La sede della Bbc a Londra

Ecco il segreto del soft power della Bbc

Maurizio Crippa

Nell'azienda televisiva britannica non farebbero mai i poveraccisti sul contratto di Fabio Fazio (e nemmeno della Gabanelli)

Come si dica Fabio Fazio in inglese, non sapremmo. Però c’è Graham Norton, conduttore e comico, non gli assomiglia molto ma risulta essere il più pagato tra gli artisti al soldo della Bbc: 850 mila sterline, un milione e cento nel conio continentale. Nemmeno una follia, a pensarci. Come si dica Michele Anzaldi in inglese, loro non lo sanno, e beati loro. Senza la cagnara poveraccista e populista che si fa da noi, il governo di Theresa May ha deciso di chiedere al divin Broadcasting di rendere pubblici gli stipendi dei dipendenti e collaboratori sopra le 150 mila sterline. Le analogie tra noi e la Gran Bretagna, e tra la Rai e la Bbc, come sempre si fermano qui. In primo luogo perché in UK non c’è nessun Anzaldi cui venga in mente di presentare esposti alla magistratura contabile e all’Anticorruzione per sindacare sull’ingaggio di Graham Norton. E soprattutto non c’è nessun pm pronto a correre con solerzia a farsi consegnare i contratti, onde scartabellarli nella speranza di trovare un’ipotesi di reato. Però da noi c’è l’interpretazione estensiva della legge sul tetto dei 240 mila euro per i pubblici contrattualizzati, che a un certo punto qualcuno aveva deciso di applicare anche alle ballerine di fila degli show del sabato sera. E poi da noi c’è quel meraviglioso apparato di controllo sulla trasparenza degli incarichi (do you remember il caso Semprini?) che prima o poi farà dire a un volenteroso watchdog che invece di contrattualizzare Fazio bisognava verificare se, alla sede del Trentino, non vi fosse una figura professionale compatibile: insomma un succedaneo come per il caviale, televisivamente parlando.

 

E invece, la Bbc. Ieri ha reso pubblici gli stipendi sostanziosi. Ma soprattutto ha reso pubblico, attraverso il suo direttore generale e i maggiori vertici, che quegli stipendi vanno bene così. Hanno detto tranquilli che se 96 conduttori e giornalisti di punta beccano più di 150 mila sterline all’anno è perché se lo meritano. Che se ci sono disparità di trattamento e gente che guadagna molto di più, It’s the economy, stupid. Tony Hall, il direttore generale, ha spiegato che il talento remunerato “aiuta a fare della Bbc ciò che è”. C’è pure una differenza di stipendi tra uomini e donne, ma non hanno intenzione di introdurre le quote rosa. Ci penserà il mercato.

 

La retorica del paragone no-non-è-la-Bbc è così stantia che uno sbadiglio un giorno la seppellirà, forse. Ma soprattutto è proprio sbagliata nel bersaglio: stiamo sempre a filosofare sulla qualità, l’indipendenza, l’autorevolezza. Invece la vera questione è la differenza tra un’azienda che sa di essere pubblica e perciò si concepisce sul mercato. E una che pretende di stare sul mercato, ma proprio non ce la fa. Così, un anno fa, il fu direttore generale Antonio Campo Dall’Orto annunciò l’affissione al web, manco fossero le Tesi di Lutero, dei contratti più ricchi della ditta. Una gogna mediatica, più che un’informativa. Andava forte la “trasparenza”, allora. Poi l’hanno inchiodato, a quella decisione; poi s’è palesato lo “scandaloso” nuovo contratto di Fazio; poi hanno dimissionato CDO, anche sull’onda emotiva del contratto di Fazio. E’ arrivato Mario Orfeo, e la prima cosa che hanno fatto è firmare il contratto di Fazio. Dopodiché è arrivato Anzaldi, e via con il nuovo giro di giostra in attesa della magistratura ragionieristica.

 

A ben guardare, se volete, anche questa è una declinazione del soft power: la capacità di un paese di guadagnare credibilità, perfino attraverso la sua televisione pubblica. Comunque sia, viva Sir Fabio Fazio e il suo lussuoso e meritato contratto. E se proprio saltasse fuori, come a Londra, un problemino di disparità di emolumenti legato al genere, speriamo lo risolvano triplicando lo stipendio a Milena Gabanelli. Sempre che nel frattempo non si candidi coi poveraccisti. Ma in quel caso scappiamo in Gran Bretagna.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"