Alberto 'Tito' Álvarez (foto via Facebook)

C'è un tassinaro spagnolo che ha un'arma perfetta per uccidere Uber

Eugenio Cau

"El taxi unido jamás será vencido!"

Roma. Più che tassista, Alberto “Tito” Álvarez potrebbe essere chiamato tassinaro. Non esiste l’equivalente in spagnolo o in catalano del termine romanesco, ma Álvarez, quarant’anni di Barcellona, condivide con i colleghi italiani certe caratteristiche ben note di veracità, spontaneità e in alcuni casi aggressività. Tracagnotto con ampio ventre alcolico, Álvarez condivide con i colleghi non solo italiani ma di tutta Europa un’altra caratteristica fondamentale: l’odio per Uber e tutte le app simili. Come capo di Élite, cooperativa di taxi di Barcellona, da anni partecipa a tutte le proteste sempre rumorose e a volte violente che paralizzano le grandi città europee. Era a Madrid il mese scorso, quando i tassisti hanno scioperato per un giorno intero al grido di “El taxi unido jamás será vencido!”. Era a Parigi un anno fa, quando i manifestanti misero a ferro e fuoco mezza città, dando alle fiamme alcune auto di Uber. Ma al contrario dei suoi colleghi, Álvarez ha delle serie possibilità di colpire Uber al cuore. Ieri politico.eu gli ha dedicato un ritratto chiedendosi: “Quest’uomo può uccidere Uber?”, e da tempo i giornali spagnoli parlano di lui come “l’uomo forte dei taxi”.

 

Álvarez e la sua cooperativa hanno denunciato Uber per concorrenza sleale – e fin qui niente di strano, praticamente tutte le associazioni di taxi del mondo l’hanno fatto. Il problema è che di grado di giudizio in grado di giudizio, dal tribunale di Barcellona ai tribunali spagnoli, Álvarez è riuscito a trascinare Uber davanti alla Corte di giustizia europea – e ha serie possibilità di vincere. Il punto su cui la Corte europea dovrà esprimersi (la sentenza arriverà entro la fine dell’anno) riguarda la natura di Uber: è di una compagnia di servizi, come sostiene la società americana, o di una compagnia di trasporti, come sostengono i tassinari? A maggio l’avvocato generale della Corte, Maciej Szpunar, ha espresso un parere in cui dà ragione a questi ultimi: Uber non è una piattaforma digitale. Per Uber, una decisione simile può rivelarsi esiziale, perché essere considerata compagnia di trasporti dalle autorità europee significa doversi sottoporre alle regole bizantine che determinano i mercati dei vari paesi, tra licenze, limitazioni, cavilli e altre follie burocratiche. Una decisione avversa potrebbe davvero uccidere, o quanto meno tramortire Uber, e potrebbe avere effetti anche su altri servizi della sharing economy come per esempio Airbnb.

 

Ma se Álvarez potrebbe passare alla storia per un’azione legale, in realtà la sua lunga carriera “in difesa dei diritti dei tassisti” a volte ha superato il limite della legalità. Come ha detto lui stesso alla Vanguardia, “abbiamo sempre detto di stare entro i limiti della legge, ma qualche volta abbiamo messo un piede dall’altra parte”. Ha iniziato attaccando con petardi e fumogeni gli hotel accusati di pretendere quote dai tassisti per le chiamate, ha occupato molte volte i palazzi del governo di Barcellona, e spesso organizza con i suoi colleghi cacce agli autisti pirata (quelli di Uber e di altri servizi simili). E’ accusato di far parte di un movimento facinoroso di ultras del Barcellona (lui nega) e la sua cooperativa, Élite, è considerata la più aggressiva del paese (nega anche questo). Intanto l’attivismo paga: da una società con pochi dipendenti, Élite oggi ha affiliazioni in tutta Europa.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.