Ann Dowd (sinistra), Elisabeth Moss e Alexis Bledel (foto LaPresse)

Chi ha vinto i primi Emmy dell'era Trump

Redazione

Le ancelle di The Handmaid’s Tale e Nicole Kidman con Big Little Lies asfaltano Westworld e Sorrentino

È "The Handmaid's Tale" la migliore serie drammatica della tv americana, super-premiata nella 69esima edizione degli Emmy Awards. Ma sono stati la politica, il presidente Donald Trump e l'ex portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer (che è comparso a sorpresa sul palco e ha fatto la parodia di se stesso) i protagonisti della serata a Los Angeles.

 

 

Spicer è apparso proprio in apertura: “Questa sarà la serata con l'audience maggiore della storia. Punto. Tanto per le persone presenti come nel resto del mondo”, ha esordito, tra le risate del pubblico a cui non è sfuggito il riferimento alle sue parole nel giorno del giuramento di Trump, quando aveva detto che l'evento era stato quello con la maggiore audience della storia, nonostante le foto lo contraddicessero.     

  

 

Trump è stato l'inevitabile protagoniste della serata. Anche il comico Stephen Colbert, gran maestro di cerimonie, ha fatto numerose battute, fino ad addossare agli Emmy la responsabilità della sua elezione alla Casa Bianca perché - ha detto - se Trump avesse ottenuto un premio per Celebrity Apprentice (ebbe due volte la nomination) non avrebbe tentato l'avventura in politica. Ma “a differenza della presidenza, gli Emmy vanno al vincitore del voto popolare", ha continuato tra le risate del pubblico.

  

Saturday Night Live (SNL) ha raccolto i frutti della serie di parodie dedicate alla campagna elettorale e ai primi giorni del governo; e l'interpretazione di Trump da parte di Alec Baldwin è valsa al comico l'Emmy come migliore attore non protagonista in commedia. "Alla fine presidente, ecco qui il tuo Emmy", ha scherzato Baldwin ricevendo il premio sul palco.

  

 

The Handmaid's Tale, che eredita lo scettro di Game of Thrones, si è portato a casa cinque premi: migliore attrice drammatica (Elisabeth Moss), migliore attrice coprotagonista di una serie drammatica (Ann Dowd), migliore regista di una  serie drammatica (Reed Morano, seconda donna nella storia a vincere in questa categoria) e migliore sceneggiatura di una serie drammatica (Bruce Miller). L'opera, tratta da un romanzo della scrittrice canadese Margaret Atwood, immagina un mondo in cui gli Stati Uniti hanno subito un colpo di Stato e la democrazia è stata sostituita da una teocrazia autoritaria in cui le donne soffrono discriminazione e oppressione. Era fra i favoriti (13 nomination) e ha vinto sbaragliando la concorrenza di serie acclamate come House of Cards, Better Call Saul e Westworld.

          

   

La miniserie di HBO Big Little Lies è stata l'altra grande affermazione della serata, con cinque premi: migliore miniserie, migliore attrice protagonista (Nicole Kidman), migliore regista (Jean-Marc Vallee), migliore attrice coprotagonista (Laura Dern) e migliore attore coprotagonista (Alexander Skarsgaard). La storia, che si sviluppa in sette capitoli, è il dramma di cinque donne che vivono in una lussuosa località della costa californiana, Monterrey, i cui figli, tra i 6 e i 7 anni, vanno nella stessa classe della scuola, e le cui vite sono sconvolte da un assassinio non risolto.

  

  

Non ce l'ha fatta The Young Pope, la miniserie di Paolo Sorrentino interpretata da Jude Law, che aveva ottenuto due nomination, per il miglior design e per la migliore fotografia (Luca Bigazzi).

Di più su questi argomenti: