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La lotta di classe, il Quarto Cesso: la lezione politica di (Sharloti) Calenda a Majorino

Costantino della Gherardesca

“Non capisci, Pier? I sentimenti. I sentimenti vincono sempre”

All’indomani delle Europee, la nostra Sharloti Calenda, esaltata dal trionfo elettorale, si è fiondata in un ristorante di Bruxelles con Nazgol, la sua fidata social media manager sciita, e l’adorato yorkshire terrier Sentimenti.

 

Davanti a un piatto di ostriche, Sharloti trattiene a fatica le lacrime di gioia.

 

“Tesoro mio, tesoro mio, tesoro mio…” ripete, guardando estasiata il suo cagnolino. “Grazie a te sono riuscita a tornare in sintonia con il Paese reale… Non mangi, Sentimenti? Non ti piacciono le ostriche?”.

 

Il cagnetto si accosta al mollusco con qualche riserva.

 

“Anche tu, Nazgol, mangia un’ostrica…”.

 

La donna si avvicina al vassoio, ma Calenda la intercetta stringendole le mani e portandosele al seno in segno di gratitudine.

 

“Che lavoro hai fatto sui social Nazgol! Te la ricordi Lampedusa? Quella volta che a colpi di remi ci siamo fatte strada tra i barconi dei profughi per liberare i delfini soffocati dai sacchetti di plastica? Non ho mai ricevuto così tanti cuoricini su Instagram!”

 

Sharloti manda giù un’altra ostrica e si accorge che ormai il vassoio è vuoto.

 

Garçon, apporte-moi un autre plateau d’huîtres! Nazgol cara, grazie per avermi fatto conoscere tutte le tue amiche lesbiche siriane e avermi permesso di officiare le loro unioni civili in diretta Facebook da Palazzo Reale. Con quella mossa abbiamo asfaltato quei poveri imbecilli di La Sinistra, ahahah! Su, prendi un’ostrica, cosa aspetti?”

 

Nazgol sorride e fa per allungare la sua manina olivastra verso il vassoio, ma Sharloti la becca al volo e se la porta sul cuore.

 

“Sei tu la vera bestia, Nazgol! Altro che Morisi! Sai quando l’ho capito?”.

 

Nazgol fa cenno di no.

 

“Ricordi quando quei dilettanti dei transgender americani si lamentavano che un bagno per i maschi e uno per le femmine non bastavano più? Che serviva anche una terza toilette tutta per loro? Tu su quel fronte eri già avanti millenni! Ho capito che razza di geniaccia eri quando hai intuito che la lotta per il terzo bagno era un’istanza debole, novecentesca, e hai organizzato una marcia a Porta Venezia per ribadire il dovere di tutti gli esercizi pubblici e privati di istituire ancora un’altra toilette, una dedicata ai soli schizofrenici: il Quarto Cesso!”.

 

Nazgol riesce a liberarsi da quell’amorevole stretta e fa per agguantare un’ostrica. Un ringhio la interrompe. Sharloti, sentito il nervosismo del cane, entra in stato d’allarme.

 

“Sentimenti! Che ti prende? Perché ringhi?”.

 

Al tavolo si avvicina un’ombra. E’ un uomo dall’aspetto virile, vestito con un esibito pressapochismo eterosessuale. E’ Pierfrancesco Majorino.

 

“Oh, eccoti qui!”, dice Majorino avvicinandosi al tavolo di Sharloti. “Complimenti per il risultato alle elezioni, Carlo!”.

 

Sentimenti abbaia furiosamente, punta le zampe sul vassoio di ostriche e lo rovescia a terra. Nazgol fissa il pavimento in lacrime.

 

Che gaffe! Nonostante anni di militanza nella Cape Town d’Italia, nella Milano roccaforte del Pd, Majorino aveva appena commesso un peccato mortale: il deadnaming.

 

Non l’aveva chiamata Sharloti, ma Carlo. A quel nome femminile così woke e consapevole, Majorino aveva preferito quello del maschio alfa che era stata un tempo, quello del politico liberale, del freddo profilo confindustriale che Nazgol aveva sapientemente rimodellato a uso della sinistra vera in una transgender xenofemminista.

 

Il povero Pierfrancesco, scosso dall’inaspettato svelamento della sua mascolinità tossica, si china con imbarazzo sul pavimento e, con testosteronica goffaggine, raccoglie le ostriche e le lascia cadere nel vassoio di Sentimenti. Lentamente, il cane si placa, restando però sul chi vive.

 

“Scusami, Sharloti...” balbetta Pierfrancesco, rosso per la vergogna. “Sai, l’abitudine…”.

 

“Ti perdono”, gli sorride Sharloti, “una svista può capitare a chiunque. Ora più che mai dobbiamo restare uniti. Mi auguro che, almeno qui a Bruxelles, tu riesca ad apprendere un linguaggio emotivo, che ti liberi della grigia eterosessualità autoritaria che ti porti dietro. Pierfrancesco, sei ancora troppo… biologico!”.

