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Tra autobus da prendere al volo e abolizione degli uffici singoli, a Cupertino maledicono Steve Jobs

Michele Masneri

Perché come degli insegnanti con la Buona Scuola, i dipendenti Apple non sono per niente contenti di venire deportati, anzi di rimanere deportati nella Valle

Mentre continuano frenetici i lavori per l’anellone, il palazzo anulare che conterrà i 40.000 dipendenti di Apple a Cupertino, i dipendenti medesimi non sono per niente contenti. Sarà pronto entro l’estate il colossale edificio progettato da Norman Foster, falansterio alla memoria di Steve Jobs, che qui, nelle collinette un po’ brianzole della sua infanzia, l’aveva voluto, chiamando l’archistar britannica con una telefonata che ha già fatto epoca (“ciao Norman, sono Steve. Considerami un tuo architetto, non un tuo cliente”).

 

Come degli insegnanti con la Buona Scuola, i dipendenti Apple non sono per niente contenti di venire deportati, anzi di rimanere deportati nella Valle. Tante aziende infatti da Silicon Valley se ne stanno tornando verso la città, verso San Francisco, per non costringere i dipendenti a passare la vita sull’autobus, sugli autobussoni che la mattina prendono i lavoratori in città e li portano giù nella Valle, e la sera fanno il tragitto inverso. Tanti prendono casa apposta nella Mission, ultimo quartiere a sud della città prima dell’autostrada, per risparmiare una buona mezz’ora e prendere l’autobus “al volo”, fantozzianamente; altri meno avveduti che stanno in altri quartieri possono starci anche due ore, la mattina, sul torpedone, e lo stesso al ritorno, perché le arterie che entrano ed escono dalla città sono intasate di traffico; e seppur con le app che segnalano quando è il momento di scendere di casa, senza il caffè-mentolato della signora Pina per risparmiare tempo, e però è una vitaccia. Aziende più umane come Google o Linkedin hanno capito l’antifona e pur mantenendo le sedi in Silicon Valley hanno messo gli uffici strategici in città; forse con astuta mossa padronale capendo che non conviene pagare centinaia di migliaia di dollari l’anno (quando non milioni) i migliori cervelli del pianeta per poi tenerli sul pulmino buona parte della giornata (seppur pulmino iper-cablato).

 

Ma c’è anche un altro motivo per cui i dipendenti Apple sono infuriati contro la Megaditta: con l’anellone verranno meno buona parte degli uffici singoli, e sarà il trionfo dell’open space; tutti i dirigenti – dice un ingegnere Apple al Foglio – perderanno infatti il diritto alla loro stanza (non si sa se abbiano anche piante di ficus), lusso che rimarrà in capo solo ai direttori galattici. Gli altri, negli enormi open space, dove si vede tutto e si sente tutto.

 

Qualcuno dunque maledirà Steve Jobs, di cui non pare ci sarà un busto nell’atrio, tipo mamma del conte Catellani. Jobs però qui fortissimamente ha voluto il suo monumento-campus: comprando di nascosto terreni sotto falso nome (per non far salire i prezzi), tra cui uno già di proprietà Hp, spianando tutto e ricostruendo il mammozzone anulare per 5 miliardi di dollari. Bisogna vedere un filmato d’epoca, il video a circuito chiuso del comune di Cupertino quando Jobs va a presentare il suo progetto, come un imprenditore con la sua fabbrichetta, e dice “potevamo andare da tante altre parti ma siamo venuti qua”. Si trova online con le insegne della tv del Cupertino City Council, e qui Jobs rivela di aver comprato nove diverse proprietà nel luogo più costoso della terra (valore, fino a 7,5 milioni di dollari a ettaro). “Siamo contenti perché abbiamo la terra” dice Jobs ai consiglieri comunali, aggiungendo “e dovreste esserlo anche voi, perché siamo i primi contribuenti del comune”, mentre ai suddetti consiglieri comunali deferenti brillano gli occhi per gli oneri di urbanizzazione tipo stadio della Roma).

 

Intanto ci si interroga su chi rimarrà nelle vecchie palazzine Apple di Cupertino (Cupertino è cittadina a monocommittenza, anche le palazzine a due piani che sembrano di abitazioni sono uffici della Mela). Ci andranno i dipendenti meno prestigiosi, forse quelli contestatari tipo ragionier Folagra; in una megalopoli ormai che si estende più verso San Jose che non verso la sovraffollata San Francisco.

 

Però l’anellone, per come lo racconta chi lo ha visitato negli ultimi giorni, è bello e impressionante. Colpiscono soprattutto certi dettagli: mentre gli operai ancora si aggirano, e gli interni sono tutti ancora da fare, la cucina (uno dei pallini di Jobs) è già perfettamente funzionante, e sforna già un ottimo risotto allo zafferano, vanto del celebre cuoco italiano (pur in una versione spuria con gamberi). Altra novità, l’auditorium interno, che mette fine dunque alla liturgia dei “keynote” e delle presentazioni dei prodotti come si vuole iconici al Moscone Center e allo Yerba Buena di San Francisco: adesso, a partire dal prossimo iPhone8, vista anche la tendenza stilistica del gruppo, con molti top manager di Apple in arrivo proprio dal mondo della moda, le sfilate si faranno tutte in casa (e i dipendenti avranno perso un’altra occasione per fuggire in città, e dovranno assistere tipo partita di biliardo, forse).

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