Hollywood (foto Pixabay)

Star di Hollywood e celebrità hanno dato via cinema e bistrot, ora si investe in venture capital

Michele Masneri

Molte star del piccolo e grande schermo e della musica si sono convertite, alcune con successo

San Francisco. Sarà che Hollywood – nel senso di attori, registi, produttori, è finita, in favore di Silicon Valley, con Netflix che ormai vale, non solo come immaginario, più del leone rombante MGM. Sarà che le vere star californiane ormai sono gli startupper: Evan Spiegel, fondatore di Snapchat e prossimo uomo più ricco del mondo dopo il collocamento di Borsa, a ventisei anni è incoronato re della “Silicon Beach”, versione balneare della brianzola valle del Silicio. Spiegel, narra ormai la leggenda, aprì la sua startup perché i genitori upper-class non volevano comprargli la Bmw, e oggi frequenta modelle pur non accoppiandosi perché seguace di un nuovo culto virginale (dettando mode).

 

Così se all’industria del cinema non restano che i malinconici “La La Land”, i grandi gruppi boccheggiano, i ricavi dei cinema sono crollati al valore di dieci anni fa, Paramount vale 10 miliardi di dollari, esattamente il valore a cui fu comprata vent’anni fa. Insomma pare chiaro che tutti si buttano sulle start-up. Anche per cuccare. E la figura in assoluto più invidiata – l’equivalente del broker negli anni Ottanta – è il vc, il venture capitalist o capitalista di ventura, che già dà dei brividi erotici a partire dalla definizione. Così molte star del piccolo e grande schermo e della musica si sono convertite, alcune con successo: alcuni sono anche bravi, come Ashton Kutcher, già toy boy di Demi Moore e poi riciclatosi alla grande negli investimenti tecnologici in Square, Airbnb, Skype.

 

Poi è arrivato Robert Downey Jr, altra celebrità convertita che ha fondato la Downey Ventures per investimenti tecnologici. Ci sono quelli che buttano una fiche, senza molta convinzione, come Leonardo Di Caprio che ha investito quattro milioni di dollari in Mobli, un concorrente di Instagram che non ha avuto molto successo (vi hanno investito anche star dello sport, tra cui Serena Williams). Poi ci sono quelli bravi (o fortunati) come Ellen De Generes, la presentatrice-simbolo dell’èra Obama, che ha investito in Stamped, una start-up che registra preferenze di shopping e ristoranti, poi venduta con successo a Google (ci aveva creduto anche Justin Bieber). Anche i cantanti non si tirano naturalmente indietro: ultimo in ordine di tempo il rapper Jay-Z, che secondo fonti siliconvalliche starebbe per lanciare proprio in questi giorni il suo fondo di venture capital. Insomma la start-up per le celebrità è l’equivalente di quella che una volta era la catena di pizzerie o ristoranti. Pare un investimento facile e redditizio, e comunque fa fino, qui.

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