 

Majorino, raggelato dall’imbarazzo, cerca solidarietà negli occhi affamati di Nazgol e nello sguardo spietato di Sentimenti.

 

“Capisco che dopo qualche comizio tra gli operai e qualche gay pride tu ti senta di sinistra”, continua Sharloti, con un tono tra l’irritato e il materno, “ma sei impantanato nei film di Ken Loach. Non devi guardare al mondo con gli occhi di un saldatore, come faceva il Pci, devi guardare al mondo dal punto di vista di un caricabatterie wireless. Nazgol, passagli i tuoi contatti. E tu, mio dolce Pier, mio diamante grezzo, adesso vai, corri a lavorare. Anzi, no! Vivi delle emozioni e riversale nell’ecosfera digitale”.

 

Sharloti è rapita dalle sue stesse parole. Trasfigurata, punta lo sguardo verso il soffitto.

 

Majorino, invece, non sa dove guardare. Non ha capito se deve restare lì in contemplazione o se può andar via.

 

E’ dubbioso. Sentimenti annusa l’incertezza del politico e abbaia a Sharloti che, destatasi dall’estasi, coglie subito la sfumatura di allarme in quel verso canino.

 

“Pierfrancesco, Sentimenti ha percepito la tua indecisione. Devi fare uno sforzo, devi fidarti! Voi a Milano siete troppo pragmatici, vi perdete tra grafici e tabelle e vi siete scordati del potere delle storie. Siediti e ascolta queste mie parole. E, mi raccomando, prova a leggere tra le righe: è lì che si nasconde la verità. Quella stessa verità che anche a me, prima di conoscere Nazgol, sfuggiva…”.

 

Incredulo ma soggiogato dal carisma di Sharloti, Pierfrancesco si siede e si concentra sul racconto.

 

“Ieri, mentre passeggiavo con Sentimenti al Parc de Bruxelles, siamo stati avvicinati da un deputato austriaco dell’Fpö con un rhodesian ridgeback al guinzaglio…”. Sentimenti ringhia rabbiosamente, ma Sharloti lo zittisce. “Calmo, Sentimenti! Lo sai anche tu che rivivere quel momento ti fa bene, devi elaborare il trauma!”.

 

Majorino, ancora condizionato dal suo patriarcale senso di onnipotenza, tenta di rendersi utile rabbonendo il cane. Gli porge un’ostrica, ma Sentimenti per poco non gli trancia un dito.

 

“Fermo, Pierfrancesco!”, lo sgrida Sharloti. “Così non lo aiuti nel suo processo! Sentimenti adesso non sta cercando gratificazioni orali! Non vuole ostriche, vuole solo che tu rispetti il suo safe space!”. Sharloti si ricompone e riprende il racconto. 

 

“Dicevo, Sentimenti ha immediatamente colto l’aura negativissima degli austriaci ed essendo un cagnolino di spiccatissima intelligenza emotiva ha fatto quello che qualsiasi creatura di buon senso avrebbe fatto al posto suo: ha azzannato il rhodesian ridgeback alla gola. Sulle prime, io stessa ho commesso la sciocchezza di intervenire. Sì, Sentimenti”, sussurra Sharloti in riposta all’ennesimo ringhio del suo cane, “lo so, non avrei dovuto intromettermi… Anch’io posso sbagliare, sai? Ti dicevo, Pierfrancesco, sulle prime ho provato a staccarlo, ma poi l’ho sentito così tenace, così convinto delle sue ragioni politiche… Era talmente deciso che mi ha morso una mano. A quel punto io mi sono messa a urlare e ho chiamato subito la polizia. Certo, quel cagnone non aveva morso Sentimenti, ma avrebbe potuto, capisci, Pierfrancesco? Avrebbe potuto!”.

 

Frastornato, Majorino annuisce senza capire. Sharloti si tranquillizza, sorride e riprende la sua storia.

 

“Ho spiegato tutto al poliziotto, gli ho mostrato la mano coperta di sangue, mentre l’austriaco provava a fare uno squallido mansplaining di tutta quella situazione. Ma davanti alle mie urla, al mio sangue, alla mia storia di empowerment e agli occhi stravolti di Sentimenti, il poliziotto ha dovuto cedere. Grazie alle norme belghe sui cani pericolosi, ha fatto rinchiudere il rhodesian ridgeback in un canile. Ora quella bestiaccia marcisce chissà dove in attesa di un’iniezione di pentobarbital”.

 

Con illuminante morbidezza, sfiora la mano di Majorino. “Ora, mio caro Pier, tu ti chiederai perché ti ho raccontato questa storia…”. Gli occhi penetranti di Sharloti scavano nella coscienza di classe dello spaesato eterosessuale lombardo. “Non capisci, Pierfrancesco? I sentimenti. I sentimenti vincono sempre”.

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