San Francisco (foto via Pixabay)

L'incredibile bolla immobiliare che ha colpito San Francisco è democratica e un po' romana

Michele Masneri

Può sembrare ridicolo (lo è) ma San Francisco a causa dell’ennesima rivoluzione industriale sta vivendo il più grande boom immobiliare della storia recente. Il problema è che c’è un eccesso di domanda e nessuna offerta

San Francisco. L’ultimo è stato un dipendente di Twitter, che ha consegnato al Guardian il suo grido disperato di inquilino tartassato. “Non sono diventato ingegnere elettronico per non riuscire ad arrivare alla fine del mese”, ha detto questo ingegnere elettronico anonimo, lamentando che con il suo stipendio di 160 mila dollari annui riesce a malapena a pagare le spese. In particolare, paga il bicamere in affitto a 3.000 dollari al mese in “un quartiere dei meno cari”. Non specifica quale, purtroppo, ma effettivamente gli si crede per tragica esperienza personale. I prezzi a San Francisco sono generalmente di 3 mila dollari al mese per un monolocale, 4 mila per un one-bedroom, 5 mila per un due camere. Chi guadagna meno di centomila (che qui è visto come un pezzente) può sempre ricorrere alle stanze in affitto in appartamenti condivisi, che generalmente padroni di casa spacciano per esperienza “sociale”, con richiami storici alla cultura della comune, e servono a pagare mostruosi mutui che hanno acceso per comprare palazzine sgarrupate a rischio incendio. Può sembrare ridicolo (lo è) ma San Francisco a causa dell’ennesima rivoluzione industriale sta vivendo il più grande boom immobiliare della storia recente; secondo l’Economist i prezzi sono cresciuti del 66 per cento negli ultimi cinque anni rispetto al 50 per cento di New York. La settimana scorsa è stato battuto anche uno storico record; San Francisco è la città americana con più cani che bambini (un bambino, bio o in provetta, è più costoso di una Tesla, a parte i metriquadri che occupa, l’asilo costa almeno trentamila dollari l’anno). C’è la migrazione da bambino, quando le coppie o i singoli procreano infatti scompaiono dalla città e vanno a stare fuori, e nessuno li vede più.

 
Il problema è che c’è un eccesso di domanda e nessuna offerta immobiliare. Il comune, da sempre a tendenza Raggi (non costruire mai, per nessun motivo, alcunché), ha una densità bassissima, 800 mila abitanti pari alla metà di Milano, 6.000 per chilometro quadrato, la metà di New York. Il risultato è una corsa famelica al real estate di questi nuovi tecnocrati con potere d’acquisto illimitato; uno dei pochi nuovi edifici, un orrido grattacielo già ribattezzato Sinking Tower perché causa falde e forse calcoli sbagliati sta sprofondando, ha visti venduti subito tutti gli appartamenti (nonostante stia appunto affondando). A Mountain View un camping ospita fior di dirigenti Google che non riescono a trovare casa (abitano in case mobili e roulotte, c’è pure una piscina); ma la stessa Google sta per lanciare un suo villaggio di prefabbricati per evitare la deriva camperistica. La crisi immobiliare siliconvallica è democratica, non risparmia nessuno. A Palo Alto, nel quartiere di miliardari di University Avenue, le casette sono talmente piccole che farebbero inorridire un qualsiasi cumenda brianzolo. Piscine di sei metri per tre, portici striminziti, nessuna grandeur, e anche le villozze di Edgewood Drive dove abita Mark Zuckerberg (comprate quattro anni fa per complessivi trenta milioni) inducono riflessioni sull’opportunità o meno di diventare miliardari: se poi ci si deve ridurre così.

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