Mike Pence (foto LaPresse)

Ecco qual è il vero scandalo delle email di Mike Pence

Eugenio Cau

Aol, l'account usato dal vicepresidente americano, ha fatto la storia di internet ma oggi è un vecchio gigante poco sicuro e socialmente impresentabile

Nella piccola controversia che ha coinvolto il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence, accusato ieri da un’inchiesta dell’Indianapolis Star di aver usato un servizio di email privato parallelamente a quello ufficiale quando era governatore dell’Indiana, c’è solo un vero scandalo: Pence usava una mail di Aol.

  

Secondo l’Indianapolis Star, Pence usava una mail privata (cosa non illegale per lo stato dell’Indiana) esattamente come Hillary Clinton teneva in casa sua il server delle email quando era segretario di stato e si beccò dall’Fbi una reprimenda di “sbadataggine estrema” che perseguitò la sua campagna elettorale. Ma se Clinton fu sollevata da ogni accusa, le mail di Pence sono ancora più innocenti, in quanto l’allora governatore non maneggiava documenti riservati e strategici. Soprattutto, la magnitudo dei problemi, reali o meno, che oggi deve affrontare l’Amministrazione Trump fa sembrare le controversie sulle mail private e sui server insicuri come i relitti di un’èra in cui ancora avevamo il lusso di occuparci dei dettagli.

 

Così, mentre la polemica già si svapora, l’unica domanda che vale ancora la pena porsi è: chi diamine usa un account di Aol nel 2016? America on line ha fatto la storia di internet in America ma oggi è un vecchio gigante poco sicuro e socialmente impresentabile. Avere un’email di Aol, al giorno d’oggi, è come avere una mail di Virgilio in Italia: se la adocchi su un curriculum, sai già che il candidato non va assunto. Nella classifica della presentabilità, eccezion fatta per le mail aziendali, ormai resiste solo Gmail. Già Yahoo è borderline, visti anche i problemi enormi in cui versa la compagnia di Marissa Mayer, ma Aol, davvero, non si può vedere.

  

Oltre a essere una delle compagnie più hackerate di sempre (almeno tre attacchi giganti, l’ultimo nel 2014, con decine di milioni di utenti esposti: in questo Aol e Yahoo fanno a gara), Aol ha una storia societaria difficile (prima comprò Time Warner, poi fu costretto a uno spin-off quando le perdite si fecero troppo grandi) e una serie proprietà che poco si addicono al vicepresidente conservatore. Tra queste l’Huffington Post, faro della polemica liberal dei tempi che furono.

 

Ad aggravare la situazione di Pence c’è il fatto che nel giugno 2016 la sua mail fu hackerata (un tentativo banale di truffa per denaro), ma l’allora governatore non approfittò dell’occasione per sbarazzarsi del relitto impresentabile: si limitò a chiudere il suo account compromesso e ne riaprì un altro, sempre con Aol. Se di qualcosa si vuole accusare il vicepresidente americano, è di usare servizi internet obsoleti e fuori dal tempo – di essere un cinquantenne al computer, in pratica.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.