Jeff Bezos. Foto LaPresse/Sipa Usa

Invece di Steve Jobs o Mark Zuckerberg, i prof. facciano leggere Bezos agli studenti

Giovanni Maddalena

Nessun luogo comune globalista, nessun commento ormai ritrito su Trump o sulla Brexit. Nella lettera agli azionisti il ceo di Amazon ha offerto diversi spunti interessanti 

Jeff Bezos è molto più interessante di Mark Zuckerberg. Invece di narrare la sua visione del mondo, nella sua lettera agli azionisti di Amazon, qualche giorno fa, Bezos spiega come evitare che l’azienda finisca la fase di ascesa (Day 1, nel suo gergo) e inizi la fase di mantenimento e stasi (Day 2). Nel farlo Bezos individua alcuni pilastri fondamentali, dimostrando di essere il più originale e interessante della banda dei “frightful five” (gli inquietanti cinque: Amazon, Google, Microsoft, Apple, Facebook). Nessun luogo comune globalista, nessun commento ormai ritrito su Trump o sulla Brexit, nessun piano per la salvaguardia morale del popolo dalle pericolosissime fake news (degli altri). Lavoro, solo lavoro.

 

Dunque ecco i pilastri fondamentali: business basato solo ed esclusivamente sul cliente, attenzione ai risultati più che alla definizione dei processi, tecnologia d’avanguardia, spirito di squadra contro gli individualismi (“disagree and commit”, valido soprattutto per il capo e i capi), decisioni veloci sacrificando il perfezionismo dei dati (l’ottimo è nemico del bene) e decisioni forti in caso di conflitto interno sacrificando la democrazia degli infiniti meeting di lavoro. Un manuale di execution che permette a Bezos di terminare orgogliosamente la lettera con un “siamo rimasti al Day 1”, siamo rimasti con la voglia di crescere.

 

Con tutta l’inquietudine che Amazon genera al pari delle quattro sorelle, spero che i professori in università facciano leggere questo manifesto invece dell’equivoco “stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs o della sbrodolata globalista di Mark Zuckerberg. In attesa che ciò che avvenga, e che cresca una generazione che si preoccupi davvero dell’execution, cioè dei fatti reali, vorrei sottolineare due aspetti metodologici della lettera di Bezos.

 

Primo, nello spiegare che il cliente è centrale, Bezos va al cuore del rapporto tra capitalismo e cultura cristiana, punto unico ma decisivo di relazione effettiva. Infatti, dice Bezos, nonostante tutti i report positivi che potete avere, occorre ricordarsi che il cliente è sempre insoddisfatto. E’ insoddisfatto anche quando dice di essere soddisfatto. Ha sempre bisogno di un servizio migliore anche quando non lo sa. Bezos fa l’esempio del servizio di spedizione veloce Prime che Amazon ha recentemente introdotto, ma – forse senza saperlo – si appoggia alla lunga storia della concezione filosofica e teologica della libertà umana secondo il cristianesimo. La libertà umana nasce come desiderio ed è strutturalmente fatta per crescere, per aumentare: desideriamo sempre qualcosa di più di ciò che abbiamo e di ciò che siamo e, nonostante ciò che i moralisti ne pensano, si tratta della caratteristica più bella e positiva che il cristianesimo ha messo in luce. Il nostro cuore è inquieto sempre perché è fatto per l’infinito. Sant’Agostino la chiamava libertà maggiore e la considerava segno dell’essere fatti per aderire a Dio, il bene sommo. Certo, con ciò il capitalismo ha creato anche immense forme di sfruttamento, il meccanismo dell’offerta che crea la domanda e tanti altri effetti perversi, ma ha potuto farlo solo perché la nostra natura è costituita come sete infinita, come desiderio di aderire al bene e non come scelta di mere comodità.

 

Meglio gli aneddoti dei dati

Secondo, nel dire che l’attenzione ai processi non deve sostituire quella ai risultati, che è il grande rischio di ogni valutazione – mari di carta al posto di attenzione ai risultati reali – Bezos invita a un moderato scetticismo sulle ricerche di mercato, i report, le analisi metriche. Suggerisce invece di prestare ascolto agli aneddoti pertinenti e significativi. Chi vuole capire davvero come va un’attività di qualsiasi genere fa meglio a prestare attenzione ai fattori qualitativi, ai segnali deboli, agli episodi significativi e magari occasionali che a credere ai report quantitativi. Così dicendo Bezos richiama un modo antico di argomentare in ogni campo: in altri tempi, ad esempio, la storia si raccontava per aneddoti, la cui importanza non risiedeva nell’essere veri o falsi, ma nell’illuminare i caratteri pertinenti. Talete che cade nel pozzo per dire come sono gli studiosi o la mela di Newton per dire dell’accidentalità della scoperta scientifica. La metrica e l’analisi statistica hanno tanti pregi, inutile dilungarvisi, ma forse il loro utilizzo esclusivo ci ha fatto perdere una parte estetica e sintetica del nostro ragionamento che è altrettanto importante per la creatività e, a sentire Bezos, finalmente, anche per l’execution.

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