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Perché ci dovrebbero interessare i libri nelle librerie dei protagonisti dei fatti di cronaca?

Antonio Gurrado

Da Traini all'hacker che si è intrufolato nella piattaforma Rousseau, i giornali hanno la smania di ricostruire gli scaffali di chi sale alla ribalta della cronaca nera. Tre possibili motivi

Mi domando da dove derivi tutta questa smania di ricostruire gli scaffali dei protagonisti dei fatti di cronaca. Dopo l’arresto di Luca Traini siamo stati edotti sul fatto che la sua biblioteca contenesse inevitabilmente “Mein kampf” e una non meglio precisata storia della Repubblica Sociale. Viene poi identificato il mago del computer che si era intrufolato nella piattaforma Rousseau e apprendiamo che costui possiede “Il vecchio e il mare”, le poesie di Whitman e inevitabilmente “Harry Potter”. E chissà quanti altri casi simili ho tralasciato.

 

Cosa ce ne cale? Pensa che ti ripensa, alla fine mi sono dato tre possibili risposte.

 

Uno. In Italia anche i lettori forti leggono poco, quindi si presuppone che i due o tre titoli associati all’identità di un personaggio costituiscano la sua intera biblioteca, ergo siano più che sufficienti a descriverne con dovizia ogni sfaccettatura culturale e umana: è ovvio che un neofascista legga libri sul fascismo e che un romantico ribelle legga libri romantici e ribelli.

 

Due. Dev’essere il retaggio delatorio dei lontani tempi in cui, in una terra poco libera come la nostra penisola storicamente è stata, per sfuggire alla censura bisognava ammantare pagine proibite con spiazzanti rilegature, o farsi consegnare volumi nascosti nella cesta di qualche lavandaia analfabeta: lo scandaglio della biblioteca di qualcuno, imperniato su due o tre libri caratterizzanti, equivarrebbe nelle nostre menti pigre e codine allo svelamento delle pieghe nascoste della vera personalità dell’interessato.

 

Tre. In una nazione poco adusa alla lettura, non ci si convince che si possa leggere a tappeto libri difformi a mero scopo informativo, o d’intrattenimento, ma si resta persuasi che il possesso di un libro implichi l’adesione alle idee che contiene: si presuppone che il lettore sia un bacile vuoto, che cambia identità a seconda delle parole che incamera, e che un Traini abbia sparato perché ha letto Hitler un po’ come le signorine dell’Ottocento si facevano venire i vapori perché avevano letto i romanzi epistolari. Volgendo lo sguardo ai libri che mi circondano in questo momento, e saranno un migliaio, scopro con terrore che i giornali avrebbero agio di lasciar intuire che sono cuoco, perché c’è l’Artusi, che sono musulmano, perché c’è il Corano, che sono serial killer, perché c’è Stephen King.

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