Dispaccio olimpico #1

Giulia Pompili

Le Olimpiadi invernali di Pyeongchang sono già piene di fotografie memorabili e di notizie “storiche” 

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IN PRIMO PIANO: DISPACCIO OLIMPICO #1

 

 

Le notizie di ieri erano troppe, e come spesso succede è bene aspettare qualche ora prima di rimettere insieme idee e segnali.

Le Olimpiadi invernali di Pyeongchang sono già piene di fotografie memorabili (compresa quella in cui il presidente sudcoreano sembra essere ai piedi della leader nordcoreana). Analisti e osservatori continuano a sottolineare il fatto che non bisogna essere molto ottimisti, quando si tratta di Corea del nord, perché negli anni ci ha abituati a cambi di posizione repentini e inaspettati. Ma ci sono alcune notizie che definirei senza esagerazioni "storiche", da mettere in ordine.

 

Il presidente sudcoreano Moon Jae-in è riuscito a organizzare all'ultimo momento, e senza particolari intoppi diplomatici, la presenza di una delegazione di altissimo livello alla cerimonia d'apertura dei Giochi olimpici. Ieri, infatti, sul palco Vip dello Stadio Olimpico c'era il novantenne Kim Yong-nam, che da vent’anni è il presidente del praesidium dell’Assemblea popolare suprema – primario organo legislativo della Corea del nord (il che fa di lui il capo dello stato "di rappresentanza", diciamo così). Ma soprattutto c'era Kim Yo-jong, la trentenne sorella minore del leader Kim Jong-un, da poco nominata membro non permanente del Politburo e a capo del Dipartimento propaganda. Da quando sono atterrati a Incheon, tutte le attenzioni erano rivolte verso di lei, primo membro della famiglia Kim a mettere piede in Corea del sud ufficialmente sin dal 1953, anno dell'armistizio. Su quel palco vip alla cerimonia d'apertura, dove erano presenti anche il vicepresidente Usa Mike Pence e il primo ministro giapponese Shinzo Abe, ho scritto e detto un po' di cose a questo link. Da notare che l'unica presenza europea - L'UNICA - era quella del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier.

 

Poi c'è stata anche una cena, alla quale Pence è passato ma poi è andato via subito, per evitare di incontrare il vecchio Kim Yong-nam. Shinzo Abe (che incredibilmente non era accompagnato dalla moglie Akie) invece al ricevimento si è fermato, e un'altra notizia storica è che si sia fermato a parlare con Kim. Secondo quanto ricostruito dalla stampa giapponese - e secondo quanto detto da lui la sera, dopo essere tornato in albergo - avrebbe ripetuto all'ufficiale nordcoreano la posizione giapponese sui rapiti (leggete qui per saperne di più) e sull'arsenale missilistico e nucleare.

 

Il giorno dopo, cioè oggi, avrebbero dovuto tenersi - secondo quanto riportato dalla stampa sudcoreana - due diversi incontri privati tra il presidente Moon e i due alti ufficiali nordcoreani, da svolgersi a Seul e in un terreno neutro. E invece? E invece no! Perché tutta la delegazione nordcoreana è andata alla Casa Blu - il palazzo presidenziale di Seul - ospiti del presidente sudcoreano. Le fotografie pubblicate subito dopo dall'account ufficiale della Casa Blu sono memorabili: un pranzo ufficiale con i massimi vertici della Corea del nord e della Corea del sud. Hanno visitato gli uffici e hanno firmato il guestbook. Non solo: la giovane Kim Yo-jong, che pur non essendo la più alta in grado è membro della famiglia di Kim e quindi di origini sacre, "ha consegnato a Moon una lettera da parte di Kim Jong-un, e il messaggio è che spera di incontrare Moon di persona nel prossimo futuro", ha detto il portavoce del Cheong Wa Dae (il nome coreano della Casa Blu) Kim Eui-kyeom. Secondo la stampa coreana, Kim sembrava più nervosa del giorno prima. In ogni caso, ci saranno altri incontri tra ufficiali del nord e del sud per organizzare il possibile (probabile?) viaggio di Moon a Pyongyang - si parla già della prossima primavera.

