La visita del leader coreano Kim Jong Un al monte Paektu (foto Reuters)

Le Olimpiadi più nuclearizzate della storia

Giulia Pompili

Mancano due mesi all'apertura dei Giochi olimpici invernali di PyeongChang 2018. Le Olimpiadi sudcoreane, però, rischiano di diventare le più politicizzate dell'èra contemporanea

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IN PRIMO PIANO: SE LA POLITICA NUCLEARIZZA LE OLIMPIADI INVERNALI

 

Kim Jong-un al Masikryong Ski Resort, che avrebbe dovuto essere una delle strutture usate in caso di condivisione tra Nord e Sud dei Giochi Olimpici del 2018. Per ora Kim scia da solo. 

 

Mancano esattamente due mesi all'apertura dei Giochi olimpici invernali di PyeongChang 2018. Le Olimpiadi sudcoreane, però, rischiano di diventare le più politicizzate dell'èra contemporanea, ancora più di quanto accadde in occasione di Sochi 2014 e Pechino 2008. Quando siamo andati a PyeongChang, nel giugno scorso, la Corea del nord era ancora qualcosa di cui ridere:  il governatore di Gangwon, Choi Moon-soon, durante gli incontri con la stampa giocava spesso con il fatto che il nome della contea di PyeongChang per i non-coreani somigli pericolosamente al nome della capitale nordcoreana, Pyongyang. La portavoce del comitato organizzatore, Nancy Park, ci diceva: “Il governatore scherza spesso sulla situazione”, dice Park, “la provincia è molto vicina al 38° parallelo, ma qui in Corea del sud siamo abituati a questo genere di tensioni. Ci conviviamo da decenni. In passato abbiamo ospitato grandi eventi sportivi, che hanno funzionato bene, e non sono stati influenzati dai rapporti con il Nord”.

 

Da quando, tra luglio e settembre, Kim Jong-un ha lanciato missili balistici intercontinentali ed effettuato un nuovo test atomico, si ride molto di meno. Se non altro perché la retorica imposta sia da Pyongyang sia dalla Casa Bianca ha cambiato tono.

Le ultime notizie fanno pensare che, dato questo clima di tensione perenne, a rimetterci più di tutti saranno quelli che hanno investito molto sulle Olimpiadi. Primo fra tutti Moon Jae-in, il presidente sudcoreano (che può essere simpaticamente definito, ormai, il presidente più sfigato della storia coreana), che aveva fatto di questi Giochi il suo fiore all'occhiello. Certo, le Olimpiadi sono tradizionalmente un momento di pace e cooperazione tra i popoli, ma quest'anno rischia di non essere del tutto così. Anzitutto c'è la Russia, esclusa dalle Olimpiadi per la questione doping – i suoi atleti potranno partecipare ma senza bandiera, che è un po' come mangiare bendati, ma vabbè.

 

Poi ci sono molti paesi che iniziano a preoccuparsi per quel che potrebbe succedere a febbraio. Il ministro dello Sport francese ha detto a fine settembre che se Seul “non assicurerà la sicurezza” non manderà i suoi atleti. Preoccupazioni simili le hanno manifestate Germania e Austria.

 

A fine novembre il presidente Moon Jae-in ha dovuto parlare esplicitamente del tema sicurezza, e ha detto che prenderà provvedimenti in quel senso. Ma poi è arrivata la dichiarazione di Nikki Haley, ambasciatrice americana all'Onu, che a Fox qualche sera fa ha detto che siccome la situazione potrebbe cambiare da un momento all'altro, la partecipazione degli atleti americani “è una questione aperta”. Panico tra gli organizzatori, sponsor, proprietari di diritti tv: è possibile fare un'Olimpiade senza la Russia e senza gli Stati Uniti? Sarah Sanders, portavoce della Casa Bianca, ha poi usato Twitter per chiarire: “L'America non vede l'ora di partecipare ai Giochi olimpici invernali in Corea del sud. La sicurezza degli americani è la nostra massima priorità e siamo impegnati con i sudcoreani e con gli altri paesi alleati per mettere in sicurezza i luoghi delle Olimpiadi”.

