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Il Giro è un rebus: Pinot vince ad Asiago, ma domani chissà

Giovanni Battistuzzi

Nell'ultima tappa di montagna della centesima edizione Quintana (che mantiene la Maglia Rosa), il francese e Nibali provano a staccare Dumoulin, che perde però solo 15". Si decide tutto domani a cronometro

La strada che porta a Foza è un serpentone di afalto e tornanti che sale senza strappi e segna, una volta in cima, l'inizio da est dell'altopiano di Asiago. L'hanno costruita a gradoni, seguendo l'andamento della roccia, scavandola a volte, limandola quasi sempre. La strada che porta a Foza è l'ultima in salita del centesimo Giro d'Italia: ultima chiamata, resa dei conti. E' l'appello della corsa, penultimo grado di giudizio: la Cassazione sarà contro il tempo, cronometro verso Milano. La strada che porta a Foza tra boschi di abeti e faggi è il teatro di una corsa e rincorsa, di azioni e reazioni. Quella avanti di Ilnur Zakarin e Domenico Pozzovivo alla ricerca del podio: uno scatto e via, tentativo di fuga; quella nel mezzo di Nairo Quintana, Thibaut Pinot e Vincenzo Nibali alla ricerca della vittoria: scatti continui, ma con la testa alle gambe, la sfiducia l'uno nell'altro, il timore di scoppiare; quella da dietro di Tom Dumoulin e di quelli che rimanevano del gruppo dei bravi: sempre seduti sul sellino, sempre piegati sul manubrio, sempre alla rincorsa. E' il grande equilibrio dell'ultima settimana del Giro che diventa bilancia ed esasperazione, un ordito di fili vicinissimi, e una trama ingombrante, olandese.

 

La salita che porta a Foza è finita e cinque sono davanti: Quintana, Nibali, Pinot, Zakarin e Pozzovivo. Sono gli impauriti dl Bazooka olandese, gli scalatori che dovevano infiammare le gambe di tutti per trovare i secondi buoni per evitare patemi contro il tempo. Li rincorrono in sei e sono bestie da ritmo e da cadenza: Dumoulin, Jungels, Mollema, Yates, Hirt e Reichemabach. Sono quindici chilometri di cuore e polmoni a tutta, di pedivelle che vorticano e di ruote che scendono verso Asiago, di uomini che hanno fretta di arrivare, con un occhio al distacco e l'altro all'arrivo, perché gli abbuoni sono secondi da non buttare, perché dietro c'è un omone da tenere il più distante possibile, perché ormai è inutile pensare alle energie rimaste.

Asiago si palesa davanti ai cinque ed è liberazione e agonia, è la fine di alleanze precarie trovate chilometri facendo, è l'approssimarsi della fine: della tappa, del Giro, della sentenza finale, quella contro il tempo di Milano, quella che vede ancora Tom Dumoulin favorito.

 

Perché ad Asiago ha vinto Thibaut Pinot, davanti a Ilnur Zakarin e Vincenzo Nibali, ma era sprint tra cinque; perché era volata a quindici secondi soltanto davanti a colui che vola a cronometro e ne sarebbero serviti più di sessanta per stare un po' più sereni; perché dopo tremilacinquecento chilometri e dopo novanta ore di corsa ci sono sei uomini in un minuto e mezzo, quattro in un minuto, Dumoulin a cinquantatre secondi da Quintana, Pinot a quarantatre, Nibali a trentanove.

Ora è un'estrazione del Lotto, che si terrà a Milano. Ora conteranno le energie e le preghiere per averne più degli altri.

 


Giro d'Italia fisso - la rubrica di Maurizio Milani


 

Il Giro d'Italia sta finendo, domani si correrà l'ultima tappa, ma per me non è valido. Va rifatto tutto. Da lunedì quindi si rinizia e si parte da Benevento. Prima tappa: Benevento-Benevento. Poi due tappe per velocisti e la cronometro a Pisa.

 

Molte squadre ci stanno, ma non tutte. Per cui il Giro è ufficialmente nullo.

 

Anzi no, valido. Nibali ha impegni.