Festa del cinema - Foto LaPresse

Dell'impossibilità aperitivistica della festa del cinema di Roma

Marianna Rizzini

Purtroppo è vero: la Festa del Cinema di Roma, seppure inconsapevolmente, boicotta l’aperitivo. Ed è un boicottaggio bipartisan, giacché, già lo scorso anno, i frequentatori della kermesse lamentavano la penuria di stand e baretti adatti all’uopo (all’ora giusta – alle undici di sera puoi bere ciò che vuoi dove vuoi: sono tutti al cinema o altrove). E dunque non importa che il destinatario di questo nostro appello per l’abbattimento delle barriere aperitivistiche alla Festa del Cinema sia Gianluigi Rondi e non (più) Goffredo Bettini. La sostanza è la stessa.

Purtroppo è vero: la Festa del Cinema di Roma, seppure inconsapevolmente, boicotta l’aperitivo. Ed è un boicottaggio bipartisan, giacché, già lo scorso anno, i frequentatori della kermesse lamentavano la penuria di stand e baretti adatti all’uopo (all’ora giusta – alle undici di sera puoi bere ciò che vuoi dove vuoi: sono tutti al cinema o altrove). E dunque non importa che il destinatario di questo nostro appello per l’abbattimento delle barriere aperitivistiche alla Festa del Cinema sia Gianluigi Rondi e non (più) Goffredo Bettini. La sostanza è la stessa. Primo problema: le proiezioni per la stampa alle ore 19 e 30 e per il pubblico alle 20 e 30. L’aperitivista scrivente ha provato a farsi sia pubblico sia stampa, nel corso del fine settimana, e ha constatato quanto segue: il blocco dell’aperitivo democratico perpetrato ai danni del normale aperitivista cinefilo dal Red Bar dell’Auditorium (praticamente l’unico che si presti a un decente aperitivo nell’area antistante la maestosa struttura architettonica di Renzo Piano). Questa rubrica aveva già inserito il suddetto bar in una piccola lista romana di locali con il nome di un colore – White e Red, meglio arrivarci preparati: hanno sempre bellissimi mobili e bellissime luci, ma l’aperitivo appare complicato (due ticket differenziati per cibi e bevande, come al Red) o un ambiente eccessivamente algido con pretese poetico-lussuose (al White). Ma siccome all’Auditorium c’è il Red bar (secondo problema, appunto), su quello tocca tornare: bene, né alle 19 né alle 21 – prima o dopo le proiezioni – è possibile sedersi fuori con il proprio bicchiere e il proprio piatto, perché gli sponsor o le major presenti alla Festa prenotano tutto (senza peraltro presentarsi a quell’ora: dove sono? Perché mai prenotano se poi non si presentano?). E dunque il normale aperitivista cinofilo è costretto a:

1 stare in piedi
2 sedersi e farsi sgridare dalle hostess
3 litigare per gli unici tre o quattro tavoli non prenotati a vuoto

E’ vero, c’è sempre il Mini bar, sulla terrazza dell’Auditorium, ma non è aperitivisticamente corretto (accesso solo se hai la tessera Mini o soltanto se sei Michael Cimino in stato di grazia, sempre che Cimino beva ancora). E se per caso uno decide di spostarsi nel contiguo quartiere Flaminio per un aperitivo-cena al Tiepolo, troverà tutti i tavoli occupati (a oltranza) da aperitivisti più furbi e più veloci.
Delle due l’una, dunque, gentili organizzatori della Festa romana: o cambiate l’orario delle proiezioni – alle 18 e alle 22, per esempio, onde rendere possibile agli aperitivisti cinefili l’emigrazione in altre zone aperitivisticamente non discriminatorie – oppure aumentate i tavoli al Red bar (anche se questo creerebbe problemi al già problematico parcheggio taxi, e questo sì che sarebbe un dramma insolubile).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.