 

Certo, spendere 11 miliardi di euro, più o meno, per un'Olimpiade a cui non parteciperà nessuno non è un grande investimento. Del resto, gli eventi sportivi di questa portata a livello diplomatico possono essere delle grandi opportunità oppure dei terribili disastri – sul tema, resta fondamentale il libro di Victor D. Cha, uno dei papabili ambasciatori americani in Corea del sud e uno dei massimi esperti di affari asiatici, che nel 2009 ha pubblicato “Beyond the Final Score - The Politics of Sport in Asia”. A metà novembre, secondo gli organizzatori, era stato venduto il 41 per cento del target di biglietti. Ma siamo proprio sicuri che questo mezzo flop sia colpa della Corea del nord? In realtà, c'è proprio poco interesse da parte della comunità sportiva internazionale nei confronti dei giochi invernali (mi fanno notare che PyeongChang si era candidata tre volte di seguito per le Olimpiadi, e l'ultima volta gli è stata assegnata dal Cio soprattutto perché non c'erano concorrenti). In più la Corea del sud non ha lavorato benissimo nella promozione degli eventi, e l'ambientazione non aiuta – a PyeongChang non ci sono montagne vere e proprie, al massimo colline.

 

Comunque sia, per tranquillizzare tutti, il presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach ha chiesto di visitare la Corea del nord per parlare delle Olimpiadi. Sul serio. Pyongyang non ha ancora fatto sapere se accetterà la sua visita oppure no. Nel frattempo si aspettano conferme sulla partecipazione dell'unica squadra nordcoreana che si è qualificata: la coppia di pattinatori Ryom Tae-ok e Kim Ju-sik. Il termine ultimo per la conferma della partecipazione era il 30 ottobre, ma da Pyongyang a PyeongChang non è arrivata alcuna notizia.

 

Intanto è iniziaTA la fase finale della Coppa dell'Asia orientale. E indovinate chi si gioca il titolo? Cina, Giappone, Corea del nord e Corea del sud. Martedì alle 8 e 30 c'è la partita più attesa, cioè Corea del nord contro Corea del sud, a Tokyo. Qui c'è un lungo pezzo di John Duerden dell'Ap che racconta cosa succede e cosa succederà, dal punto di vista politico. Secondo Nk News, nel caso in cui la Corea del nord vincesse, non potrebbe ricevere il premio in denaro.

 


 LA SETTIMANA


 

PENISOLA COREANA
  

Dopo che il pilota della Cathay Pacific Airways ha detto di aver visto qualcosa che somigliava ai "residui" del missile nordcoreano, l'autorità per i voli commerciali dice che la Corea del nord potrebbe essere dichiarata no-fly zone.

 

Cose strane che accadono. Secondo le Nazioni Unite, sarebbe stata Pyongyang ad aver invitato ufficialmente Jeffrey Feltman, capo degli Affari politici dell'Onu, che ovviamente ha accettato. Quindi ora Feltman si trova in Corea del nord, e secondo la Kcna avrebbe incontrato pure il ministro degli Esteri nordcoreano. Non succede tutti i giorni, al suo ritorno sapremo se i colloqui sono serviti a qualcosa.

 

Robert Gallucci, capo negoziatore della Casa Bianca ai tempi di Bill Clinton, dice che lo stallo dei colloqui non produrrà niente di buono. Gallucci è uno che di Corea del nord ne sa parecchio.

 

Un altro colpo per il business all'estero di Pyongyang: i 1.200 lavoratori nordcoreani attualmente in Mongolia dovranno lasciare il paese.

 

Approvato il budget 2018 dall'Assemblea nazionale di Seul. Sembra il nostro Parlamento, con l'opposizione che diserta il voto.

 

GIAPPONE

La notizia del giorno è una, incredibilmente importante: Unione Europea e Giappone hanno chiuso le negoziazioni per il free trade agreement. Ne parliamo poco ma con questo accordo si aprono un mare di opportunità per le aziende italiane in Giappone – e di sicuro anche Tokyo sarà più vicina. Questo il comunicato di oggi di Shinzo Abe e Jean-Claude Junker. E' il più grande accordo commerciale del mondo, che copre il trenta per cento del pil mondiale. L'implementazione dovrebbe arrivare tra un anno, all'inizio del 2019. Qui c'è il messaggio dell'ambasciatore italiano a Tokyo, Giorgio Starace – che traghetterà l'Italia e le aziende italiane durante questa rivoluzione commerciale. Se volete più informazioni, potete scrivere alla Camera di commercio italiana in Giappone.

 

Lo Yomiuri Shimbun ha rivelato i dettagli del pacchetto del governo di Shinzo Abe da 2 trilioni di yen, ideato per realizzare la cosiddetta rivoluzione dello sviluppo delle risorse umane. Si parla di asili gratuiti per i bambini fino a 5 anni e più centri diurni.

