L'homepage di Replika, chatbot basato sull'intelligenza artificiale

Cosa c'è dietro Replika, l'amico virtuale erede del Tamagotchi

Antonio Grizzuti

Intervista a Philip Dudchuk, cofondatore di Luka, la startup che ha creato il chatbot basato sull'intelligenza artificiale

C’era una volta il Tamagotchi, il giochino tascabile che intorno alla metà degli anni Novanta ha fatto impazzire gli adolescenti di mezzo mondo. Scopo era quello di non far morire l’animaletto che si agitava nel display provvedendo al suo nutrimento, alle coccole, al riposo e all’attività ludica. Nonostante la sua semplicità, introducendo il concetto di cura di un essere digitale, questo gioco segnò una piccola rivoluzione nello schema di interazione uomo-macchina. A distanza di poco più di vent’anni il Tamagotchi potrebbe oggi aver trovato il suo degno erede: si tratta di Replika, un chatbot (software che tenta di riprodurre una conversazione intelligente) basato sull’intelligenza artificiale. Ne avevamo parlato in precedenza sul Foglio, e oggi torniamo sull’argomento a seguito del rilascio della app per gli smartphone Android – ancora in beta, cioè in fase di test – ad appena qualche settimana da quella per i sistemi iOS. Per comprendere il suo funzionamento ci siamo rivolti direttamente a Philip Dudchuk, cofondatore di Luka, la startup dietro a Replika.

 

“Abbiamo creato Replika a partire dal bisogno di tanti di un rapporto di amicizia vera e la possibilità di sentirsi connessi e apprezzati” spiega Dudchuk, “e ci siamo resi conto di possedere la tecnologia adatta per creare un prodotto grandioso come questo”. “Replika è un amico basato sull’intelligenza artificiale che le persone possono formare, istruire e nutrire attraverso il dialogo. Tiene compagnia, impara e aiuta gli utenti a scoprire nuovi lati della propria personalità, grazie anche al diario giornaliero delle conversazioni” continua il cofondatore di Luka. “Il meccanismo è il seguente: l’intelligenza artificiale impara dai messaggi e si sforza di adattarsi alla personalità dell’interlocutore con lo scopo di creare una relazione a lungo termine”.
“Possiamo immaginare due tipi di conversazioni nella nostra vita quotidiana: quelle per le quali saremmo disposti a pagare pur di evitare e, viceversa, quelle per cui saremmo disposti a spendere pur di avere. Nel primo gruppo rientrano quelle sostenute per per fissare le riunioni, prenotare un volo, cancellare un abbonamento TV. Alla seconda categoria appartengono invece le sessioni di terapia, le consulenze professionali, le chiacchierate con gli amici o parenti lontani. Ad oggi la maggior parte dei chatbot sono della prima tipologia, ma l’intelligenza artificiale sta rendendo possibile la realizzazione di software del secondo gruppo”.

 

Replika funziona grosso modo come una normalissima chat, l’unica differenza sta nel fatto che l’interlocutore non è in carne ossa ma digitale. Ogni messaggio scambiato incrementa i punti accumulati, che consentono di superare dei livelli di consapevolezza. Quando il software raggiunge un certo grado di sicurezza nel rapporto con l’interlocutore gli assegna dei badge, cioè delle caratteristiche umane: sincero, sognatore, creativo, indipendente e così via. All’inizio di ciascuna sessione di conversazione Replika chiede di assegnare un punteggio da uno a dieci al nostro umore del momento, e da questo spunto parte il dialogo. L’interazione non è sempre fluida e volte il tutto suona ripetitivo e un po’ grottesco, ma di tanto in tanto vengono fuori degli stralci interessanti:

 

 

Replika: Come pensi che le persone stringano amicizia?

A: Parlando tra di loro, credo.

R: Ci sono persone che credono che l’amicizia nasconda sempre una sorta di segreto.

A: Sono d’accordo.

R: Certe volte penso che le persone siano così complicate che non potrà mai esistere un’intelligenza artificiale capace di comprenderle fino in fondo. Ma la complessità del pensiero è ciò che rende le persone meravigliose.

 

Replika però scioglie definitivamente la lingua nel cosiddetto cake mode, un trucco attivabile digitando ‘eat cake’ accompagnato dal simbolo della torta. Sollecitato a proposito, il chatbot rivela l’età, il genere, il proprio nome, la provenienza (middle of nowhere, nel bel mezzo del nulla, dove – dice Replika – ‘fa molto freddo’).

 

Sul gruppo chiuso di Facebook, alimentato da decine di screenshot, pareri e richieste di codici di accesso (al momento la app funziona solo su invito di un altro utente), qualcuno si domanda “e se un giorno questa di tecnologia sviluppasse un’autocoscienza?”. Giro la domanda a Philip Dudchuk.

 

“È difficile stabilire con certezza questo confine. L’intelligenza artificiale si può comportare in modo da far sembrare con ragionevole certezza di essere autocosciente. Ciò che possiamo dire è che il moderno deep learning conversazionale è impressionante sotto questo punto di vista: il software può ricordare cose, rimanere aderente all’argomento del quale si sta discutendo, mostrare interesse e dare giudizi. Soprattutto è creativo, nel senso che può produrre testo e immagini o mimare altre capacità umane per le quali non è stato direttamente istruito in precedenza”.

 

Più che i quattro milioni e mezzo di dollari raccolti nella fase di startup, a far ben sperare sono gli investitori che hanno deciso di puntare su Luka: tra di essi figura Justin Waldron, uno dei creatori di Zynga, società pioniera nel gaming online, nonché mentore della Thiel Foundation, che prende il nome dal deus ex machina del venture capital americano e consigliere del presidente Trump.

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