 

In un'intervista a Radio Anch'io ieri mattina, il prof. Antonio Fiori, uno dei massimi esperti di cose coreane, diceva che il problema, ora, è che la comunità internazionale non ha una linea comune nell'affrontare la Corea del nord. Mandiamo segnali contrastanti: da una parte c'è l'America di Trump, che vuole isolamento e minaccia azioni militari. Il Giappone di Shinzo Abe sposa questa strategia. Dall'altra parte c'è Moon, sostenitore della Sunshine Policy, cioè dialogo e apertura a prescindere dal numero di missili che ha Pyongyang. Una politica sostenuta a un certo livello pure da Pechino e Mosca.

 

Mike Pence durante questo viaggio asiatico ha fatto di tutto per mostrare alla Corea del nord da che parte sta l'America. Pence si è portato alla cerimonia d'apertura delle Olimpiadi Fred Warmbier, il padre di Otto, il ragazzo morto in circostanze ancora misteriose dopo essere stato imprigionato dai nordcoreani. Giorni fa è stato al memoriale per le vittime degli attacchi nordcoreani e ha incontrato alcuni rifugiati nordcoreani.

 

Quando si è saputo che Kim Jong-un avrebbe fatto comunque la tradizionale parata militare che celebra i 70 anni della fondazione dell'Esercito nordcoreano (parata che si è tenuta soltanto l'altro ieri, un giorno prima dell'apertura dei Giochi, l'analisi tecnica della parata l'ha scritta Ankit Panda qui) il presidente Trump senza alcun apparente collegamento ha chiesto anche lui alle sue Forze armate di organizzare una parata militare. North Korea style.

Intanto Moon e Kim Yo-jong hanno assistito insieme alla prima partita della squadra di hockey unificata, cioè con membri della nazionale nordcoreana e sudcoreana (giocavano contro la Svizzera, hanno perso 8 a 0), un altro tassello per la politicizzazione estrema di queste Olimpiadi.

 

Credevo che l'ultima volta che un presidente sudcoreano avesse visitato Pyongyang fosse nel 2000. All'epoca il presidente sudcoreano era Kim Dae-jung, che vinse nello stesso anno il premio Nobel per la pace proprio per il suo impegno nella riconciliazione della Corea. L'incontro a Pyongyang con Kim Jong-il fu particolarmente affettuoso, e sembrava davvero che la pace fosse dietro l'angolo. Credevo che l'ultima volta che un presidente sudcoreano avesse visitato Pyongyang fosse nel 2000 ma sbagliavo. Perché se ne parla sempre poco, ma il 2 ottobre del 2007 il controverso presidente sudcoreano Roh Moo-hyun passò il confine del 38° parallelo in macchina, e incontrò a Pyongyang Kim Jong-il. La visita portò a una dichiarazione congiunta non particolarmente storica. Roh aveva posizioni molto antiamericane, e nel libro di memorie "Duty" di Robert Gates l'ex segretario alla Difesa lo descrive come "uno probabilmente un po' matto". Alla fine del suo mandato, nel 2008, Roh si è ritirato in una fattoria di un piccolo centro abitato. Si è suicidato lanciandosi da una scogliera poco più di un anno dopo, dopo essere stato accusato di corruzione.

 

Sembra di essere tornati indietro nel tempo, con la possibilità di un accordo che sia bilanciato (e non sproporzionato per il Nord). Il problema adesso però è cercare il supporto di Washington. Questo articolo di David Nakamura, pubblicato dal Washington Post qualche giorno fa, spiega perché l'alleanza con Seul è davvero a rischio.

