Recensioni foglianti

La Turquie. L'invention d'une diplomatie émergente

Sabrina Sergi

Jana J. Jabbour
CNRS Editions, 346 pp., 25 euro

Il ruolo della Turchia nel medio oriente dopo l’ascesa dell’Akp ha diviso in due il mondo accademico. Da un lato, vi sono i sostenitori della teoria panislamista, dall’altro quelli dell’approccio neottomano. Jana Jabbour, docente di Scienze politiche a Sciences Po, Parigi, supera tale dicotomia e, attraverso il saggio La Turquie. L’invention d’une diplomatie émergente, propone una terza via. Secondo la studiosa libanese, l’atteggiamento proattivo della Turchia in medio oriente coincide con le azioni tipiche di una potenza media emergente. Non solo la Turchia di Recep Tayyip Erdogan ha avuto una rapida crescita economica, rientrando così nella definizione di paese emergente, ma essa ha anche intrapreso un percorso diplomatico attivo, e talvolta aggressivo, come se fosse alla ricerca di legittimazione internazionale da parte delle grandi potenze. Quindi, secondo la Jabbour, il nuovo approccio orientalista della Turchia ha come obiettivo finale la leadership in medio oriente, in modo da acquisire maggior peso nell’arena internazionale.
Questo significa che sia l’uso dell’identità islamica quale collante diplomatico, sia la rievocazione del glorioso passato imperiale non sarebbero che meri strumenti per esercitare l’egemonia sui paesi vicini. La studiosa libanese, infatti, sottolinea che la diplomazia di Erdogan sia ideologica nei discorsi ma pragmatica nella realtà. Ad esempio, molte uscite pubbliche sono cariche di riferimenti alla umma e al “comune destino” del popolo mediorientale, di antisionismo e di denunce contro l’ordine internazionale. Di fatto, però, non solo la Turchia ha assunto un ruolo di primo piano nella Nato dopo l’11 settembre, ma ha mantenuto gli accordi militari con Israele, con il quale i rapporti commerciali sono ottimi. Inoltre, sebbene i colloqui per l’ingresso nell’Ue siano in una fase di stallo, l’obiettivo di entrare in Europa rimane nell’agenda politica dell’Akp. D’altronde, il fine strumentale della politica mediorientale della Turchia è stato ben enunciato anche da Ahmet Davutoglu, nella sua opera Profondità Strategica: “Più forte tenderemo l’arco in medio oriente, più lontano atterreremo in Europa”.
Le conclusioni della Jabbour, però, indicano che lo sforzo turco di esercitare la propria leadership in medio oriente ha dei grossi limiti, legati a un’inflazione del suo status di potenza rispetto alle sue reali capacità e risorse (overachievement). Questo fatto è diventato evidente con il conflitto in Siria, quando il tentativo di mediazione di Erdogan con il presidente siriano Bashar el Assad è miseramente fallito, insieme a quello di farsi promotore della transizione politica. Dunque, per la Jabbour, il tentativo di emergere da parte della Turchia, alla prova dei fatti, dimostra tutta la sua inconsistenza.

 

LA TURQUIE. L'INVENTION D'UNE DIPLOMATIE EMERGENTE
Jana J. Jabbour
CNRS Editions, 346 pp., 25 euro

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