I bambini beneducati

Marina Valensise

Gaia de Beaumont
Marsilio, 156 pp., 16,50 euro

La nonna rispose con infinita dolcezza a una semplice domanda: “Mi piacerebbe rendere felice un uomo”, sussurrò senza nemmeno guardare negli occhi il suo vicino di tavolo che le aveva chiesto come immaginava il suo futuro. E quel vecchio signore ricchissimo e molto più anziano di lei, prima della frutta, le aveva già chiesto di sposarla. “Non era uno scherzo. Pare, fossero stati molto felici”. La mamma, invece, se l’era data a gambe levate davanti all’altare, rispondendo con un secco “no” al “vuoi tu prendere come legittimo sposo…”, per prendere la fuga a bordo della sua Topolino giardinetta verde. Una settimana dopo, però, aveva dovuto soccombere alle ragioni patrimoniali e famigliari, sacrificando l’unico vero amore della sua vita per farsi impalmare da quel conte francese molto dandy e cosmopolita, amante di artisti “farfallosi”, e però dotato di ingente fortuna e di pedigree che arrivava ai Capetingi. La figlia, nata all’inizio degli anni Cinquanta, è una bambina poco amata, anzi per niente amata da quella madre lunatica e stravagante, insofferente ai pargoli, che vive rintanata in una stanza piena di cianfrusaglie, fuma in continuazione, si scola due bottiglie di vodka al giorno, va dal parrucchiere ogni settimana finché un bel giorno non decide di pettinarsi con l’olio d’oliva. Quando si ritrova a tavola di fronte al marito aristocratico, l’unica cosa che le esce di bocca è un lamento feroce: “Diciamoci la verità, in questa casa manca un vero un uomo!”. E il marito, dopo un attimo di silenzio, le replica gentilmente con un mormorio: “Chiudi quella fogna di bocca… quando la apri escono solo un mucchio di porcherie”. In questo clima domestico da incubo, la piccoletta cresce nella mansarda del grande appartamento pieno di quadrerie e di opere d’arte, in un palazzo romano dalle facciate monumentali, con cortile a doppio portico e un giardino illusionistico, che riconosciamo facilmente in Palazzo Borghese. Figlia unica e ipersensibile, vive un’infanzia spartana, affidata alle cure di una tale Miss Blu, una sorta di Mary Poppins scozzese molto bigotta e puritana, sessuofoba in conseguenza di un trauma famigliare giovanile (il tentativo di incesto da parte del padre), refrattaria all’uso del bidet, ma portatrice di princìpi pedagogici chiari e semplici; “Con quel nome che porti non puoi, non devi, non credere…”: Da grande, l’ex bambina la ricorderà così: “Capelli biondi cotonati e pieni di lacca, calze velate color melone, twin set in cachemire di color ragionevole, e un impermeabile che avrebbe potuto indossare la figlia di Himmler, se solo avesse avuto una figlia”.

 

E basta questo solo dettaglio per farsi catturare dall’immaginazione delirante con cui Gaia de Beaumont colora il suo memoir, pieno di poesia e carico di livore. Frutto non voluto dell’unione improbabile tra un aristocratico gay e una brava ragazza obbediente, la bambina degli anni Cinquanta, diventata un’adolescente insicura, che la madre fanatica offrirà ai lettori di una rivista patinata come un trofeo floreale destinato al mercato matrimoniale dell’aristocrazia europea. Remissiva, la ragazza non fa altro che leggere, e lavora di immaginazione, sognando di passare la vita sdraiata a letto, o di diventare una santa oppure un cane, essendo un’animalista convinta. Da adulta, invece, finirà per vincere la nevrosi e superare l’insicurezza grazie alla sua implacabile capacità di osservazione, allo snobismo incorporato in silenzio, all’ironia pungente e soprattutto grazie all’arte del romanzo. La letteratura sarà infatti il suo strumento di riscatto, il campo privilegiato della rivincita e, forse, l’occasione per rigenerarsi.

 

I BAMBINI BENEDUCATI
Gaia de Beaumont
Marsilio, 156 pp., 16,50 euro

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