I dati sui 67 incidenti in 60 anni censiti da legambiente

Sembra un paradosso, ma il nucleare è più sicuro dei cantieri italiani

Carlo Stagnaro

L'incidente di mercoledì scorso alla centrale atomica di Krsko ha rilanciato l'antinuclearismo. Alle critiche dell'ex ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio (“il nucleare è estremamente pericoloso”), si sono aggiunte quelle di tutte le denominazioni della galassia ambientalista. Anche il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro ha attaccato.

    L'incidente di mercoledì scorso alla centrale atomica di Krsko ha rilanciato l'antinuclearismo. Alle critiche dell'ex ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio (“il nucleare è estremamente pericoloso”), si sono aggiunte quelle di tutte le denominazioni della galassia ambientalista. Anche il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro ha attaccato. I sostenitori dell'atomo, da Chicco Testa ad Antonino Zichichi, hanno evidenziato come la vicenda dell'impianto sloveno (che non ha rilasciato radiazioni all'esterno) ne dimostri in realtà l'affidabilità. Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola ha ribadito l'intenzione di “non tornare indietro”, ma questo non lo esime dall'affrontare seriamente il tema della sicurezza.
    Un recente rapporto di tre primarie organizzazioni ecologiste italiane (Greenpeace, Legambiente e Wwf) avverte che “sulla sicurezza degli impianti ancora oggi, a oltre ventidue anni dal terribile incidente di Chernobyl, non esistono le garanzie per l'eliminazione del rischio di incidente e conseguente contaminazione radioattiva”. E' davvero così? Un aiuto arriva da un altro rapporto di Legambiente, intitolato “I problemi irrisolti del nucleare a vent'anni dal referendum”, e pubblicato l'anno scorso. Lo studio censisce 67 incidenti nucleari verificatisi tra il marzo 1956 e il luglio 2007. Di questi, 16 riguardano l'impiego della tecnologia nucleare a fini militari e sono irrilevanti. Resta una lunga lista di incidenti nel nucleare civile. La maggior parte sono assimilabili a quello di Krsko, cioè privi di conseguenze sanitarie o ambientali – e di vittime.
    Il primo incidente con conseguenze letali censito da Legambiente avvenne il 3 gennaio 1961, in un reattore sperimentale a Idaho Falls, negli Stati Uniti, e fece tre vittime. Tra il 1974 e il 1975, vengono segnalati diversi episodi nella centrale di Leningrado (Unione Sovietica), ancora una volta con tre vittime accertate. Il 6 gennaio 1986 “un operaio muore e altri 100 restano contaminati” in Oklahoma. Il 26 aprile dello stesso anno si verifica il maggior incidente nucleare della storia, cioè l'esplosione del nucleo di un reattore nella centrale di Chernobyl (Legambiente non fornisce stima sul numero delle vittime). Il 30 settembre 1999 a Tokaimura, in Giappone, tre persone muoiono a causa di una reazione incontrollata innescata da un errore umano, e altri 439 vengono contaminati (di cui 119 in modo grave), mentre 320 mila persone vengono evacuate. Il 9 agosto 2004 a Mihama, sempre in Giappone, “una falla provoca la fuoriuscita di vapore ad alta pressione che raggiunge i 270 gradi e provoca quattro morti tra gli operai. Altri sette lavoratori vengono ricoverati in fin di vita” (da notare che non si tratta di un incidente nucleare). In tutto, 14 vittime durante l'intera storia del nucleare civile, al netto di Chernobyl. A questi vanno aggiunti i più numerosi casi di contaminazione o i gravi disagi causati dalle misure precauzionali assunte in occasione di alcuni incidenti poi rivelatisi privi di conseguenze sanitarie significative: 3.500 persone vengono evacuate nel 1979 in seguito alla parziale fusione del nucleo di un reattore a Three Mile Island (Usa), altre 2.000 vengono contaminate nel Tennessee lo stesso anno, in due eventi distinti. Due anni dopo, 280 persone vengono contaminate a Tsuruga (Giappone), e altre 45 nel corso dei lavori di riparazione. Nel 1992 tre operai sono contaminati in Francia, nel 1995 si verifica un'ulteriore fuga a Chernobyl con la conseguente contaminazione degli addetti alla manutenzione, altre 35 persone entrano in contatto con sostanze radioattive nel marzo 1997 a Tokaimura (Giappone). Nello stesso sito, almeno 21 persone sono esposte alle radiazioni il 27 gennaio 2000. That's all. Ogni incidente, letale o no, rappresenta una tragedia e una minaccia, ma i segnali di pericolo scampato sono più numerosi dei danni effettivi misurati ex post. Questo non risolve, naturalmente, tutti i problemi di sicurezza ma i dati suggeriscono che, per tasso di fatalità e di incidenti con conseguenze sanitarie riportate anche se non rilevanti, l'industria nucleare non sia più pericolosa, anzi lo sia probabilmente meno, di qualunque altra attività. In tutto, in media, in sessant'anni di storia nucleare, in tutto il mondo, il numero di vittime è stato pari a 0,23 all'anno, al netto di Chernobyl. Per dare un termine di paragone, in Italia nel 2007 gli infortuni sul lavoro sono stati 913.500, con 1.260 vittime.