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La svolta elettrica di Volvo è veramente una rivoluzione?

Giovanni Battistuzzi

La casa svedese ha annunciato che entro il 2019 produrrà soltanto motori ibridi o full-electric. C'entra molto l'ossessione green (e un po' di ipocrisia)

Roma. Volvo saluta il passato e punta a trasformarsi in Tesla. “Ci stiamo impegnando per l’elettrificazione dell’auto. Per questo dal 2019 ogni vettura che lanceremo includerà un motore elettrico”. Con questo messaggio l’azienda produttrice di auto di alta fascia ha reso noto come il motore a combustione, almeno per loro, sarà il passato. Nei piani dell’azienda automobilistica svedese infatti la fase di passaggio è già iniziata: entro due anni verranno prodotti solo motori totalmente elettrici, ibridi plug-in (con propulsore a diesel o benzina integrato da uno elettrico ricaricabile anche attraverso la rete elettrica domestica) e mild-hybrid (propulsione prevalentemente elettrica affiancata a un motore a combustione per produrre elettricità). “Questo annuncio segna la fine dell’automobile a motore esclusivamente a combustione”, ha dichiarato Håkan Samuelsson, ceo del gruppo svedese di proprietà della holding cinese Geely Automobile.

 

L’obiettivo di Volvo è quello di raggiungere il milione di auto vendute nel 2025. Un programma ambizioso dato che al momento il mercato europeo dell’auto elettrica (sia totale che ibrida) è ancora piuttosto marginale, anche se in forte espansione. Secondo i dati Acea (European automobile manufactures association) sono state vendute in Europa poco più di 433 mila vetture con questo tipo di propulsione su di un totale di 14,6 milioni, ossia il 2,9 per cento. Un aumento rispetto al 2015 del 4,8 per cento per le full-electric e del 27,3 per cento per quelle ibride.

 

La svolta della Volvo si innesta in un fenomeno globale di trasformazione del comparto automobilistico, all’interno del quale il sorpasso di Tesla a General Motors come prima casa automobilistica americana per capitalizzazione a Wall Street, è forse la sfaccettatura più evidente. Secondo una recente ricerca di Morgan Stanley, la vendita di auto elettriche o ibride aumenterà progressivamente nei prossimi anni raggiungendo il 51 per cento del mercato entro il 2040 e il 69 per cento entro il 2050. A determinare questo aumento saranno sostanzialmente due fattori: il primo tecnico, ossia il miglioramento della tecnologia che farà in modo di avere motori a energia elettrica sempre più performanti, il secondo psicologico, le persone sono interessate a diminuire le emissioni inquinanti. Un cambiamento individuato anche da una ricerca del Cars, Center for Automotive Research, dell’Università di Stanford. Secondo i ricercatori americani negli ultimi dieci anni la percentuale di persone che considerano l’impatto ambientale di un automobile come fattore principale di scelta è passato dal 9,8 per cento al 22 per cento, mentre è salito dal 22 al 75,5 per cento, la fascia di persone che a parità di prezzo e caratteristiche del mezzo, scelgono quello che ha le emissioni minori.

 

E’ quella che il compianto campione di rally Colin McRae chiamò “l’inevitabile ossessione green”, ossia “l’estemporanea idea di non inquinare per muoversi”. In questa attenzione per le emissioni l’idea che le auto elettriche siano immuni dal contribuire all’inquinamento è estremamente diffuso. Secondo una ricerca dell’Università della North Carolina e ripresa da Nature, una larga maggioranza di cittadini statunitensi è propensa a pensare che le vetture spinte da un motore non a combustione non contribuiscano all’inquinamento atmosferico. E’ lo stesso studio che smonta questa convinzione dimostrando come l’equazione elettrico uguale ecologico non regga: secondo la ricerca infatti non solo le automobili ibride non sono esenti da emissioni nocive, ma anzi creano più problemi all’ambiente di quelle tradizionali. Quello che sembra un paradosso è facilmente spiegato dai ricercatori: sul sistema ibrido o full-electric pesa non tanto la quantità di emissioni del motore, inferiori a quello a diesel o a benzina, quanto la fonte utilizzata per produrre l’energia elettrica che alimenta le batterie, prevalentemente fossile. Inoltre, come riporta Bloomberg, l’utilizzo del litio, minerale fondamentale per la fabbricazione delle batterie, comporta un aumento dei gas serra tale da annullare qualsiasi beneficio ambientale in termini di minor quantità di emissioni.

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