Buon compleanno Gif

Antonio Grizzuti

Le immagini animate compiono trent'anni. Ma rispetto alle origini il loro utilizzo è cambiato radicalmente, diventando espressione di una sottocultura

Piccole, decisamente sgranate e un po’ bruttine. Ma sempre più amate, specialmente negli ultimi tempi. Sono le Gif (acronimo che sta per graphics interchange format), le immagini animate che a giugno di quest’anno si accingono a spegnere le trenta candeline. Create nel 1987 da Compuserve per rimpiazzare il precedente formato di immagini RLE che lavorava solo in bianco e nero, hanno subito conquistato il web per la loro capacità di regalare un po’ di brio ai siti internet, che al tempo lasciavano un po’ a desiderare sul piano grafico. Tecnicamente una Gif è un’immagine bitmap, ovvero nient’altro che una griglia di pixel colorati adeguatamente rimpiccioliti fino a rappresentare un’immagine. L’opposto dell’immagine vettoriale, che anche ingrandita mantiene la risoluzione originaria senza produrre lo sgradevole effetto “pixelato”. La particolarità della Gif sta nel fatto che, anziché essere statica, contiene una breve sequenza animata ripetuta in loop.

Tuttavia, supporta solo 256 colori contro i sedici milioni del ben più noto formato JPEG, non è presente alcun audio, e non è consentito fermare l’animazione o metterla in pausa. Quando la banda larga era fantascienza – data la loro leggerezza – le Gif rappresentavano la soluzione ornamentale ideale. Internet veloce e formati video più performanti hanno segnato per questo formato un periodo di decadenza. Dopo una breve parentesi nei primi anni Duemila con MySpace, le Gif hanno conosciuto una vera e propria seconda giovinezza grazie a Tumblr e Reddit, che ne hanno introdotto l’utilizzo. Ma rispetto alle origini il loro utilizzo è cambiato radicalmente, diventando espressione di una vera e propria sottocultura più attenta alla comunicazione del messaggio, meglio se in forma immediata e ironica, che al fattore puramente estetico. Dal punto di vista stilistico la Gif è vicina all’emoticon e ancora di più al meme e in antitesi al mondo patinato di Instagram.

La Gif spesso ci strappa un sorriso, sdrammatizza, nella sua superficialità trasmette calore, è ontologicamente social. In altre parole incarna un nuovo modo meno pavoneggiante e più sarcastico di usare internet e le app di messaging. Dopo la fondazione del motore di ricerca Giphy, avvenuta nel 2012, anche le major della messaggistica si sono messe al passo: Facebook Messenger, Twitter e Telegram consentono la ricerca e la condivisione delle immagini animate, così come Whatsapp dove il supporto è però limitato ai dispositivi iOS e al client web. Solo nel 2015 su Twitter sono state condivise oltre cento milioni di Gif. Grazie ad una campagna pubblicitaria contenente una Gif, il colosso dell’informatica Dell ha visto aumentare del 109 per cento le proprie entrate per quel prodotto. Giusto un paio di dati per inquadrare la potenza, anche commerciale, di questo formato. Instradati come siamo verso la realtà virtuale rimaniamo ancora affezionati a queste immagini a metà strada tra il rustico e il naif. Ma forse è anche grazie questo attaccamento che, dopo tutto, ci conserviamo ancora umani.

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