali, non hanno neanche quello di guadagnar tempo. Così da queste parti si dice ancora in dialetto che “col Bazöl fressa no ghe öl”, con i Bazoli non ci vuole fretta. I Bazoli sono una famiglia tipica della provincia italiana. Di quelle famiglie solide, radicate, portatrici di un aristocratismo borghese e di un temperamento che viene anche dalla consapevolezza. Racconta Giancarlo Feliziani in un libro sulla strage di piazza della Loggia (“Lo schiocco”, Limina, 2006) che il fratello di Giovanni Bazoli, Luigi, assessore all'urbanistica di Brescia che aveva perduto sua moglie Giulietta uccisa dall'ordigno neofascista, il giorno del funerale prese il presidente della Repubblica Giovanni Leone per il bavero del cappotto.
    Geronzi, invece, viene da una famiglia semplice. Non ha la retorica dell'uomo che si è fatto da sé, ma si è fatto da sé. E' nato a Marino, Castelli romani, il suo ristorante preferito – ha detto una volta in una convention di Capitalia – è a Marino. Per chi è nato da quelle parti, Roma è un orizzonte di conquista. Per i vinai dei Castelli, il mercato da invadere era Roma. Suo padre era un tranviere, con quattro figli. Studiano a Roma. Prendono un tram che parte da Marino alle 6,20. Lui va al liceo Pilo Albertelli di fronte a Santa Maria Maggiore. Fa lo studente lavoratore, si laurea, e nel 1960 entra in Banca d'Italia.
    Entrambi piuttosto impenetrabili, dotati di una specie di espressività fisica – una piega sofferente sulla linea della bocca di Giovanni Bazoli, sorridente Cesare Geronzi – è difficile che lascino trapelare quello che i ritrattisti cercano nell'uomo, nel personaggio. C'è il modo in cui Geronzi solleva con due dita la piega dei pantaloni, la meticolosità caratteriale di Bazoli o la crescente rassomiglianza tra lui e John Malkovich.

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