 


 

ALTRE COSE DALLA PENISOLA COREANA

 

Una delle notizie più importanti riguarda la nomina ormai ufficiale dell'ammiraglio Harry Harris ad ambasciatore americano in Australia. Harris lo avevamo ritratto qui, è uno fermamente convinto che il problema dell'America nel Pacifico non sia solo la Corea del nord, ma anche e forse soprattutto la Cina. Qualche tempo fa giravano voci secondo le quali Pechino aveva chiesto a Washington di levare di torno Harris in cambio di un aiuto più attivo sulla Corea del nord. Le voci erano state smentite tutte. La nomina di questi giorni sembra più un allontanamento che una promozione.

 

Non so se ve ne siete accorti, ma il ministro degli Esteri Angelino Alfano questa settimana è stato in viaggio nel sud-est asiatico. Il 7 febbraio a Giacarta, l'8 febbraio a Singapore, il 9 e 10 a Bangkok.

 

Indonesia. "L’ Italia è il 3° partner commerciale dell’Indonesia tra i Paesi UE: abbiamo discusso di come dare nuovo impulso al nostro partenariato economico, dal momento che c’è ancora ampio potenziale da sfruttare, soprattutto quanto a volume del commercio e investimenti", ha detto dopo un incontro con l'omologa indonesiana Retno Marsudi.

 

Thailandia. In primo piano c'è la storia, di cui si parla sempre troppo poco, di Denis Cavatassi, agronomo originario di Tortoreto, in Abruzzo. Nel marzo del 2011 viene accusato dell'omicidio del connazionale Luciano Butti: "Le indagini sono superficiali: non viene perquisita la sua abitazione né il suo computer. La moglie non viene convocata e non vengono ascoltati i membri dello staff del ristorante. 'La sentenza di primo grado era scritta su quattro o cinque pagine', racconta oggi il suo legale Alessandra Ballerini. 'Questo dimostra quanto approfondite siano state le indagini. Non ci sono riscontri, non viene individuato nessun testimone oculare'. Cavatassi è considerato il mandante dell’omicidio. 'In questo caso tutto dovrebbe essere nel movente, ma il movente non esiste'", scrive Marco Sarti su Linkiesta. Del caso Cavatassi se ne occupa da anni (che gli Dèi lo proteggano) Luigi Manconi (qui la conferenza stampa di qualche giorno fa).

 

Sembra che Alfano, durante la sua visita a Bangkok, abbia parlato del caso di Cavatassi con il ministro degli Esteri Thai. Risultati? Non è dato sapere. Anche perché nella nota ufficiale della Farnesina il tema del nostro connazionale non è nemmeno citato.

 

Cambogia.  Con l'approssimarsi delle elezioni, previste per il giugno prossimo, il paese guidato da Hun Sen ha virato sempre di più verso una cosa più simile a uno stato autoritario. Adesso, secondo l'Ap, il governo ha imparato pure come utilizzare Facebook per silenziare l'opposizione.

Per dire, qui c'è la storia di Sam Sokha, una attivista cambogiana che qualche tempo fa aveva tirato una scarpa addosso a un cartellone con la faccia di Hun Sen, e il video dell'azione era circolato su Facebook. La polizia la cercava, lei si era scappata in Thailandia, dove le Nazioni unite le avevano riconosciuto lo status di rifugiata. Ieri è stata deportata in Cambogia.

 

Myanmar. Questo long form di Reuters è il motivo per cui i due giornalisti Wa Lone e Kyaw Seo Oo sono stati arrestati a Yangon lo scorso dicembre. Non vi dico niente. Dovete leggerlo.

 

Bangladesh. Una chiesa cattolica di Dhaka è stata saccheggiata e il parroco malmenato e minacciato di morte se si fosse rifiutato di consegnare ai criminali denaro e altri oggetti di valore.

 

Hong Kong. C'è stato un grave incidente stradale che ha coinvolto un pullman che tornava da una gara di cavalli. Sono rimaste uccise diciannove persone.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.