Carlo Tavecchio (foto LaPresse)

That Win the Best

Ve lo meritavate Carlo Tavecchio

Jack O'Malley

Ho seguito la conferenza stampa dell’ormai ex presidente della Figc. Un capolavoro degno del vostro cinema migliore. In effetti erano meglio gli gnomi della Christillin. E la serie A è quasi più divertente della premier

Londra. Ve lo meritate, Carlo Tavecchio. Anzi, ve lo sareste meritato. Ho seguito ieri quel capolavoro che è stata la conferenza stampa in cui l’ormai ex presidente della Figc ha annunciato le sue travagliate dimissioni. Un capolavoro degno del vostro cinema migliore, roba che Carlo Verdone avrebbe pagato oro per potere mettere in bocca a un suo personaggio certe frasi: tempi comici perfetti, sguardi da attore consumato, enfasi nei momenti giusti, battute piazzate là dove serviva, e un inoppugnabile sfilza di successi politici a livello internazionale. Mi sono appuntato chicche come “ho vissuto tre anni con i ragazzi, giocavo a boccette in Francia, piangono quando parlano di Carlo Tavecchio, chiedete a tutti chi parla di Carlo Tavecchio”. Come non dargli torto, in effetti, su tutti quelli che piangono? Riguardevole anche il momento in cui ha chiesto: “La Christillin è nel Consiglio Fifa grazie a i gnomi dietro le scrivanie italiche?”. Evidentemente no, ma in effetti erano meglio gli gnomi della Christillin. “Dobbiamo imparare a dire che chapeau da chi? Che? Da chi? Chapeau lo dico io!”, ha detto nel momento culminante della conferenza stampa.

 


 

 

Dorien Rose Duinker, fidanzata del calciatore musulmano dello Stoke City Ibrahim Afellay, è molto preoccupata dalle sorti del multiculturalismo in Gran Bretagna e dal dibattito sul burqa. Per distrarsi da tali impegnativi pensieri, ama fare stretching, ovviamente in modo discreto

 


  

Io prendo volentieri l’assist, e lasciandovi piangere per le vostre sorti dico chapeau a Ibrahimovic, tornato in campo con oltre un mese di anticipo dopo la rottura del crociato in semifinale di Europa League la scorsa stagione. E’ venuto da ridere anche a lui quando, a fine partita, l’intervistatore gli ha chiesto come è stato possibile, e lui ha risposto con umiltà: “Perché i leoni non recuperano come gli umani”. Ritrovati un po’ di infortunati, il Manchester United c’è, peccato si sia svegliato tardi, forse, e sia ormai lontanissimo dal Manchester City, che a meno di un suicidio si avvia a darmi dolori e regalarmi tristezze con la vittoria finale di Pep Guardiola, uno dei pochi catalani che avrebbero fatto bene ad arrestare davvero.

 

Domenica sera, al sesto bicchiere di brandy, ho confessato ai miei amici che la serie A quest’anno è leggermente più divertente della Premier League, almeno per le prime posizioni. Certo, 15 squadre meriterebbero di giocare nella Ligue 1, ma le prime quattro-cinque si lasciano apprezzare anche da uno schizzinoso come me. Certo, quando dico “divertente” penso alle gite allo zoo con i miei nipoti, quando guardiamo le scimmie e i porcellini d’India da dietro le gabbie. In qualità di osservatore della fauna calcistica della serie A, scopro con sorpresa che in Italia gioca il nuovo Maradona, ma nessuno se ne era mai accorto. Dopo un gol segnato con il mento in fuorigioco a una delle difese più imbarazzanti del campionato dopo quelle del Torino e del Benevento, tutti ci hanno spiegato che se Insigne avesse giocato contro la Svezia adesso Tavecchio sarebbe l’idolo delle folle, Ventura ancora più abbronzato, e il carrozzone dei giornalisti sportivi italiani starebbe già prenotando dei clamorosi puttan tour in Russia per la prossima estate. Così non è, e anche per questo saremo costretti a sorbirci un altro (più sobrio) tour, quello di Buffon negli stadi italiani, con applausi commossi da parte dei tifosi avversari, come Totti lo scorso anno. Aspetteremo parole di vita eterna ogni volta che aprirà bocca, vivendo però con una certezza: il suo addio in campo non sarà trash come quello del Pupone. Altro discorso per Valentino Rossi, il Totti del motociclismo: destinato a non vincere più un cazzo, minaccia di non lasciare le corse perché ha paura. Sarà una lenta agonia, sportiva e giornalistica, temo.