Il parco eolico di Los Santos, in Costa Rica (foto LaPresse)

La Costa Rica è il vero modello ecosostenibile da copiare

Costantino della Gherardesca

Singapore? Svezia? No, il paradiso dell’avanguardia ambientalista è nell'America centrale

Quando pensiamo ai paesi all’avanguardia nel campo dell’innovazione ecosostenibile, la nostra mente si concentra su oasi tecnologiche come Singapore o sui paradisi delle energie alternative come gli stati del nord Europa. E, invece, con mia grande sorpresa, sono venuto a sapere di una realtà che non ha nulla a che fare con quelle appena citate. Un luogo che fa pensare alle vacanze e al lusso di una giornata in spiaggia, piuttosto che al banco di prova per un ambientalismo avanzato: la Costa Rica.

 

Da quando, l’8 maggio del 2018, Carlos Alvarado Quesada è diventato presidente di questa piccola nazione tra Panama e Nicaragua, le politiche anti inquinamento (che in Costa Rica avevano già una tradizione decennale) sono sempre state al centro dell’azione di governo. Il progetto verde di Alvarado Quesada è molto impegnativo, ma lui sa di poter contare su una naturale “riserva” di energia idroelettrica e geotermica: nel corso del 2017, infatti, questa energia pulita ha permesso al paese di non ricorrere a fonti inquinanti per ben 300 giorni su 365. Un risultato già clamoroso, se non fosse che l’obiettivo ultimo è quello di arrivare a un sistema a emissioni zero entro il 2050.

 

In Costa Rica il più grande fattore di inquinamento (ben il 40 per cento sul totale) deriva dalla rete dei trasporti, ragion per cui Alvarado Quesada vuole introdurre mezzi ad alimentazione elettrica che, gradualmente, sostituiscano le vecchie macchine a benzina. Ma il primo passo riguarda il trasporto pubblico e, quindi, l’ampliamento della rete ferroviaria che dal 2022 dovrebbe collegare almeno 15 dei 31 quartieri dell’area metropolitana della capitale San José. Stando a quello che dice il ministro dell’Ambiente Carlos Manuel Rodríguez, entro il 2035 il 70 per cento degli autobus e il 25 delle automobili avranno motori elettrici. E, di pari passo, la Costa Rica procederà con una poderosa opera di rimboschimento. Se tra gli anni Sessanta e i Settanta il paese era afflitto da una deforestazione da record mondiale, da quel momento in poi il trend è stato invertito e oggi il governo punta ad assorbire quella residuale (ma inevitabile) percentuale di emissioni inquinanti proprio grazie al lavoro di “filtraggio e depurazione” che le piante operano regolarmente.

 

Come Alvarado Quesada ha spiegato a Dan Stewart di Time, che lo ha intervistato a Davos nel corso del Forum economico mondiale dello scorso febbraio, convincere i costaricani ad attenersi al suo piano non è semplice: “Innanzitutto, si deve ispirare la gente, la si deve convincere non solo a salvare il pianeta, ma – soprattutto – a salvare se stessa. Ed è nostro compito mostrare con esempi concreti che tutto questo è possibile”.

 

Alvarado Quesada non è un angelo visionario, ma un politico in carne e ossa, con le sue inevitabili zone d’ombra e un punto di vista molto lucido su quelli che sono gli attuali (e fragili) equilibri politici di buona parte del mondo. Ha una laurea in Scienze politiche conseguita in patria e un master in Sociologia dello sviluppo dell’Università del Sussex. Quando, all’indomani della sua vittoria, Jon Henley del Guardian gli ha chiesto di spiegare le ragioni di un risultato così netto (quasi il 61 per cento contro il 39 del suo avversario, il conservatore Fabricio Alvarado Muñoz), Alvarado Quesada non ha esitato a rispondere inquadrando il responso delle urne nel più ampio scenario dei movimenti fondamentalisti internazionali. A suo parere, la campagna elettorale di Alvarado Muñoz è stata completamente incentrata su tematiche sensazionalistiche e dal fiato corto, incentrate sul limitare per le donne l’accesso all’aborto e per gli studenti quello all’educazione sessuale, oltre al solito triste cocktail di politiche anti lgbtq: un accanimento che – pur contando sul volatile appoggio dell’opinione pubblica più oscurantista – non sortisce alcun effetto positivo sull’economia del paese. “Credo che la campagna elettorale del mio avversario” ha commentato, “sia il riflesso di quanto sta accadendo nella nostra area e nel resto del mondo.” Così come è accaduto con la Brexit in Gran Bretagna, ha continuato Alvarado Quesada, “la gente sta sperimentando questi movimenti che si fanno portavoce di un solo tema o di un’intera agenda populista”. Per fortuna (e, soprattutto, per la salute dei costaricani) il loro presidente non è uno che ama le soluzioni facili. Lo sa bene Jairo Quirós, ricercatore all’Università della Costa Rica, il quale ammette che il piano di Alvarado Quesada sulla totale eliminazione delle emissioni inquinanti sarà una bella sfida e che andrebbe preso con cautela perché “un po’ utopistico”. Tuttavia, conferma il ricercatore, “è di certo un passo nella giusta direzione e, in fin dei conti, l’ambizione è una buona cosa”.

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