 

A Tokyo già da qualche tempo c'era questa moda di fare tour della città sui go-kart, vestiti da personaggi di Super Mario. Non sto scherzando, erano frequentatissimi, in pratica la risposta nipponica alle gondole di Venezia. Dopo tre brutti incidenti, però, le autorità hanno deciso di “regolare” il noleggio dei kart. Qualcuno più sospettoso dice che la mossa del governo è arrivata subito dopo una denuncia per violazione del diritto d'autore da parte della Nintendo, stufa di vedere tutti questi Super Mario per strada e di non guadagnarci nulla.

 

Il Giappone ha perso la guerra del soft power musicale. Nel senso che le AKB48, gruppo idol nipponico, non tengono il confronto con le colleghe sudcoreane.

 

Una katana spezzata a metà. Un'altra spada corta, e due coltelli. Tre morti. Un dramma familiare che si è consumato nel santuario Tomioka Hachimangu di Tokyo.

 


 

CINA, E ALTRE STORIE

Perché la Cina è così preoccupata dal riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte dell'America? La risposta è molto semplice. La Cina vuole essere equidistante, e continuare a fare affari sia con Israele sia con il resto del mondo arabo. Ogni cambiamento dello status quo che non venga da Pechino, preoccupa Pechino.

 

"Nei giorni scorsi a Pechino si sono incontrati partiti provenienti da tutto il mondo. Il documento finale presentato dai padroni di casa (firmato da tutti, senza discussione) sottolinea l'impegno di Xi nello sviluppo di una governance globale pacifica. Per l'Italia era presente il Pd". Pieranni su East.

 

L'Intelligenza artificiale può aiutare i giudici a prendere le giuste decisioni? Per il fondatore di Gridsum, start up cinese, la risposta è naturalmente sì.  

 

America e Cina, del resto, si scontreranno sempre di più su questo. Bill Bishop scrive: China has the data, the talent, the money, the regulatory environment and the government vision to become an artificial intelligence superpower. As in an increasing number of other areas, US-China AI competition is far more likely than cooperation.

 

Geopolitica: mentre l'India si occupava del Nepal, la Cina si portava a casa le Maldive.

 

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Nei paesi asiatici a maggioranza musulmana centinaia di persone hanno manifestato, soprattutto davanti alle rispettive ambasciate americane, per protestare contro la decisione di Donald Trump su Gerusalemme. Le condanne più forti, anche da esponenti politici e capi di governo, sono arrivate dalla Malysia e dall'Indonesia.

 

Cambogia. Ognuno ha bisogno dei suoi riferimenti del passato. Sappiamo che Kim Jong-un ormai somiglia sempre di più a suo nonno Kim Il-sung. L'uomo che volle farsi re è la citazione perfetta per questo articolo di Julia Wallace sul New York Times. Racconta Hun Sen, primo ministro della Cambogia praticamente da più di trent'anni, e i suoi continui riferimenti, anche fisici, a re Sdech Kan, al quale si stanno dedicando sempre più statue e anche un mastodontico film.

 

Indonesia. Il direttore del Jakarta Post, Endy Bayuni, ha scritto un editoriale molto bello che può far riflettere anche noi, visto che parliamo spesso di "nostalgici" e "neofascisti". L'editoriale ha come titolo "la democrazia è la forma di governo peggiore", e racconta come, nonostante Soeharto fosse un dittatore, ci sono molti che rimpiangono il suo governo. Come mai? Perché la democrazia in Indonesia c'è da più di vent'anni e siamo ancora in "work in progress", spiega. Perché ci sono ancora difficoltà nel gestire questo peso, ma bisogna avere fede.

 

A proposito. L'ex governatore di Giacarta, Ahok, processato per blasfemia, cristiano e di origini cinesi, è stato inserito nella lista dei Global reThinker di Foreign Policy.

 

La guerra di Giacarta alla pesca illegale cinese continua. Per ora, è l'unico paese che agisce, letteralmente, quando la Cina "sconfina". In settimana un peschereccio è stato sequestrato e sono stati arrestati i 21 membri dell'equipaggio.

 

India. La storia della demolizione della moschea Babri Masjid della città di Ayodhya, in Uttar Pradesh. E' quando l’India laica e multiculturale è stata cancellata – Matteo Miavaldi sul Manifesto

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.