Foto LaPresse/Sandro Rizzo

Joe meglio di Gheddafi

Redazione

Severgnini direttore semina il terrore. Assume quattro amazzoni e avvelena i noti Caffè

Servegnini direttore, disperato è l’editore. Joe come Gheddafi. L’immenso Servegnini, alla guida di Sette, il settimanale del Corriere della Sera, ha chiesto e ottenuto da Urbano Cairo – l’editore che pure è sparagnino – l’assunzione a tempo determinato di quattro sue allieve della scuola di giornalismo.

 

Servegnini direttore, disperato è l’editore. Joe, dunque, è come Gheddafi. Anzi, meglio di Gheddafi. Come le amazzoni del rais libico, le quattro vergini guerriere sono pronte a tutto per difendere il caro leader Servegnini. A ognuna di loro è concessa la fornitura di buoni-taxi per la tratta Milano-Crema mentre Joe – sempre da Urbano Cairo – per le puntate di “Otto e Mezzo” su La7 si fa dare biglietti aerei in classe business: “Non voglio viaggiare in economy”, ha detto a un sempre più disperato editore, “Non ne posso più di tutta quella brava gente che poi mi chiede l’autografo!”.

 

Come Gheddafi, meglio di Gheddafi. Vestite ora in mimetica, ora da tartarughe ninja, ora travestite da suore laiche, le quattro amazzoni, oltre al compito cui sono votate – impedire intorno al corpo del Capo assembramenti di brava gente vogliosa di autografi – hanno creato in via Solferino un clima di terrore. Le pretoriane di Joe impongono a tutti i redattori di Sette la frangetta brizzolata al grido: “Oggi a Sette, domani al Corriere!”.

 

Come Gheddafi, meglio di Gheddafi. Joe, infatti, non si fa stanare. Inutilmente Cairo tenta di farsi prestare da Donald Trump la madre di tutte le bombe ma Servegnini, disprezzando perfino i buoni taxi Milano-Crema, da via Solferino non si smuove, anzi: conquista diverse aree della redazione e impone a tutti i colleghi la frezza bianca. I lealisti del direttore del Corriere della Sera, Lucianino Fontana – compresa Barbarella Stefanelli – per solidarietà con i colleghi di Sette si radono a zero.

 

Come Gheddafi, meglio di Gheddafi. Joe direttore, semina il terrore. I gemellini Massimo Gramellini e Aldo Cazzullo, già pelati di loro, sono costretti a schierarsi: “Con Lucianino sino in fondo”, gridano a una sola voce. Vladimir Putin offre a Fontana i propri hacker per difendersi da Joe ma Lucianino, sempre fedele agli yankee, dice niet e non s’accorge di ciò che Servegnini è capace di fare: correggere il Caffè di Gramellini col polonio e spedire pacchi bomba a “Lo dico al Corriere”, la pagina quotidiana curata da Cazzullo.

 

Come Gheddafi, meglio di Gheddafi. Servegnini direttore, fa più danni di un trattore. A capo delle amazzoni c’è ovviamente la temuta pseudo assistente che si muove per via Solferino con la graziosa sicurezza della Pompadour a Versailles nei suoi momenti più belli.

 

Come Gheddafi, meglio di Gheddafi. Joe direttore, semina il terrore. Cairo disperato offre a Sandro Mayer doppio stipendio e un vitalizio in buoni taxi Milano-Crema purché accetti di prendere il posto di Joe. Mayer alza la posta: “I buoni taxi per Crema non mi servono; voglio invece la frezza brizzolata di Servegnini al posto del mio parrucchino”. Un colpo al cuore più che un colpo di scena per Cairo. Anche Mayer è passato al nemico.

 

Come Gheddafi, peggio di Gheddafi. Lucianino, premiato dalla Cia per aver detto no a Putin, viene aiutato e riesce a catturare Joe. Coi lealisti vestiti da penitenti del Venerdì Santo, trascinano Serveginini in catene per la tonsura pubblica in Sala Albertini. Ma hanno fatto i conti – Lucianino, i lealisti e la Cia – senza le amazzoni.

 

Come Gheddafi, meglio di Gheddafi. Più che un direttore, Joe è un vendicatore. Le vergini guerriere irrompono dalla finestra, liberano Servegnini e si asserragliano nella roccaforte di Sette, pronte a tutto, anche ad altri dieci copertine sui bimbi-cane. Solidarizzano con Joe e le sue amazzoni Luca Lotti e Maria Etruria Boschi, col solo risultato di aizzare gli obbligazionisti di mezza Toscana.

 

Come Gheddafi, meglio di Gheddafi. Peggio della tribù di Cirenaica e Tripolitania, i correntisti di Banca Etruria pongono l’assedio alla redazione di Sette ormai alla fame. Joe arringa le sue girls: “Niente paura, faremo come ai vecchi tempi; mangeremo l’erba del vicino”. E ciò vale a dire che vanno a brucare i prati di Lucianino Fontana, il direttore ambientalista, dove trovano Silvio Berlusconi intento a liofilizzare l’erbetta all’agnellino Fiocco di neve.

 

Come Gheddafi, peggio che con Gheddafi. Lo spettacolo è terribile. E’ un sabba. L’assistente di Joe fa dell’ovino un sol boccone. Lo mastica giusto il tempo d’inghiottirlo. E senza farsi muovere a pietà dal belato. Non senza sputare i ciuffi di candido pelo sulle scale di via Solferino. Cairo disperato si percuote il petto: “Così imparo ad affidare un giornale a Joe”.

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