Un'immagine della città del vino, il museo più grande del mondo dedicato a questo argomento (Foto LaPresse)

Quando il vino fa pil

Edoardo Narduzzi

Il vino e le modalità del suo consumo potrebbero aiutare non poco a migliorare le statistiche sull’economia

Donald Trump si è dato un obiettivo ambizioso: portare la crescita del pil americano al 4 per cento. E se l’economia americana stesse già da tempo crescendo più di quanto le statistiche non indichino? Il pil è una misurazione non sofisticata dello stato dell’economia. Prende in considerazione solo i prezzi di scambio non anche il vantaggio economico ricevuto gratuitamente o l’accumulazione della conoscenza prodotta o i trasferimenti di benessere a titolo gratuito. Con la sharing economy questi ultimi sono ormai molto normali tra le persone.

 

Il vino e le modalità del suo consumo potrebbero aiutare non poco a migliorare le statistiche sull’economia. Se, ad esempio, quattro o cinque persone durante un incontro si scambiano gratuitamente beni digitali, ricevendone ciascuno una utilità molto elevata, per le statistiche sul pil nulla si è prodotto. Il contributo alla ricchezza nazionale è pari a zero, pur essendo ciascuno dei cinque interessati più soddisfatto e probabilmente produttivo. Durante la riunione, per accompagnare lo scambio gratuito, le persone solitamente bevono e se bevono vino di alta qualità significa che attribuiscono allo scambio un notevole valore. Ecco perché tracciare sui social media le relazioni di scambio gratuite accompagnate dai consumi di vino può aiutare a capire il vero andamento dell’economia: un semplice algoritmo potrebbe determinare quanta ricchezza si è prodotta misurando la durata del meeting, la qualità e quantità del vino consumato e il numero di partecipanti.

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